Due anni di Drink Team: oltre 200 ricette per voi

In cerca di nuove ispirazioni? Abbiamo radunato per voi le 218 ricette preparate dai membri dei Drink Team 2018 e 2019 pubblicate su Bargiornale.
Sono il frutto di due anni di sperimentazioni su due grandi temi: i grandi pionieri della miscelazione (il Drink Team 2018) e i drink più venduti nei bar di tutto il mondo (li abbiamo chiamati Top of the Pops). Sono raccolti in un pdf che potete scaricare gratuitamente (previa registrazione). Se 218 ricette non vi bastano, o se volete vederle anche in foto, scaricate gratuitamente l’App Bargiornale Cocktail Pro. Oltre a questi cocktail, ne troverete altri 2.500. A.M.

Drink Team

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Audrey Saunders e i suoi Modern Classic cocktails

  • GIN-GIN MULE

    Ingredienti
    ¾ di oz (22,5 ml) di succo di lime fresco,
    1 oncia (30 ml) di simple syrup, rapporto zucchero/acqua 1:1
    (non utilizzare gomma arabica!),
    2 rametti di menta (1 da pressare e 1 per guarnire),
    1 oz (30 ml) di ginger beer artigianale (vedere la ricetta sopra),
    1 oz e ¾ (52,5 ml) di un gin classico come Tanqueray

    Preparazione
    Versare in un mixer il succo di lime,
    lo sciroppo semplice e la menta.
    Pestare bene.
    Aggiungere gin, ginger beer e ghiaccio.
    Shakerare bene e filtrare
    in un bicchiere highball da 10 oz.
    Guarnire con rametto di menta,
    fettina di lime e zenzero candito.
    Servire con eco-cannucce lunghe.

    “Il segreto sta nella ginger beer artigianale,
    perché quella comprata in negozio
    ha un profilo più pungente
    e in alcuni casi più stucchevole e insipido.
    Ma se non avete alternative
    alla ginger beer in commercio,
    allora occorre ridurre lo sciroppo semplice
    nel drink fino a ½ oncia”.

Audrey Saunders è una vera star del bartending internazionale. Titolare del Pegu Club di New York, ha iniziato la sua carriera al fianco di Dale DeGroff, il re dei cocktail di New York, con il quale ha lavorato sia per il Rainbow Room, sia per il Black Bird. Innumerevoli le sue apparizioni nei giornali e in tv. L’abbiamo incontrata per farci svelare i segreti di due modern classic cocktails che portano la sua firma: il Gin-Gin Mule e l’Old Cuban. Quella che segue è la nostra intervista esclusiva. S.E.

English version
  • OLD CUBAN

    Ingredienti
    1 e ¾ oz di Bacardì 8 Rum,
    ¾ oz succo di lime,
    1 oz di sciroppo semplice (1-1 zucchero/acqua),
    1-2 spruzzi di Angostura Bitters,
    6 foglie di menta,
    2 oz Champagne.

    Non usare il Prosecco nell’Old Cuban
    perché è troppo floreale
    e prevale sugli altri sapori.

    Preparazione
    Pressare gli ingredienti,
    shakerare e filtrare
    in un’ampia coppa Marie Antoinette.
    Completare con Champagne
    e guarnire con rametto di menta
    e fetta di lime.

  • “Altro…”

    Quando ti sei resa conto che i tuoi cocktail erano dei classici?

    Sinceramente non saprei dirlo. A un certo punto, dopo che il revival dei cocktail ha preso piede negli Stati Uniti, alcune pubblicazioni hanno cominciato a parlare di “Modern Classics” e ho visto i miei cocktail su quelle liste.

    Qual è il modo migliore per servire i tuoi cocktail?

    Il Gin-Gin Mule va servito in un highball, mentre l’Old Cuban in un grande coppa da champagne o in una coppa per Martini.

    C’è qualche curiosità che la gente non sa dei tuoi drink?

    No. Cerco sempre di fornire quante più informazioni possibili sui miei drink ogni volta che qualcuno me le chiede. Voglio che le persone assaporino il sapore dei miei drink esattamente come faccio io quando li preparo, e fornire quante più informazioni possibili è l’unico modo per raggiungere questo obiettivo.

    Che consiglio daresti a un bartender che vuole reinterpretare le tue ricette?

