
Calo dei consumi, forte concorrenza, cambiamento delle abitudini di acquisto: sono diverse le sfide che il mondo del fuori casa si trova ad affrontare. In questo scenario complesso, la qualità del caffè rappresenta una leva decisiva per la sostenibilità economica delle attività. Ne è convinto Giulio Trombetta, amministratore delegato di Costadoro, che individua nella qualità, nella formazione e nella professionalità del barista le chiavi per restare competitivi.

Quali sono oggi le principali difficoltà economiche con le quali si confrontano i baristi?
Le difficoltà maggiori in questo particolare momento congiunturale sono tutte correlate al calo della domanda a causa del basso potere di acquisto delle persone. Per quanto riguarda il mondo caffetteria, a questo si somma la forte concorrenza, legata sia all’elevato numero di locali che caratterizza il nostro Paese, sia alla diffusione massiccia di sistemi a capsule e cialde nelle case e negli uffici.
Tale quadro come influisce sulle scelte di acquisto dei gestori, in particolare per quanto riguarda il caffè di qualità?
In questa situazione molti finiscono per optare per prodotti più economici e di scarsa qualità, ma si tratta di una falsa soluzione che, invece di migliorare il risultato economico del locale, ne genera il collasso definitivo. Purtroppo, è una tentazione molto diffusa presso i gestori meno evoluti o mal consigliati. Alla base vi è un errore di ragionamento, impostato esclusivamente sull’aspetto dei costi e non dei ricavi. Acquistare prodotti di bassa qualità genera sicuramente una diminuzione della spesa, ma con uno scadimento della qualità dell’offerta del locale, che, a sua volta porta a una diminuzione anche dei ricavi. Il risparmio, dunque, è solo apparente e porta al peggioramento del risultato economico finale.
Quali rischi comporta proporre un caffè di qualità inferiore ai clienti?
Oltre a diminuire il numero di espressi venduti, si rischia di perdere anche altro fatturato. Il cliente sceglie il bar per l’espresso e spesso lo accompagna con altre consumazioni, come un croissant, un panino, l’acqua, un succo. Il bar che perde il primo perde anche queste altre vendite.
Qual è la chiave allora per garantire la sostenibilità economica dell’attività?
È sempre la qualità, anche e soprattutto in un quadro complesso come quello attuale. Un espresso di qualità attira un maggior numero di clienti e permette di applicare un prezzo più elevato, che il consumatore è disposto a pagare se ne vale la pena. Poi, come dicevamo, favorisce il consumo di altri prodotti, migliorando i ricavi e, più in generale, qualifica e aumenta il valore del locale, permettendo di distinguersi dalla concorrenza.
Oltre alla materia prima, quali altri aspetti concorrono alla qualità dell’espresso?
La formazione e le competenze sono aspetti fondamentali. Se da un caffè cattivo non si potrà mai avere un espresso buono, è anche vero che da un caffè buono non è scontato che si ottenga un espresso eccellente. La variabile del barista può vanificare tutto il lavoro del torrefattore. Per questo ritengo che debba cambiare la natura del rapporto tra barista e torrefattore: non più cliente-fornitore, ma partner, accomunati da un obiettivo condiviso, ovvero vendere più espressi. Il torrefattore ha il dovere di guidare il barista e di formarlo, e quest’ultimo, nel suo interesse, ha convenienza ad ascoltare e seguire le indicazioni del torrefattore.
Quali altri aspetti possono aiutare il barista a mantenere o elevare il livello qualitativo dell’offerta caffè?
L’aggiornamento continuo delle competenze, la frequentazione di scuole e corsi e una grande curiosità sono gli elementi che determinano il successo di un locale. Ogni attività deve investire sul proprio personale in modo da creare professionisti in grado di preparare al meglio, vendere e spiegare quello che somministrano ai clienti.
Come crede evolverà il rapporto tra qualità del caffè e sostenibilità economica nei prossimi anni?
La qualità e la sostenibilità saranno sempre più importanti poiché i consumatori sono più informati ed esigenti e, soprattutto, hanno imparato a relativizzare la loro spesa. Oggi il consumatore riduce le visite al bar, ma quando vi si reca, pretende un espresso di qualità. C’è stato un cambiamento radicale delle abitudini e delle modalità di consumo: non si ragiona più in termini di numeri, ma esperienziali. Il consumatore frequenta il locale capace di soddisfare i suoi bisogni e capace di dare valore al suo acquisto: una tazzina di espresso non risponde più solo alla necessità di “ricaricare le pile”, ma per il consumatore ha un significato più ampio, è un rito, una coccola che si concede. E se la qualità del caffè è scadente tutto questo aspetto si perde e si perde anche il cliente.
Come i bar possono prepararsi a vincere queste sfide e a restare competitivi?
La vera sfida è credere nella propria professione. Per molti, purtroppo ancora oggi, il bar è un lavoro di ripiego. Invece, è vero il contrario: quella del barista è una professione vera e difficile, che richiede competenze, sempre più ampie e profonde, volontà, grande determinazione e una forte indole imprenditoriale. Sono tutte componenti indispensabili per svolgere al meglio un mestiere che, se fatto nella maniera giusta, regala grandi soddisfazioni.


