
Dopo cinque giorni di performance ad altissima intensità, Jack Simpson, australiano di Axil Coffee Roasters di Melbourne, è stato incoronato World Barista Champion 2025 sul palco di HostMilano.
Alle sue spalle Simon SunLei (Cina) e Ben Put (Canada), seguiti da Jason Loo (Malaysia), Hiroki Ito (Giappone) e Christopher Sahyoun Hoff (Danimarca). Nessun italiano in finale quest’anno, ma il pubblico della fiera milanese ha potuto assistere a una delle edizioni della gara organizzata dalla Specialty Coffee Association più tecniche e consapevoli degli ultimi anni: 51 campioni nazionali in gara, 25° anniversario della competizione, e un livello di storytelling e precisione mai visto prima.
Simpson ha dedicato la sua routine a due produttori con cui lavora da anni, Jonathan Gasca Serna (Finca Zarza, Colombia) e Jamison Savage (Finca Deborah, Panama), costruendo la presentazione intorno a un messaggio potente: «Il nostro compito non è solo fare un buon caffè, ma rappresentare le persone che lo rendono possibile».
La sua vittoria, arrivata dopo sette anni di allenamenti e tre finali consecutive, segna il quarto titolo mondiale per l’Australia e consolida il ruolo del Paese come una delle capitali globali del caffè specialty.
Un campionato che cambia volto
Dalla prima edizione di Monte Carlo nel 2000, il World Barista Championship ha ridefinito le competizioni barista e influenzato l’intera industria. In 25 anni, la gara ha introdotto nuove tecniche di estrazione, ha acceso la curiosità su metodi di fermentazione come la carbonic maceration e ha trasformato il barista in ambasciatore di cultura e sostenibilità.
Quest’anno, più che mai, il focus è stato sull’etica del caffè e sul rapporto tra innovazione e responsabilità verso i produttori. Simpson, infatti, ha messo in guardia dal rischio di una corsa all’estetica della complessità: «Le fermentazioni estreme e le varietà rare sono affascinanti, ma serve continuità per chi coltiva».
Nuove tendenze, tra etica e innovazione
Dal palco milanese sono emerse alcune tendenze chiare:
• Responsabilità e trasparenza: il barista come voce dei produttori e ponte tra origine e tazzina.
• Fermentazioni controllate, ma più consapevoli, con focus sull’impatto economico e ambientale.
• Integrazione delle tecnologie intelligenti, con macinini, macchine espresso e water management sempre più connessi e precisi.
• Storytelling come competenza chiave: ogni presentazione è un racconto che unisce ricerca, sensibilità e rigore tecnico.
L’Italia in platea
Nessun italiano tra i finalisti della gara della Specialty Coffee Association, ma un pubblico numeroso e un forte coinvolgimento nazionale grazie alla cornice di HostMilano, che ha ospitato anche i campionati Aicaf-Altoga, il Gran Premio della Caffetteria Italiana, vinto da Cristina Pangrazio (prima donna a conquistare il titolo).
Tra le altre gare: Daniele Esposito (Campania) per la Lags “verde”, Andrea Tianyu Wang (Veneto) per la “oro” e Vittorio Orsina vincitore della Moka Challenge (leggi I nuovi campioni delle Lags Battle e del Gran Premio della Caffetteria Italiana).
Una lezione di umanità
«Abbiamo tutti gli strumenti per fare un grande caffè, ma il più importante è la voce», ha detto Jack Simpson al termine della sua routine. Parole che racchiudono la missione del barista contemporaneo: trasmettere il valore del caffè.
Dopo anni di performance sempre più complesse, il World Barista Championship sembra tornare alle origini, non nel formato, ma nello spirito. Quello di un mestiere che continua a evolversi, senza mai perdere il suo centro: le persone.