    Che sia il mio drink o un altro classico, LESS IS MORE. Molti dei drink che assaggio attualmente sono pesanti, troppo elaborati e affaticano il palato. Ai miei bartender ogni volta che creano un drink domando sempre se è DELIZIOSO. L’aspetto più importante di un drink è che sia delizioso. È così delizioso da invogliare l’ospite a ordinarne con piacere un altro? Questo è il mio test. La maggior parte dei drink oggi ha un numero eccessivo di ingredienti, e per questo motivo mancano di raffinatezza e di una “nota di grazia”. Evitate di preparare un drink con assenzio + 3 diversi amari + distillati invecchiati in botte + finish affumicato! Io non lo ordinerei perché già gli ingredienti da soli sono pesanti, eccessivi ed esagerati. Quando il drink è finito, dovreste rivedere gli ingredienti e chiedervi se effettivamente è necessario metterli tutti. Fate una selezione e cercate di eliminarne almeno uno o due. Un altro punto da considerare quando si reinterpreta una ricetta è quello di cambiare il nome. Ve ne prego. Sia che si tratti di una mia ricetta sia di qualcun altro. Se si reinterpreta un drink e si cambiano gli ingredienti, non è più la bevanda originale e il nome andrebbe cambiato in qualcosa di completamente diverso. È giusto ricordare che il drink è stato ispirato da XYZ e riconoscere il suo merito, ma non usate lo stesso nome, perché semplicemente non lo è.

    Come è nato il Gin-Gin Mule e qual è la ricetta?

    Ho creato il Gin-Gin Mule nel 2000, al Beacon Restaurant. Era una miscela di Mojito e Moscow Mule. I Mojito erano una novità a NY nel 1999, quando Dale DeGroff mi ha insegnato a farli al Blackbird (dove ho lavorato con lui). Dopo la chiusura del Blackbird, nel 2000 mi sono trasferito al Beacon Restaurant (anch’esso di proprietà della stessa società titolare del Blackbird), dove sono diventata Head Bartender. Dopo che Dale me lo ha insegnato il Mojito, è diventato uno dei miei drink preferiti. Era la prima volta che sperimentavo un’erba in un drink e mi sono innamorata del sapore fresco della menta. Avevo appena iniziato a immergermi nello studio del gin proprio in quel periodo. Così ho deciso di sostituire il rum con il gin. Secondo me era buono, ma volevo aggiungere un ingrediente per esaltare il gin. Al ristorante Beacon, avevo accesso completo a tutti gli ingredienti. Sempre al Beacon ho creato la ricetta di entrambe le ginger beer artigianali (insieme a uno dei cuochi). Al Beacon ho creato anche il Jamaican Firefly (Dark & Stormy con succo di lime) che era già nel menù del locale. Quindi, all’epoca, dietro il bancone avevo già la ginger beer. Ho dato un’occhiata a tutti gli ingredienti che avevo dietro il banco e ho pensato che il piccante della ginger beer sarebbe stato un ottimo complemento per il gin. Ne ho preparato una con il gin e poi l’ho provata. Mi è piaciuta un sacco. Ho messo a punto le proporzioni di tutti gli ingredienti fino ad arrivare alla seguente ricetta.

    La Ginger Beer di Audrey Saunders – 1 gallone (3,78 l)

    1 libbra (450 grammi) di radice di zenzero, tritata finemente

    1 gallone (3,75 litri) di acqua filtrata

    4 once (120 ml) di zucchero di canna chiaro

    2 once (60 ml) di succo di lime fresco

    Aggiungere acqua in una pentola e portare a bollore. Sminuzzare la radice di zenzero in pezzi più piccoli e metterla in un robot da cucina. Aggiungere una tazza di acqua bollente per semplificare la lavorazione. Lavorare fino a creare quasi un impasto. Dopo aver tritato lo zenzero, rimetterlo nell’acqua bollente. Spegnere la fiamma. Mescolare bene e coprire per 1 ora. Filtrare il composto attraverso un colino a maglie fitte o una garza, e aggiungere succo di lime e zucchero di canna chiaro. Far raffreddare. Trasferire in bottiglie e conservare in frigorifero.

    IMPORTANTE: quando si filtra lo zenzero con il colino, prendere un cucchiaio o un mestolo e pigiare con decisione sullo zenzero per estrarne il sapore. La parte più forte dell’essenza di zenzero è ancora nascosta lì dentro e deve essere estratta manualmente. L’aspetto sarà torbido, ma questo è naturale.

