
Entrare al Castello di Casole è un po’ come svegliarsi in un sogno agricolo scritto da Luchino Visconti e diretto da Wes Anderson. Solo che il profumo è di elicriso e pomodoro verde, non di pellicola bruciata. E il portiere, più che darti il benvenuto, ti chiede se vuoi iniziare la tua esperienza dall’orto. Il castello domina le colline senesi dal decimo secolo, poggiato sulle ossa degli Etruschi e circondato da una tenuta da 3.200 acri che profuma di storia agricola e futuro sostenibile. Per tre secoli, dal 1650 al 1950, fu la dimora della famiglia Bargagli, nobili senesi che scrissero una lunga pagina di storia toscana, tra vigneti, scavi archeologici e mezzadrie. Qui, ogni dettaglio è calibrato: dalle collezioni etrusche custodite nella biblioteca e nella Essere Spa, fino ai carciofi della cena e al fiore di zucca che finisce - perfettamente integro - in un risotto servito all’Emporio del Castello. Che poi è una trattoria, ma anche un teatro naturale del tramonto, con bistecche talmente grandi che fanno provincia e un sole rosso che ti proietta su Marte. E chef Daniele Serra è un marziano, ma con l’accento toscano. Sarà per questo che il suo ristorante gourmet si chiama Tosca?
L’uomo che sussurrava ai cavoli
La guida che ci accompagna in questo viaggio tra il sacro e il fermentato si chiama Tommaso Ondeggia. È il food & beverage manager del Castello, per esteso Castello di Casole A Belmond Hotel, Tuscany, ma potrebbe benissimo essere il curatore di un museo liquido. Parla con passione misurata, guarda le piante come fossero clienti importanti e gli ospiti come se fossero piante da coltivare. L’orto, qui, è un vero e proprio organismo vivente. Lo cura ogni giorno, all’alba, Simone Moschini, alias Il Cavolo a Merenda. Un nome che sembra una filastrocca, ma che custodisce un metodo. Simone è l’uomo dei fiori edibili, quello che fa crescere foglie d’ostrica accanto alla menta marocchina, l’unico capace di regalare al bar, ogni mattina, una vaschetta che profuma di raccolto e di idea. È proprio da quell’orto - vegetale e botanico, un ettaro in due anime - che nasce Hortus Vitae, la nuova drink list del Bar Visconti, presentata in una mini-teca che sembra un presepe botanico. Il bar, luogo di ricevimento al tempo dei Visconti, è oggi un salotto agricolo con bancone in marmo verde, terrazza con vista costellazioni e bicchieri che sembrano usciti da una mostra di arte applicata. La carta - è il caso di dirlo - si pianta: realizzata con fondi di caffè, scorze di agrumi e carta riciclata. Se la lasci a terra, forse crescerà qualcosa. Intanto, profuma. Letteralmente. Alcuni clienti se la portano in camera e non la restituiscono. Un caso di furto sensoriale che non scandalizza nessuno.
Il cocktail menu più coltivato d’Italia
Otto i drink signature. Cinque drink leggeri. Tre completamente analcolici. Scelte consapevoli, dice Tommaso, che nascono dalla posizione isolata del castello (chi guida, poi, vuole bere leggero) ma anche da una domanda in crescita costante. In carta, le sezioni sono tre. La prima, dedicata agli impollinatori, celebra fiori e insetti operosi: camomilla, acetosa, sambuco, tutto nel bicchiere. Come nel Flora’s Harmony, un gin cocktail che sa di primavera e pazienza. Una sinfonia alla Botticelli con liquore alla camomilla, sciroppo ai fiori di sambuco, succo di limone. Poi ci sono i cocktail di terra, “substrato e suolo”: pomodoro, ulivo, rosmarino. Sorsi rustici, che sanno di radice e sole. Infine, le “sinergie naturali”, ovvero la coltivazione consociata portata al bancone: ingredienti che, come le piante in natura, crescono meglio insieme.
È qui che nasce Fig & Spice, drink manifesto servito in un bicchiere a forma di fico soffiato a mano. Dentro, Beluga Vodka infusa ai fichi, liquore alla cannella fatto in casa, succo di limone e Alkermes Santa Maria Novella. Se chiudi gli occhi, ti sembra di essere in una farmacia del Rinascimento con vista vigneto. Se stringi i bicchieri in mano invece ti senti catapultato nel futuro di 3D Vault che ha dato forma alla sostanza miscelatoria del team Visconti.
La bottigliera dei sogni (invecchiati)
A firmare la drink list è Alessio Onida, bar manager “vecchio stampo Aibes” come lo definisce Ondeggia, ma con il gusto per il contemporaneo. Ogni bicchiere ha un’identità propria: c’è il limone in terracotta, il fico in vetro, l’ampolla da speziale. È design narrativo da bar, fatto per sorprendere ma anche per durare. E mentre i drink raccontano la terra, la bottigliera racconta la memoria. Perché al Visconti si beve anche whisky d’epoca, roba da collezionisti, selezionata da Ondeggia grazie alla potente rete Belmond. Inchgower 1977 Horae Solaris. Samaroli Longrow 1987. Adelphi Springbank 35 anni. Caol Ila 1985-1996. The Macallan 200th Anniversary. Glen Grant 27 e 20 anni. Kawahila 1986, 1987, 1988. Nomi che sembrano usciti da una filastrocca in gaelico e che invece stanno lì, sugli scaffali, pronti per essere versati. Perché, come dice Tommaso, la cosa bella non è averli. È vederli andare. La tenuta produce anche un gin: si chiama Venvia, è un London Dry fatto con le botaniche coltivate in casa. E un vino rosso, Ulpaia, blend di Sangiovese, Petit Verdot e Cabernet. Dietro a ogni sorso c’è la stessa idea: fare tutto in casa, ma con stile. Non per chiudersi, ma per raccontarsi meglio. Un vermouth è in lavorazione. Il bitter arriverà nel 2026. Obiettivo: servire un Negroni 100% Castello di Casole. Dalle radici al bicchiere.
Il vino parla etrusco, il gin toscano
Il servizio è da romanzo breve: 160 collaboratori per 41 camere. Al bar lavorano in sette, tutti con la divisa stirata e la mente elastica. Il Castello, del resto, non è solo un hotel. È una comunità agricola, un museo, un’idea di lusso che sa di foglia e di miele. Il miele lo fanno davvero, con le api che si nutrono dei fiori dell’orto. Il resto è stile. E allora, nel mondo dei concept bar e delle drink experience, il Bar Visconti sembra uscito da un futuro alternativo in cui i bartender vanno a zappare prima di ogni turno. Un mondo in cui i cocktail si coltivano, le carte si annusano, e le clienti rubano i menu perché nessuno gli ha detto che si può bere anche l’inchiostro. In un tempo in cui tutti vogliono stupire, loro coltivano. E alla fine del drink, se guardi bene, nel fondo del bicchiere trovi un seme.
Le ricette
Flora’s Harmony (cocktail col limone)
Ingredienti:
5 cl Farmer's Gin, 2 cl liquore alla camomilla fatto in casa, 1 cl succo di acetosa, 2 cl sciroppo di sambuco fatto in casa
Fig & Spice
Ingredienti:
5 cl Beluga Vodka infusa ai fichi, 2 cl liquore alla cannella home-made, 2 cl succo di limone, 1 cl Alkermes Santa Maria Novella
Negronida (Negroni con la schiuma)
Ingredienti:
3 cl Belvedere 10 vodka infusa al rosmarino e zenzero, 3 cl Vermouth Rosso Amaranto di Mancino, 3 cl Campari, Velluto di Galliano


