
Terza edizione in archivio, primi passi verso un futuro che può dare grandi soddisfazioni. La Palermo Cocktail Week tira giù il sipario su una kermesse che ha dimostrato enorme entusiasmo e potenzialità importantissime, da coltivare facendo attenzione a mantenere una direzione quanto meno chiara. Ecco i cinque segnali fondamentali da cogliere per guardare alla prossima edizione.
Costruire sull’entusiasmo
I fondatori Pietro Zito e Cristian Oliveri, già forti di un'esperienza più che decennale nell'ospitalità di Palermo, hanno inserito nel team Fabrizio Candino, patron di Sartoria, uno dei locali simbolo della città. È un sintomo di visione, affiancarsi a chi ha il polso della scena locale, per poter catalizzare quello che la community della città vive e di cui ha bisogno. E questa terza edizione ha risposto con numeri tripli, sia per affluenza che per bar coinvolti, rispetto all'uscita iniziale; sono state ridotte anche le guest serali, per evitare di sovrapporre la proposta (che comunque non è stata facilissima da navigare) e permettere ai partecipanti di visitare più locali in una sera. È una politica che fa ben sperare, slegarsi dall'idea di eventi del genere volti quasi solo a fare festa, e spingerli verso una fruizione che permetta ai bar presenti di mettersi davvero in mostra.
Qualità per crescere
Bar che peraltro hanno dimostrato uno stato di forma tutt'altro che scontato. Sartoria guida senza dubbio la truppa, e meritatamente, ma allontanandosi dal centro storico verso la Kalsa si possono incrociare indirizzi da tenere in considerazione. I dirimpettai Vermuteria e I Corrieri dominano una deliziosa piazza a due passi dall'Oratorio di San Lorenzo (lacrimuccia) e creano grande ambiente; First Call, risalendo verso Politeama, sta lavorando egregiamente, miscelando qualità pur tenendo un approccio da street bar che fa la differenza; Sabir, sempre nella stessa zona, è lo specchio dell'anima contaminata di Palermo. Anche concettualmente c’è un’interessante varietà (lo speakeasy MiniMarket, il ristorante-bar Cantavespri), che per essere valorizzata può sfruttare l’onda di un evento del genere.
La community è acerba, ma il potenziale è immenso
Come spesso si riscontra fuori dai grandi centri del bar italiano come Milano e Roma (Venezia e Firenze sono casi abbastanza particolari), non è facile trovare comunità locali che facciano rete, per costruire un sistema solido e florido. Palermo ha una rete nel complesso giovane, in passato abbastanza vittima di se stessa e della italianissima tendenza a guardare il proprio orticello. Vedere una risposta comune al richiamo della Palermo Cocktail Week è un segnale forte, che fa ben sperare per il futuro. «Alla prima edizione parteciparono dieci bar - raccontano gli organizzatori -. Molti si lamentavano di non essere stati ascoltati, volevano essere protagonisti, praticamente far parte dell'organizzazione. Abbiamo istituito la Cocktail Week per coinvolgere tutti i bartender di Palermo, quasi cinquanta i presenti, in una sorta di team building. Abbiamo creato una connessione che non esisteva prima, arrivando a vedere professionisti prima in conflitto, che adesso cominciano a condividere le loro idee e il loro talento». Solo consolidando le fondamenta della scena complessiva, si può arrivare a calcare palcoscenici più importanti: come si dice, da soli si va veloci, in tanti si va lontano.
Le masterclass devono evolvere
Le cocktail week, che ormai fioccano oltremodo, insieme ai bar show dovrebbero rappresentare l'occasione per i bartender locali (e soprattutto della regione, che magari lavorano in contesti di bar meno evoluti e si sobbarcano autentiche trasferte per esserci) per confrontarsi con contenuti educazionali importanti, o quanto meno difficilmente reperibili altrove. È un'occasione persa, più che altro, se nel fitto calendario di masterclass si trovano esclusivamente presentazioni di prodotti dei brand che chi più, chi meno sponsorizzano l'evento. Chiaro che i conti e le soddisfazioni devono in qualche modo tornare per tutti, ed è anche strutturalmente giusto permettere alle aziende di presentarsi: ma possibile che non si possa trovare un'alternativa che stimoli davvero i bartender visitatori, dia loro un punto di vista nuovo, forte? Non a caso, il contenuto che valeva da solo il viaggio per Palermo è stato l'intervento di Leonardo Leuci, co-fondatore del gruppo Jerry Thomas, con il suo caustico commento sulla Barmageddon, problemi e soluzioni al momento attuale dell'industria, brillantemente organizzato da PCW nel Mercato del Capo.
Appello alle istituzioni
Palermo vive un momento di fermento, prima ancora che di rinascita. Il potenziale inespresso è impressionante, e gli sviluppi turistici degli ultimi anni, che hanno portato il centro storico a rivalutarsi come merita, sono solo la punta di un iceberg che potrebbe generare enorme ritorno per il settore del bar di qualità. «I piccioli», risponde scherzando Oliveri quando gli si chiede cosa manca per poter portare la Palermo Cocktail Week a un livello ulteriore, ed è chiaro come un più che buon supporto potrebbe (e per certi versi dovrebbe) arrivare dalle istituzioni. Il patrocinio del Comune o in ogni caso una presenza formale del contesto cittadino, in un evento che ha questo potenziale attrattivo, è un elemento cruciale per poter amplificare il messaggio di qualità e ospitalità che la città ha insita in se stessa.