    Come è nato l’Old Cuban e qual è la ricetta?

    Come ho detto a proposito del Gin-Gin Mule, adoro i Mojito. Volevo creare una versione del Mojito che fosse gradita sia Capodanno sia in una giornata calda. L’Old Cuban per me è un Mojito in un miniabito nero da cocktail. Frizzante, limpido, rinfrescante, ma allo stesso tempo elegante e festoso, complesso e profondo. In un Mojito classico si usa la club soda. La club soda è una buona soluzione per un rum bianco, e nel complesso tutto è ben bilanciato e leggero nel profilo generale del drink. Ma a Capodanno (o in qualsiasi altra occasione di festa) non bevo club soda, ma voglio bere Champagne. Se a un Mojito preparato con rum bianco si aggiunge lo Champagne, la leggerezza del rum bianco è dominata dallo champagne, giusto? Ma se sostituiamo il rum bianco con il rum añejo, la cosa comincia ad avere più senso. I due ingredienti si completano a vicenda, sono più equilibrati e in sintonia tra loro. Il bitter di Angostura aggiunge più profondità e complessità e lega insieme tutti gli altri ingredienti. Per lo stesso motivo nei miei Mojito uso sempre l’Angostura, che serve a ridurre il gusto di zucchero al palato e per questo motivo ha un sapore un po’ più pulito.

È sempre pieno il pub digitale inventato da 4 creatori di gin

Se il cliente non può andare al locale, allora il locale va dal cliente. È con questa idea che ha preso vita Duck Dive Pub, il pub digitale firmato da Duck Dive Gin, nuovo London dry premium made in Italy. Un’iniziativa che Giuseppe Langella, Marco Biasibetti, Federico Mella e Daniele Scaglia, i creatori di Duck Dive Gin, hanno messo in piedi per tenere vivo anche in questa fase di emergenza sanitaria la dimensione di socialità così fondamentale nel legame tra un locale e i suoi clienti: da un lato non negando ai consumatori la possibilità di ritrovarsi “virtualmente” nei loro locali del cuore, dall’altro offrendo al gestore la possibilità di mantenersi in contatto con i clienti attraverso una diversa modalità di interazione che va oltre la più tradizionale comunicazione attraverso i social del locale stesso.

Gli artefici del Duck Dive Pub sono anche i creatori del Duck Dive, London Dry Gin caratterizzato da una botanica insolita: il Lemon Myrtle.

  • “Altro…”

    Una volta entrati nel pub, tramite il link dedicato, l’avventore può infatti scegliere di sedersi al tavolo libero Duck Dive, aperto 24 ore su 24, dove incontrare e chiacchierare tramite video chat con gli altri utenti on line, proprio come se si trovasse al bancone di un normale bar. Oppure, prenotare (con tanto di scelta di orario), sempre gratuitamente, un tavolo, ovvero uno spazio privato, che può personalizzare dandogli un nome e corredandolo di foto, al quale può invitare fino a 50 amici e video chattare con loro. Una possibilità quest’ultima che permette, in tempi nei quali sono vietati gli spostamenti e i raggruppamenti di persone, ai consumatori di riunirsi in comitiva e ai gestori di continuare a fidelizzare i clienti anche da casa, creando tavoli dedicati agli affezionati, in attesa di rivederli di persona nel locale. Immediato il successo riscontrato dall’iniziativa, con oltre 100 tavoli occupati con una media di 10 ospiti ciascuno. Un’iniziativa che, in più, non ha trascurato l’aspetto solidale: uscendo dal pub virtuale gli utenti possono infatti lasciare una donazione che viene devoluta alle strutture ospedaliere impegnate a fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

