L’aperitivo che vorrei

Tendenze –

Con Matteo Ragni s’inizia a parlare della nuova bottiglia di Camparisoda e si finisce trattando di aperitivi, pic-nic con pane e salame e barbecue sulla sabbia

Si pensa al cocktail, al servizio perfetto, nei casi migliori a regalare un sorriso a mezza bocca a chi sta dall’altra parte del banco. Non si guarda però a costruire ambienti che favoriscano le relazioni. In altre parole, non si bada a creare spazi fatti per promuovere il dialogo e la socialità. Il termine happy hour ha senso forse solo quando è inteso, alla lettera, “ora felice”. Come formula, drink con abbuffata incorporata, singola o in compagnia, ha fatto il suo tempo. «Frequento da sempre l’aperitivo. Non per l’alcol che scorre copioso, ma perché lo trovo un momento capace di generare scintille creative. Non parlatemi però dell’happy hour. Non riesco a capire chi si prende a sportellate per una patatina del discount».
Fa una certa impressione sentirlo dire da Matteo Ragni, autore con Giulio Iacchetti del Moscardino, la forchetta-cucchiaio nata per supportare il popolo dell’aperitivo con buffet e premio Compasso d’oro nel 2001.

Un momento unico per socializzare

Incontriamo Matteo Ragni, al bar della Triennale di Milano, in un’occasione particolare. È qui per parlare della sua nuova bottiglia di Camparisoda ispirata a quella che Fortunato Depero, l’anima più fieramente pubblicitaria del Futurismo, progettò nel 1932. «Il momento dell’aperitivo serve a sbottonarsi, a togliere la cravatta, a rilassarsi senza troppi pensieri. Il mio locale ideale è uno spazio per un pic-nic a base di pane e salame, un “Déjeuner sur l’herbe”, ma in versione più ruspante. A rifletterci meglio credo non esista il bar ideale. Noi qui, seduti intorno a questo tavolo e con le nostre chiacchiere, siamo il bar ideale. Quindici anni fa a Copenaghen ho scoperto un locale. Si chiamava Base Camp ed era ricavato dentro un hangar. I clienti avevano a disposizione un buffet di pesce, carne e verdure fresche che potevano cuocere su barbecue collocati su un tappeto di sabbia. Tante compagnie, tanti piccoli falò. Uno spettacolo straordinario». È in situazioni del genere, secondo il talentuoso progettista milanese, che nascono le buone idee.

Missione speciale

«Questa bottiglia è stata frutto di un grande pensiero. Ottant’anni fa Davide Campari invitò il maestro Depero a disegnare il primo aperitivo monodose della storia. E lui fece un gesto straordinario: capovolgere di 180° un calice. E a quel “flacone”, come lo chiamarono, mise un tappo sul collo. Devo ammetterlo: quando mi è stato chiesto di confrontarmi con una storia così importante, mi sono tremati i polsi». Matteo Ragni, architetto per formazione e designer per passione, ha messo alla nuova bottiglia l’abito buono, quello della cresima. L’ha rivestita, come in un abbraccio ideale, con una fitta trama di triangoli e cerchi. Per i suoi primi 80 anni si è fatta più luminosa, ma anche “più rossa”, come dicono in Casa Campari. Incidentalmente è anche più funzionale rispetto alla precedente versione.

Una presa più sicura

«La bottiglia conica è la cosa meno ergonomica che ci sia. Rischia di scivolare ogni due per tre. La nuova texture, fatta di sagome geometriche in rilievo, che ora riveste il primo aperitivo pronto della storia, fornisce sicuramente maggiore presa». Il barista tiri un sospiro di sollievo. Non sarà la solita la bottiglia bella e impossibile.

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