A Bologna, la storica cantina-enoteca Tumedei ha rilevato un bar di quartiere localizzato dall’altra parte della strada. Idea che sta generando effetti positivi su offerta e clientela.
Entra il vino nel bar tradizionale. Embè, dov'è la notizia? È vero, da anni assistiamo a cambi di insegne che si richiamano alla magica espressione wine bar. Ma di qui a saper gestire una calibrata offerta di vini ne passa. Anzi, il “giochino” del vino, per diventare business, richiede di soppesare sottili equilibri. Certo, non tutti sono nelle fortunate condizioni di Franco Tumedei: titolare a Bologna di una storica e avviata cantina-enoteca (senza mescita) con 2.000 referenze, ha avuto l'occasione di rilevare un normale bar di quartiere, dall'altra parte della strada… Per farne che? Uno direbbe subito: un wine bar! Per forza, con il suo know how…. «A parte che la parola non mi piace - racconta Tumedei - in realtà non ho fatto altro che mantenere il bar, cambiandogli indirizzo verso la qualità, e ovviamente dando un giusto spazio al vino, che rimane il mio mondo». Giusto spazio, non grande spazio: nella parete di fronte all'ingresso, dove una volta c'erano macchinette da gioco, ora campeggiano due ampi scaffali di bottiglie. Ma non vogliono soverchiare l'immagine complessiva del bar, che si presenta moderno e gradevole, non eccessivo, con un bancone classico con caffetteria, tavolini, gazebo esterno. In altre parole, il focus sul vino non deve “spaventare” il cliente di passaggio o di quartiere.
Il vino, pur se costituisce uno sbocco sinergico con l'attività dell'enoteca e può avvicinare un'altra fetta di clientela, incide ancora solo per il 20% del fatturato totale dell'esercizio (che, per inciso, è stato mantenuto con la stessa ragione sociale dell'Enoteca Tumedei, figurando regolarmente come un secondo “magazzino' dell'enoteca). E a maggior ragione, per il barista che non è specialista del vino il discorso potrebbe farsi difficile. Volutamente, l'orario del Bar Tumedei esclude l'apertura serale: si va dalle 6 alle 20.30 (il venerdì alle 21.30). La fascia di bottiglie ideali per il bar va dai 7 ai 25 euro. I prezzi da asporto sono identici qui e nell'enoteca principale di fronte. Un cliente, quindi, può scegliersi una bottiglia sia nell'uno che nell'altro posto: se la consuma al tavolo (dopo aver attraversato la strada…) c'è un sovraccarico di 5 euro. Protagonista è ovviamente la lavagna dei vini al calice, per accompagnare pause pranzo e per gli aperitivi, con prezzi da 2 euro (per vini imbottigliati dallo stesso Tumedei con etichetta propria) fino a 4-5: la mescita vale il 50% del fatturato vino del bar. Un altro punto rilevante è la possibilità di organizzare nel locale degustazioni, piccoli banchi d'assaggio ed eventi con associazioni locali, grazie ai contatti derivanti dall'attività primaria di Tumedei. Queste iniziative devono avere temi non banali ma non troppo specialistici, e avere costo contenuto. Con qualche eccezione più ricercata (come ad esempio quella recente dedicata ad alcuni vini di Giacomo Tachis a 65 euro). Tenute di sera a locale chiuso, consentono al titolare e ai dipendenti di 'studiare' la materia e di meglio confrontarsi con i clienti, cosa che logisticamente era impossibile nella vecchia enoteca. Interessante anche lo scambio fra tipi differenti di clientela: quella tradizionale maschile dell'enoteca scopre il bar, quella più giovane (e femminile) del bar scopre l'enoteca. Un'enfasi non trascurabile è stata posta su liquori e bere miscelato: «Mi piacerebbe avvicinare i due mondi - conclude Tumedei - ma ho notato che è difficile. Intanto i nostri 3 dipendenti sono diplomati Ais e Aibes».