    Spirito surf e botaniche italiane

    Un progetto originale perfettamente in linea con lo spirito di Duck Dive Gin. Questo infatti è frutto di un’idea venuta ai quattro soci quando, al ritorno da una vacanza a Fuerteventura, hanno deciso creare un nuovo distillato che riflettesse quei momenti di serena convivialità, la loro passione per il surf e l’Australia, terra d’elezione per chi ama cavalcare l’onda. E proprio dall’Australia proviene l’ingrediente caratterizzante di questo gin, il lemon myrtle, un arbusto spontaneo che cresce nella regione del Queensland, le cui foglie essiccate vanno ad unirsi ad altre poche e selezionate botaniche: bacche di ginepro, semi di coriandolo, scorze di arancia essiccata, radice di angelica e iris, tutte di provenienza italiana. Realizzato secondo il disciplinare del London dry, presso la distilleria Eugin di Meda (MB), alla quale i fondatori si sono affidati per la produzione, si presenta al naso con una intensa, ma non aggressiva, nota citrica  fresca data proprio dal lemon myrtle. Al palato emergono i sentori resinosi del ginepro, che ben si armonizzano con la freschezza avvertita al naso, accompagnati dalla nota aromatica, legnosa e minerale dell’angelica, per chiudere con un finale morbido e rotondo, grazie alle delicate note dell’arancia. Ottimo anche da degustare liscio o miscelato con una tonica mediterranea per un Duck Tonic, il nuovo gin, in bottiglia da 70 cl (43° vol.) è perfetto per la creazione di nuovi cocktail, come quelli realizzati dai bartender Mattia Venegoni, Fabio Moroni e Lorenzo Borgianni. G.S.

Delivery, è digitale il motore della crescita in Europa

Pubblici esercizi chiusi, ma cucine e laboratori aperti. Durante l’emergenza Coronavirus le cucine di molti locali in tutta Italia hanno potuto proseguire l’attività connettendosi alle note piattaforme tecnologiche per la consegna a domicilio di piatti, prodotti e menu. Il tutto in un quadro di buone pratiche per garantire il servizio nel rispetto delle misure precauzionali e dei requisiti igienico sanitari. È probabile che, chiusa questa parentesi emergenziale, il settore del delivery tricolore uscirà rafforzato da un test che ha messo a dura prova tutta la filiera, rendendola ancora più efficiente e rispondente ai bisogni dei consumatori. Un settore che risulta in netta espansione come risulta da una ricerca su base europea realizzata da The Npd Group e presentata all’ultimo Sigep.

  • “Altro…”

    Parliamo di un mercato che vale 15,9 miliardi di euro (pari al 5% della spesa fuori casa dei consumatori europei) e che registra, per quanto riguarda le ordinazioni digitali, un tasso di crescita composto annuo del 10%. Se il digitale rappresenta a livello continentale il driver più utilizzato, in Italia gli ordini si fanno, nella maggioranza dei casi (64%), ancora via telefono (succede anche in Germania e in Spagna anche se con percentuali appena sopra il 50%). Tuttavia, visti i trend di crescita, è probabile che presto anche nel nostro Paese la modalità dell’ordinazione via telefonino o via Ipad diventi maggioritaria. Sempre a proposito di digitale, i ricercatori di The Npd Group rilevano come esso si sia espandendo anche al di fuori del delivery in senso stretto e, in particolare, nelle aree del “click and collect” (la possibilità di ordinare on line un prodotto e di ritirarlo in negozio) e dell’ “in-store-erminal” (la possibilità di ordinare e pagare un servizio o un prodotto attraverso una piattaforma digitale all’interno di un negozio o di un locale). Dal 2015 al 2019, le ordinazioni digitali in questi tre ambiti (delivery, “click and collect”, “in-store terminal”) sono cresciute a un ritmo del 38% annuo, passando da 5,9 a 15,9 miliardi di euro. A crescere di più, per numero  di visite nel periodo 2018-2019, l’in store terminal con un balzo del 21%. C.B.

#Chiusimanonfermi: idee per far sentire ai clienti che ci siete!

La chiusura forzata ce l’ha sbattuto in faccia. Certo, lo sapevamo già. Ma adesso è di un’evidenza assoluta. Il patrimonio più prezioso di ogni locale sono i clienti. Non i clienti in senso generico, ma i nostri clienti. Quelli fedeli, quelli affezionati, quelli che ci vogliono bene e a cui vogliamo bene. Le nostre piccole e grandi certezze. Quelli a cui rendiamo migliore la giornata e quelli che la rendono migliore a noi. E allora, dobbiamo tenerceli stretti. Molti l’hanno capito da subito e hanno messo in atto una serie di mosse fin da subito: vi raccontiamo alcune idee brillanti e i consigli di un paio di esperti. Per muoversi fisicamente (con il delivery) e on line.

