Baristi esperti cercasi disperatamente

apre

 

“AAA baristi qualificati cercansi” è una richiesta che comincia a farsi sentire in Italia ed è molto frequente all’estero. Si cercano operatori che conoscano a fondo il loro lavoro e il prodotto che trattano, letteralmente dalla piantagione alla tazza, che ne sappiano trasferire le caratteristiche al cliente e siano in grado di realizzare altre preparazioni oltre all’espresso. «Ricevo numerose richieste soprattutto da oltre frontiera - dice Dario Ciarlantini, coordinatore dei soci italiani di Scae, Specialty coffee association of Europe - le ultime sono arrivate da Polonia, Tunisia, Corea, Arabia Saudita. E visto che la tradizione dell’espresso ha preso il via nel nostro Paese, si vorrebbe un italiano, purché sappia parlare bene l’inglese e abbia una buona formazione di base. Opero nel circuito Scae, quindi vedo privilegiato chi ha seguito i nostri corsi e ottenuto le certificazioni: all’estero la professionalità conta molto».

Approfondire le competenze
Il primo consiglio per chi vuole “aprire i propri orizzonti” è dunque quello di acquisire un “taglio” internazionale, che solo un’esperienza all’estero sa dare. Noi italiani - osservano molti interlocutori - siamo convinti di possedere una conoscenza innata del caffè, ma solo dopo pochi giorni di lavoro in una caffetteria a Londra (tappa d’obbligo per chi vuole entrare nel settore) ci accorgiamo di non possedere alcuna conocenza approfondita. Da ciò, in molti scatta il desiderio di saperne di più: si cominciano a frequentare corsi e superare esami, scoprendo un mondo di origini, gusti, aromi, lavorazioni, metodi di estrazione un tempo impensati. «Uno sbocco interessante per chi ha fatto un salto di qualità è dedicarsi alla formazione - afferma Andrej Godina, responsabile coffee education Scae Italia -: le richieste sono numerose e ci sono delle zone, come il Sud Italia, che sono ancora scoperte. Sarebbe interessante, inoltre, stabilire un rapporto di collaborazione con le scuole alberghiere: se ognuna avesse un formatore per la coffee education, il settore potrebbe fare grandi passi avanti». Un’esperienza formativa all’estero è considerata fondamentale anche da Davide Cobelli, Ast (Authorized Scae Trainer), che dice: «Nel mercato mediorientale il made in Italy è fashion e un bravo barista italiano dà più valore al locale. Ma bisogna essere davvero preparati e conoscere alla perfezione il prodotto caffè e la sua preparazione. Non si può non avere confidenza ad esempio con i grinder on demand, che macinano al momento ed erogano la giusta dose nel filtro, con la pressatura manuale, il purge, la latte art, fino ad arrivare alla manutenzione quotidiana della macchina espresso». Per chi ha già vissuto un’esperienza internazionale e ha una conoscenza di base completa c’è poi l’opportunità di lavorare nei Paesi del Nord Europa, dove la professionalità del barista è riconosciuta e ben retribuita, ma che soprattutto può dare molte soddisfazioni, perché oltre frontiera il barista è un professionista seguito e rispettato. «Chi è pronto per un’esperienza oltre frontiera - suggerisce Ciarlantini - può inserire i propri dati nel database Scae scrivendo a info@scaeitalia.com». Le cose stanno cambiando, con ritmi molto lenti, anche nel nostro Paese, osserva Luigi Odello, presidente Iiac (Istituto internazionale assaggiatori caffè - www.assaggiatoricaffe.org): «Se il 25% dei nostri connazionali è disposto a pagare il caffè più caro a patto che sia di qualità migliore, una speranza c’è. La ricerca condotta da Apertamente e presentata al nostro Forum Scientifico sul Caffè dice che la massa dei consumatori continua a essere distratta, ma una certa parte non si vuole accontentare. E il fatto che ogni anno centinaia di baristi frequentino la formazione del nostro Istituto e di Inei (Istituto nazionale espresso italiano) è un ulteriore punto di forza al mio ottimismo, perché fa emergere la necessità di un professionista dall’altra parte del bancone».

Formazione continua
La formazione è una grande lacuna per gli operatori italiani, che arrivano al banco bar con le 60-100 ore di frequenza dei corsi Sab (Somministrazione Alimenti e Bevande) con solo un’infarinatura sulle merceologie che andranno a trattare. «Molti baristi frequentano un corso (spesso offerto dalla torrefazione, ndr), appendono l’attestato al chiodo e si sentono a posto per la vita - osserva Paolo Scimone, consulente e formatore Iiac -. Ma solo a pochi mesi di distanza, ricordano molto poco. Inoltre il mondo del caffè è in rapida evoluzione: è necessaria una formazione continua. Io consiglio almeno un ripasso biennale, ma sarebbe meglio farlo ogni anno: lavorando, piano piano si dimenticano passaggi molto importanti, come la pulizia del filtro o l’importanza di far flussare l’acqua prima di ogni erogazione. Ma in tal modo la professionalità e la qualità dell’espresso vengono meno». Posizioni interessanti e ben remunerate si aprono lentamente nel nostro Paese, dove sono in apertura coffee shop che cercano personale con una cultura del caffè internazionale. I ritmi frenetici dei nostri locali, inoltre, richiedono responsabili in grado di organizzare la squadra al banco e alla macchina affinché lavori con scioltezza, unendo rapidità e qualità. Chi sa offrire queste competenze, vede riconosciuta la propria professionalità. A conti fatti, è davvero il momento di crescere: a chi si impegna, il mondo del caffè può offrire grandi opportunità.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome