Come dare una scossa alla tradizionalista città estense. Cocktail bar con cucina, Apelle c’è riuscito giocando la carta dell’originalità a tutti i costi, dai mix ai piatti.
Evadere dalla tradizione per proporre qualcosa se non di nuovo, almeno di diverso, non è mai un’operazione facile. Ci vogliono una buona dose di coraggio, idee a prova di bomba e, ovviamente, tante risorse. E anche così può non bastare. Non è il caso di Apelle, cocktail bar e bistrot di alta cucina, inaugurato nella primavera 2015 a Ferrara, città d’arte, patrimonio dell’umanità e roccaforte di una tradizione gastronomica e del bere ultrasecolare e quasi immutabile. Diciamo quasi, perché Apelle, creato da Matteo Musacci e Claudio Bellinello, già soci in diCibo, locale polifuzionale posizionato come Apelle nel centro storico della città estense, è riuscito a rompere il fronte della tradizione.
Dunque, per essere subito chiari, niente aperitivi a buffet, niente Spritz, niente Moijto, niente cappellacci di zucca, niente salama da sugo eccetera. Insomma, bando a tutte le specialità, alle consuetudini, ai riti, tipici o meno, che si possono trovare nel 99% dei locali cittadini.
«Studiavo per diventare musicista e lo sono diventato - esordisce Matteo Musacci - ma alla fine ho deciso di rientrare a Ferrara e di cambiare vita, iniziando prima a lavorare con mio padre, titolare di un’azienda di pasticceria e panificazione di Ferrara (la Bottega del Pane, ndr), dove attualmente rivesto il ruolo di responsabile amministrativo, e, quindi, dal 2010 con il mio socio storico, Claudio Bellinello. Con Claudio, esperto sommelier e ristoratore, abbiamo intrapreso come gestori un paio di iniziative nel campo della somministrazione per poi partire nel 2015 con Apelle. L’idea, sin dall’inizio, è stata quella di fare qualcosa di diverso e di evadere dal perimetro della ristorazione ortodossa. Ad esempio siamo stati primi a Ferrara ad aprile un locale con una carta dei cocktail di spessore e a proporre una miscelazione personalizzata». E, davvero, la carta dei signature cocktail di Apelle è una gioia per gli occhi (e per il palato soprattutto). È divisa in due: nella prima pagina ci sono gli Apelle’s Classics, quelli più apprezzati dalla clientela e che non escono mai di scena; nella seconda i “temporary”, quelli che forse, un giorno, entreranno nella lista dei classici (ovviamente, oltre ai signature cocktail il cliente può ordinare un cocktail del ricettario Iba, vini, distillati eccetera). Ogni 60 giorni le proposte della seconda pagina vengono sostituite da nuove. Come dicevamo, una gioia. Perché non si tratta di cocktail banali, ma ben costruiti e frutto di uno studio e di una ricerca di prodotti di qualità e, quando possibile, homemade. Il merito, in questo caso va all’head bartender di Apelle, Robert Paul Farcas che vanta esperienze in importanti hotel quali il The Westin Europa & Regina a Venezia, il The Billesley Manor a Londra, l’Alpina Dolomites ad Alpe di Siusi e al Gardena di Ortisei. Qualche esempio? “La Isla Bonita”, a base di shrub di lamponi e limone homemade, Grey Goose, Cointreau e succo di limone, mix molto apprezzato dal pubblico femminile, o “Un mare di gin”, con Gin Mare, Bénédectine, succo di lime, miele all’eucalipto, cardamomo, acqua salata. Il bottigliere di Apelle è frutto di una selezione non comune: dal Farmily, il botanical spirit inventato dalla premiata ditta Flavio Angiolillo e Marco Russo, a diverse specialità di vermouth fino ai bitter homemade.
No buffet, sì alta cucina
Come dicevamo, il classico e inflazionato buffet è bandito e come “contorno” la ditta propone, oltre a olive o taraillini, piattini gastronomici curati dalla chef Martina Mosco. Non piattini qualsiasi: «In pratica si tratta di “mezze porzioni” dei piatti di portata che fanno parte della nostra proposta gastronomica. Anche in questo caso siamo andati oltre l’ordinario e il tipico menu ferrarese, andando a proporre una cucina creativa frutto dell’estro della nostra chef». E, difatti, in menu troviamo proposte molto ricercate: dai ravioli di castagne, ragù di piccione e chips di sedano rapa all’hamburger di struzzo, cheddar e chutney all’uva. Particolare all’Apelle anche l’ambiente con arredi e complementi di matrice post industriale che rimandano a certi locali londinesi di tendenza come il Dabbous o, per restare in Italia, al Rebelot di Milano o al Propaganda Caffè di Roma. L’area bar con il lungo bancone, dove possono sostare seduti su sgabelli fino a 11 persone, rappresenta l’epicentro del locale. Qui i clienti possono vedere l’ottimo Farcas all’opera e fare domande su ingredienti e preparazioni. In una saletta laterale, si trova lo spazio ristorante in grado di ospitare una ventina di coperti (disponibili solo su prenotazione). A circa due anni dall’apertura il bilancio è positivo. «Oltre ad avere conquistato una bella fetta di pubblico ferrarese - conclude Musacci - abbiamo clienti che vengono da Rovigo, Bologna e Parma. Inoltre, crediamo di essere riusciti a dare una scossa alla città, tanto che sono nati altri locali che hanno sposato la nostra filosofia del bere di qualità».