Foto: Courtesy RistoratoreTop

  • “Altro…”

    Lorenzo Ferrari, cofondatore di Ristoratore Top ha raccolto, nella community “Un bicchiere per Lore”, idee, iniziative e buone pratiche dei ristoratori. A partire dal delivery: certo, chi era già attivo prima è certamente avvantaggiato. Ma, visto che era già un mercato in piena espansione prima, potrebbe essere il momento per partire: «Ad esempio – spiega Ferrari – convertendo in rider i dipendenti disponibili a modificare le proprie abitudini, almeno finché non verrà ripristinata la normalità».
    Più che pensare in termini di business, in questo momento meglio pensare in un’ottica di fidelizzazione – in prima battuta nei confronti dei propri clienti fedeli – e di servizio.

    Il delivery: cibo, ma anche messaggi positivi

    Bravo, dunque, chi riesce ad approfittare della consegna per recapitare un po’ di calore, buonumore e serenità. Gli esempi, nel gruppo di Ristoratore Top, non mancano. Il Farine di Messina, nella consegna gratuita, include un dessert omaggio e un buono per un dessert da utilizzare alla riapertura del locale, stimolando fiducia e fedeltà. La Locanda Urbana di Aosta inserisce in ogni ordine una calamita da frigo fatta realizzare da Pinsette con la scritta “Andrà tutto bene”. Villa San Donino di Argelato regala un dolce in vasetto che riproduce il tricolore e aggiunge un cartoncino “Andrà tutto bene”.E c’è chi, ispirandosi ai “riti” del luogo, lancia nuove proposte: è il caso per esempio del Balestruccio di Perugia con il suo “Pranzo della domenica” in quattro versioni: vegetariano, classico, smart e premium.

    La relazione con il cliente si trasferisce on line

    Oltre al delivery, ci sono molti altri modi per mantenere la relazione con il cliente. Ale Agostini, fondatore dell’agenzia di web marketing AvantGrade, suggerisce di partire dalle basi: «Se non l’avete ancora fatto, rivendicate o aggiornate/completate la vostra scheda Google My Business». È il momento di mettere a posto il vostro data base clienti: se avete il cellulare da una parte, la mail dall’altra, create delle liste.
    Fate sentire ai vostri clienti, a partire dai più affezionati, che ci siete: usate il gruppo Facebook, le mail, Whatsapp o qualunque altro strumento abbiate usato finora.
    «Se non avete mai comunicato con loro fuori dal locale, è il momento di incominciare – spiega Agostini -. Mai come oggi le persone cercano on line notizie legate al cibo. Due esempi: nel primo weekend di marzo c’è stata un’impennata di ricerche per la torta mimosa, nel secondo su come fare la pizza».
    E allora sotto con post e video di ricette, consigli, idee, passatempi e giochi per intrattenere e alleviare la difficoltà di questi giorni.
    «Fino a oggi si poteva fare a meno del digitale – spiega Agostini – ma sarà sempre più difficile in futuro. E allora, per chi non si è mai cimentato, è il momento di lanciarsi, di sperimentare, di imparare, di fare delle prove. E se prima la regola era “fallo bene o non farlo” adesso piuttosto che cadere nell’oblio è meglio far sentire ai clienti che ci siete, che pensate a loro. Pensate a un contenuto ogni 2-3 giorni. L’obiettivo è mantenere vive le relazioni e possibilmente consolidarle».
    La relazione, insomma, si riprende il suo primato: E vince sulla perfezione stilistica.
    «Mantenete un tono rilassato, informale, per ricreare un’atmosfera familiare, di vicinanza con i vostri clienti»
    continua Agostini. Anche su questo fronte, qualche buon esempio ci arriva dal gruppo Facebook Ristoratore Top.
    «Ho deciso di mandare una mail ai miei migliori clienti – racconta Paolo Torboli dell’Osteria del Pettirossoper avere un voto sul mio lavoro da 1 a 10 e per chiedere di evidenziarmi errori e difetti. Sono rimasto stupito dalla risposta: mi hanno scritto oltre 20 persone, delle mail lunghissime, raccontandomi del perché sono affezionati al Pettirosso: è stato emozionante! Ma sono stati anche molto generosi nel segnalarmi tanti piccoli difetti che non mi avevano mai detto. Mi hanno aperto un mondo».
    Torboli si è anche inventato una rubrica giornaliera su Facebook, “Barricato in casa”, in cui ogni sera racconta un’etichetta del suo ristorante.

