L’attualità del Brandy nella moderna miscelazione

Sidecar, Champagne Cocktail, Vieux Carrè, Brandy Crusta. Ricette antichissime che da cinque-sei anni a questa parte sono tornate tra le mani del pubblico. Non dico diffuse anche al bar dello sport, ma poco ci manca. Il loro comune denominatore si chiama brandy, distillato di vino che in Italia ha conosciuto il successo e la popolarità a partire da quando un francese di nome Jean Buton, in seguito Giovanni Buton, aprì nel 1820 a Bologna una distilleria per realizzare la versione italiana del Cognac, il distillato tipico della Charente, sua terra natale. Il brandy italiano, anche se con caratteristiche tutte proprie, è un parente prossimo di altri prodotti diffusi nel mondo: brandewijn, vino bruciato, lo battezzarono gli olandesi. Cognac o Armagnac diventò in Francia, Pisco in Perù e in Cile. Arzente lo ribattezzò, in pieno regime autarchico, il vate D’Annunzio. Di brandy Vecchia Romagna, distillato di vino dalla caratteristica bottiglia a tre lati con l’effige di Bacco su sfondo nero, dei suoi utilizzi in miscelazione e dei trend mondiali ne abbiamo parlato con Giuseppe Gallo, tra i personaggi più riconosciuti della bar industry internazionale che, con la sua Italspirits, si è fatto portabandiera della liquoristica italiana nel mondo.     

Ci puoi descrivere e spiegare il successo tra Londra, New York e il resto del mondo dei cocktail a base di brandy? 

Il brandy è oggi all’inizio di una riscoperta storica, come è successo in passato ad altre categorie (gin, vermouth, rye whiskey). Poco utilizzato negli ultimi anni, oggi i bartender di tutto il mondo ritrovano il brandy, e con lui i cocktail classici inventati con questo distillato. Inoltre, la creatività dei bartenderdi oggi rappresenta un importante contributo alla nascita di cocktail sempre più elaborati, ottenuti miscelando Vecchia Romagna con ingredienti diversi. Prendi il caso del Brandy Crusta: cambiando la tipologia di zucchero usato per la orlatura del bicchiere si ottiene un drink sempre diverso.

È interessante notare come stia crecendo il numero delle persone che richiede per il proprio cocktail un marchio particolare. Succede con i drink a base di un determinato gin, rum e altri distillati. Succederà anche per Vecchia Romagna?

Che io ricordi, in Italia sono anni che la “Vecchia” viene ordinata al bar. Nulla di nuovo. Anzi, direi che recentemente le altre categorie hanno iniziato a ispirarsi a “Vecchia Romagna”. La differenza tra Vecchia Romagna e un marchio di gin sta nella  proposta del drink : il gin viene quasi sempre ordinato in un Gin & Tonic, mentre Vecchia Romagna non ha ancora trovato un cocktail di riconoscimento...che spero arrivi molto presto!

Quali sono le caratteristiche organolettiche che, secondo il tuo parere, fanno di Vecchia Romagna un distillato adatto ai cocktail? 

Il suo gusto deciso e allo stesso tempo morbido rendono il brandy Vecchia Romagna un distillato base perfetto per la costruzione di cocktail classici, ma anche di interpretazioni moderne. Il gusto secco e la nota di mandorla amara fanno sì che Vecchia Romagna lavori benissimo nei crusta, dove gli accenti di maraschino e arancio ne bilanciano l’alcolicità.

Quali sono gli ingredienti che si sposano meglio con la miscelazione del brandy?

In primis il Maraschino Luxardo che ammorbidisce il gusto secco e deciso. In seconda battuta il vermouth rosso, per aggiungere un retrogusto erbaceo e infine il rosolio, che rinfresca il brandy con una delicata fragranza agrumata.

Gli errori da non commettere

Sicuramente la miscelazione con succhi di frutta.

Il tuo primo cocktail col brandy?

Il Brandy Alexander, il primo cocktail in assoluto che ho studiato alla scuola alberghiera nel lontano 1998.

Pensi che ci sarà spazio anche per un impiego del brandy diverso dai cocktail classici? Lo vedremo anche in versione “molecolare”?

Sicuramente ci saranno diversi cocktail a base brandy proposti in diversi stili dai bartender. Se saranno anche molecolari bisogna chiedere al nostro Maestro Dario Comini! Il ruolo maggiore, tuttavia, dovrà essere svolto dalle aziende produttrici, che dovranno trovare il cocktail per eccellenza a base di brandy per divulgare l’uso e la conoscenza di questo distillato tra un pubblico sempre più ampio.

Domanda di rito. Indossa i panni del veggente e leggi il futuro della bar industry. Cosa ti aspetti da qui a due anni?

Quando il trend del rye whiskey sarà finito, in un paio d’anni, il brandy sarà il prossimo a salire in cattedra. Basti pensare che all’ultima edizione di Tales of the Cocktail di New Orleans, la principale manifestazione internazionale dedicata al bere miscelato, ben due seminari sono stati dedicati al brandy con relatori d’eccezione come Lynatte Marrero da New York e diversi master distillers dalla Spagna. Tales of the Cocktail è il banco di prova per il decollo dei micro trends, quindi  le basi per un successo su scala mondiale ci sono tutte.

Le aziende però, e mi riferisco soprattutto quelle italiane, devono intraprendere il cammino di attivazione e divulgazione fin da oggi. Sarà l’unico modo per trovarsi nel posto giusto da qui a qualche anno. Ho avuto l’onore di visitare le cantine di San Lazzaro con il master distiller Matteo Bonoli del Gruppo Montenegro (azienda titolare del brand Vecchia Romagna, ndr) e ricordo che la mia prima richiesta è stata di aprire le porte della distilleria al grande pubblico per diffondere e, soprattutto, condividere con tutti i vari brandy invecchiati in botti di rovere per decenni: ognuno di loro ha una propria personalità che vale la pena scoprire!

 

Chi è Giuseppe Gallo
Uno dei più celebri mixologist sulla scena internazionale. In vent’anni di carriera ha lavorato in ogni settore dell’industria. L’ultimo suo progetto, Italicus Rosolio di Bergamotto. Ha fondato Italspirits, azienda che si occupa tra l’altro di promuovere la liquoristica italiana nel mondo. Della sua squadra fanno parte autentici fuoriclasse come Daniele Gentili e Mattia Pastori.

Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome