Scuderie del Colle: formula speakeasy rivista e corretta

Nessuna velleità da revival dei tempi del proibizionismo, un garden esclusivo per serate a tema e una cucina "a prestito" da contiguo Os Club. Succede alle Scuderie del Colle di Roma

Lavoriamo sulla condivisione delle idee. È questa la filosofia alla base del progetto Scuderie del Colle, un po’ cocktail bar, un po’ ristorante, un po’ speakeasy e un po’ parco segreto con tanto di giardino-labirinto. Andiamo con ordine: Scuderie del Colle nasce a Roma, a un passo dal Colle Oppio, circa un anno e mezzo fa, su iniziativa di tre soci, Riccardo Tuttolomondo, Eleonora De Santis e Federico Rosati. I primi due sono bartender e si occupano fattivamente della gestione del locale, il terzo è il “socio finanziatore” del gruppo, nonché proprietario dell’Os Club, la contigua discoteca, con cui le Scuderie condividono l’ingresso, ma non la destinazione d’uso, né la clientela. È proprio per questa contiguità con l’Os Club, che le Scuderie si sono connotate in primis come speakeasy, nel senso che esiste una parola d’ordine all’ingresso che fa da filtro (tranne per i clienti affezionati, ai quali è stata donata la “chiave d’accesso”), ma nessuna velleità da revival dei tempi del Proibizionismo. Qui l’atmosfera è tranquilla, la clientela, mediamente fra i 25 e i 40 anni, arriva all’ora l’aperitivo, oppure a tarda sera per un dopocena o dopoteatro. Molte le feste private, diverse le serate a tema organizzate dai ragazzi (fra cui il format “All that she wants”, dedicato alle donne), la domenica a pranzo apertura diurna straordinaria per il brunch. In primavera questo appuntamento diventa particolarmente piacevole, approfittando del grande giardino. È infatti il giardino il vero quid in più di questo locale grazie alla concessione di parte dei grandi spazi verdi appartententi all’antica famiglia nobile dei Brancaccio, proprio accanto alle terme di Traiano: parliamo di una superficie complessiva di 1.600 mq all’interno della quale sono state riproposte situazioni ed atmosfere da Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Ci sono infatti la scacchiera, il labirinto ecc.

Viva la complementarietà
Ma la condivisione di cui parlavamo all’inizio? È ovunque, a cominciare dal bancone, perché i due gestori Riccardo ed Eleonora lavorano quotidianamente sulla loro complementarità. «Nessuna forma di competizione fra di noi - afferma la De Santis - perché siamo consapevoli dei limiti di ciascuno e siamo specializzati su categorie di cocktail differenti. Riccardo ha una grande esperienza sui tiki e sui rum, a me piace la miscelazione con il Pisco per esempio, tanto che ho inserito ben 11 etichette diverse di Pisco nel bottigliere». Complessivamente una collezione di tutto rispetto con circa 350 referenze totali, a cui si aggiungono una ventina di etichette di vino, 4 spine di birra e 7 tipologie di artigianali. Poi ci sono i succhi e i bitter, tutti homemade, una dozzina di tipi di sale e di zuccheri e un grande lavoro su erbe, spezie e tisane, vera passione di Tuttolomondo, che si rifornisce all’Antica Erboristeria Romana. Fondamentale il ruolo del vicino Os Club, con il quale c’è una forte sinergia in almeno due campi: gli acquisti e la cucina. Nel primo caso, dati i numeri consistenti messi a segno dalla vicina discoteca, la condivisione gioca su una centralizzazione degli approvvigionamenti. Quanto alla cucina, l’Os Club risolve il limite dell’assenza di fornelli delle Scuderie, per motivi di licenze. Questo consente di avere piatti caldi anche nel caso del brunch. Anche il menu gioca un ruolo importante nella condivisione degli intenti del cocktail bar. Molti piatti sono ispirati ai mix e viceversa. Un laboratorio comune, come lo chiamano i due bartender, che chiama a raccolta tutto lo staff per lavorare su una linea coerente. Senza contare la pianificazione prima dell’apertura: la preparazione del bancone è molto simile all’organizzazione della linea di una cucina prima del servizio. Si mettono a punto i prebatch, utili nei weekend quando i numeri sono elevati, si ultimano gli homemade, si “cucina” quel che serve anche per i garnish. La condivisione, infine, vale anche nel rapporto con i clienti che vengono guidati nello loro scelte.

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