    C’è anche la diretta Facebook

    L’appuntamento fisso per i clienti di Rock Burger di Milano è una diretta Facebook nel segno della musica. Ogni puntata è l’occasione per creare una top ten musicale (naturalmente si parla di rock) in collaborazione con i clienti. Al bancone virtuale del pub Barley House invece gli appuntamenti settimanali vertono intorno alla birra, raccontando piccole realtà d’eccellenza (che si possono acquistare e vengono consegnate a domicilio). Similmente, La Belle Alliance di Milano propone Radio birra, con dirette Facebook. Sempre La Belle Alliance ha approfittato di questi giorni per far conoscere meglio, con una serie di post, tutto lo staff del locale, comprese le persone che lavorano dietro le quinte: ognuno di loro si è raccontato, si è fatto conoscere un po’ meglio. La risposta dei clienti è stata inaspettatamente positiva. C’è infine che la butta sul gioco: Chicco Cerea del Ristorante tristellato Da Vittorio di Bergamo sul profilo Instagram del ristorante ha lanciato un contest: “Durante la pulizia della sua libreria, Chicco ha trovato uno strano reperto archeologico…ma quale sarà il suo nome?“ Segue invito a mandare la risposta via mail. In palio, tra coloro che indovineranno, una cena per due. A.M.

Allenare corpo e mente contro la routine da isolamento

In queste settimane di forzato isolamento a casa sono molte le attività alle quali poter dedicarsi: in primis, quelle dedicate alla formazione privata e professionale, a questo proposito vi proponiamo nelle pagine che seguono le video lezioni di riconosciuti esperti di materie attinenti il fuori casa e la Guida Covid-19 del Gruppo Tecniche Nuove a cura del noto virologo Fabrizio Pregliasco; ma non meno importanti sono le attività destinate alla cura del nostro benessere psicofisico. Ecco, dunque, alcuni piccoli consigli per questo periodo di riposo obbligato di due esperti provenienti dal nostro settore che si battono da tempo per una hospitality più sana e consapevole. Kristine Bocchino è una delle ambassador di Healthy Hospo, associazione che opera su scala globale per fornire supporto, consigli e corsi volti alla cura mentale e fisica degli addetti ai lavori dell’ospitalità. Gegam Kazaris è, invece, un barman e trainer di origini armene, ma in pianta stabile ad Alicante in Spagna da alcuni anni. Le numerose attività che svolge con Kazari’s Project hanno l’obiettivo non solo di far conoscere ai bartender un approccio più salutista nella creazione dei drink, ma anche di insegnare ai professionisti un rapporto con se stessi più introspettivo e spirituale, avvalendosi delle arti marziali e della meditazione come strumento di benessere psicofisico. J.B.

I consigli in esclusiva per i lettori di WeBar

  • Kristine Bocchino

    KRISTINE BOCCHINO,
    ambassador di Healthy Hospo


    1. Fate un piano giornaliero:

    dare una struttura alla giornata aiuta a darsi uno scopo. Nel piano includere un’esercizio quotidiano a livello fisico e l’apprendimento di qualcosa di nuovo.

    2. Limitate l’esposizione costante alle notizie angoscianti:
    è giusto informarsi ma troppe informazioni possono generare ansia.

    3. Non lasciatevi andare alla “routine da quarantena” e alla vita in pigiama o tuta.
    Anche semplicemente radersi, pettinarsi e qualche volta vestirsi per l’ora di cena aiuta a vincere la malinconia.

  • Gegam Kazaris

    GEGAM KAZARIS,
    fondatore di Kazaris Project

    1. Svegliatevi sempre a una stessa ora ma alzatevi dal letto lentamente.
    Dedicatevi i primi dieci minuti della giornata a uno stretching generale.
    Basta un tappetino in terra.

    2. La respirazione è una funzione fondamentale ed è il concetto alla base della meditazione.
    Sedetevi su una sedia con schienale, tenete la testa dritta, congiungete le mani alla bocca dello stomaco e prendete un bel respiro profondo con il naso, aprendo il diaframma. Inspirate ed espirate a lungo, almeno 10 minuti al giorno.

    3. Limitate l’apporto di proteine animali, a vantaggio della verdura.
    Bevete acqua frequentemente durante la giornata (soprattutto fuori dai pasti).

Primo Aperitivo, l’essenza italiana in 500 ml

Negroni, Sbagliato, Americano: i “magnifici tre” della miscelazione classica che, partendo, dall’Italia hanno conquistato tutto il mondo, finiscono in bottiglia. Sono i nuovi “ready to serve” Primo Aperitivo, nati dall’idea di un gruppo di bartender esperti accomunati dalla felice esperienza di VII Hills Italian London Dry Gin. In primis c’è Federico Leone, brand ambassador di VII Hills e volto anche di Primo Aperitivo. È lui quello che, come dice, “si muove sul territorio”, mentre gli altri sono gli expat londinesi Danilo Tersigni, Filippo Previero e Andrea Fofi. E ancora ci sono Casoni, che si è occupata della distillazione, e Pallini della distribuzione.

0
500
ml

Formato

0
26
% vol.

Gradazione alc. Negroni

0
5
bicchieri

Numero dosi

  • “Altro…”

    Per ora sul mercato c’è solo Primo Aperitivo Negroni, dal momento che il lancio è stato rimandato a causa del lockdown, ma gli altri due prodotti sono comunque in rampa di lancio e da considerarsi “coming soon”. Diverse le caratteristiche in comune: per prima cosa, la radice italiana dei drink selezionati è voluta, poi tutte le ricette hanno, spiega Leone, «una parte di diluizione a livello di sodatura che porta la gradazione sui 26 gradi». Si tratta di bottiglie da 500ml. «ll service giusto – avvisa Leone – è versare l’aperitivo in un bicchiere con ghiaccio, mescolare, fettina d’arancia. In questo modo, il drink è già tarato per 5 dosi, ma se si preferisce utilizzare la coppetta il numero delle dosi sale a 10». Per chi ama i gusti più forti, naturalmente, niente impedisce di assaporare Primo Aperitivo in purezza.

    L’experience di un aperitivo completo

    Spiazzati dal lockdown, i quattro di Primo Aperitivo dovranno attendere almeno fino al prossimo giugno per vedere le loro bottiglie negli ambienti ideali per cui le hanno pensate, come bar ed enoteche privi di bartender. Come detto, per adesso c’è Primo Aperitivo Negroni, che si ordina dal sito omonimo o si acquista dalle principali enoteche che fanno consegne in tutta Italia. L’idea, in attesa della riapertura, è di stringere accordi con realtà che aggiungano un food pairing per offrire l’esperienza dell’aperitivo “completo”. A.T.

La montatura del latte, impara le regole

Alla base un buon cappuccino c’è sempre una crema ben realizzata, ovvero lucida e setosa. I suoi “ingredienti” sono aria, acqua, energia e le proteine del latte. Sono infatti queste ultime che stabilizzano le bollicine, evitando che scoppino, permettendo al latte di montare. In questo tutorial Chiara Bergonzi, latte art specialist, trainer Sca e consulente, spiega in modo semplice ed efficace come effettuare la corretta montatura del latte che deve essere compiuta con l’ausilio di una lattiera con il caratteristico beccuccio in più forme a seconda delle esigenze del barista. Una lattiera professionale, ovviamente: è importante che non trattenga odori né che rilasci sapori sgradevoli; inoltre deve essere di facile pulizia e con un manico ergonomico.

  • “Altro…”

    Il ruolo della macchina espresso

    Gioca poi un ruolo fondamentale la macchina espresso, che fornisce il vapore necessario per montare e riscaldare il latte attraverso la lancia vapore, che prima di ogni lavorazione va pulita con un panno e flussata per fare fuoriuscire il vapore misto ad acqua che si è formato al suo interno. Ma ecco le operazioni di montatura in estrema sintesi: si immerge il beccuccio della macchina espresso nel latte per pochi millimetri e si apre il rubinetto. In una prima fase il liquido si scalda e il vapore lo fa espandere generando la crema; nella seconda, il calore viene distribuito a tutta la massa del liquido, fino raggiungere circa 60°. Si estrae la lattiera, si pulisce subito la lancia vapore e si osserva il contenuto del bricco: se la superficie è composta da bollicine finissime e uniformi e risulta un po’ lucida, la montatura è ben fatta e permette di realizzare il classico cappuccino italiano con la superficie bianca contornata da un bordo scuro, oppure decori in latte art. N.R.

Perché il gin è italiano

Fulvio Piccinino, tra i massimi esperti italiani di storia della liquoristica, ha ritrovato “De’ Secreti del reverendo donno Alessio Piemontese”, un libro sensazionale datato 1555 che dimostra come la prima distillazione di quello che oggi potremmo definire un botanical gin sia stata italiana. Il libro in questione porta la firma di Alessio Piemontese che parla, già proprio nell’introduzione di questo manuale di medicina rinascimentale, di “un liquore portentoso che salverà l’uomo da qualsiasi malanno”.

  • “Altro…”

    La principale pianta aromatica di questo liquore, prototipo del gin italiano, è il ginepro. O meglio, le bacche di ginepro. Una pianta già molto nota ai medici del Medioevo che chiamavano “scacciadiavoli”. I suoi rami, per esempio, venivano bruciati nelle case di chi credeva di essere stato vittima del malocchio e il suo fumo veniva utilizzato per disinfettare le abitazioni. Il “botanical gin” elaborato da Piemontese conteneva in media 6 parti di bacche di ginepro e piccole quantità di altri vegetali dalle proprietà medicamentose come l’aloe o le spezie. La macerazione avveniva in acquavite ottenuta distillando del vino. Veniva fatta una successiva distillazione per ottenere una medicina dall’aspetto limpido, quasi trasparente. Alessio Piemontese forniva anche suggerimenti utili per accompagnare il suo distillato. L’acqua tonica non era stata ancora inventata, così lo consigliava in abbinamento a un vino dolce di Malvasia.

    Una tesi confermata da testi storici

    All’opera di Piemontese seguiranno altri testi di alchimia, farmacopea e liquoristica a dimostrare che noi italiani il ginepro lo sapevamo e lo sappiamo lavorare. A confermare l’expertise italiana ci sono testi come i Secreti di Isabella Cortese del 1561 con il suo rimedio “contra la peste ed il veleno” e L’Arte dello Spetiale di Francesco Sirena con la sua “acqua balsamica”, di qualche anno dopo. Tutte queste ricette vedono la presenza del ginepro in maniera importante e sono tutte ottenute macerando le piante nell’alcol per poi distillare a bagnomaria. La prima ricetta di Isabella Cortese, fra l’altro, potrebbe essere la prova che la ricetta di un “botanical gin” abbia risalito l’Europa seguendo la diffusione della peste, ricordando che la tradizione vuole che Franciscus Sylvius, medico e naturalista olandese, lo abbia prodotto nel 1614. Altre parole non servono. È venuto il tempo di lasciarvi condurre in questo straordinario viaggio nel tempo curato da Fulvio Piccinino. S.N.

Cocktail vergini, istruzioni per l’uso

L’universo variopinto dei cocktail sotto i 21° alcolici e dei cocktail vergini. Un identikit unico tracciato da Diego Ferrari, uno degli artefici del movimento low alcohol in Italia. In questo filmato troverete le regole base per creare cocktail a bassa gradazione alcolica, detti anche low alcohol o low Abv (alcohol by volume); gli strumenti per calcolare il tenore alcolico e le variabili che possono incidere sull’alcolicità: dal tipo di ghiaccio nella preparazione agli strumenti usati per miscelare, fino al tipo di bicchieri. Un fenomeno da indagare che si sposa con un altro trend molto forte fino a ieri e che, pur non avendo la palla di vetro, prevediamo sarà forte anche domani.

  • “Altro…”

    Ci riferiamo al cosiddetto “mocktail” che alla lettera significa cocktail finto. In italiano suona come cocktail da moccioso. Analcolico, con poca verve e per questo meno sexy? Forse un tempo, oggi no. Fortunatamente le cose sono cambiate. Siamo lontani gli anni Duemila quando sui banchi sfilava ancora un mesto esercito di miscelati senza nome, senza patria e relegati negli angoli bui dei menu. Erano i “cocktail alla frutta della casa”. Una banda poco allegra in cui spiccavano succhi di frutta, più o meno distinguibili, serviti con ciliegina color rosso marziano, in un bicchiere in cui svettava una testa di delfino ricavata dalla decapitazione di una banana. L’evoluzione dei costumi, la crescita degli astemi per scelta religiosa o di salute, il boom dei maniaci delle calorie e il codice della strada, che giustamente non perdona gli sgarri, hanno portato sempre più persone a scegliere analcolici, cocktail vergini o low alcohol drinks, cocktail a basso contenuto alcolico. Scopriamoli attraverso questo documento, realizzato homemade da Diego Ferrari, autore del libro “Cocktail low alcohol. Nuove frontiere della miscelazione”. S.N.

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