Il valore di essere al posto giusto

Studiare i flussi della clientela e i suoi orari. Analizzare la concorrenza e soprattutto calcolare la sostenibilità dell'investimento sul medio termine. L'analisi della locxation richiede un approccio scientifico

L’avvio di un’attività nel settore bar-caffetteria ha nella scelta della location, intesa come località, area, posizionamento, dimensioni, una delle operazioni più strategiche a livello imprenditoriale: la fortuna o la sfortuna del locale dipenderanno in gran parte da questa decisione. Prima di fare qualsiasi passo è importante sapere cosa si vuole avviare e definire il concept in cui si riassumono le competenze e le aspirazioni del titolare.
Nel caso di un locale di servizio focalizzato sulla colazione o il pranzo, è strategico il posizionamento in una zona di grande passaggio con parcheggio vicino e una buona visibilità.
L’impostazione deve poi fare i conti con l’analisi della concorrenza (quanti locali ci sono in zona e qual è la loro offerta), della vocazione della zona (turistica, residenziale, con numerosi uffici, ad alta densità di servizi, zona pedonale), di chi la abita e la frequenta sia per fascia economica, sia per composizione demografica. Prima di firmare un contratto di affitto, il consiglio è di studiare meticolosamente il locale, guardandolo con l’occhio di chi sa cogliere i pregi ma anche i difetti, trascorrendo più giornate a valutare i flussi delle persone che passano, quante sono, in quali orari sono più numerose, a che velocità passano. «La location è la quinta gamba del “tavolo” che sorregge un locale insieme a concept, prezzo, prodotto e personale - afferma Luciano Sbraga, direttore dell’ufficio studi Fipe -: tutte devono essere coerenti tra loro. L’alto tasso di cessazioni nei primi anni evidenzia che si fanno tanti errori di avviamento. Bisogna considerare i costi (l’affitto non dovrebbe incidere più dell’8-10% sul fatturato), ma anche ragionare sulla capacità della location di attrarre: se apro un bar che lavora sul pranzo in un’area residenziale, probabilmente sbaglio concept, se lo faccio in una zona direzionale funzionerà: la domanda di pasti fuori casa sarà elevata».

L’opzione specialty
Chi vuole contare su un gioco di squadra può rivolgersi a un franchising o a un accordo di gentlemen’s agreements (si fonda sulla fiducia che intercorre tra le parti che li stipulano): in questi casi il gestore sarà sostenuto e indirizzato in ogni fase di vita del locale.
Cambia, invece, completamente la prospettiva quando si pensa di aprire un locale che offre un percorso esperienziale, come caffetterie che offrono caffè di qualità (in alcuni casi solo specialty) e micro roastery. La clientela più aperta a questi prodotti è quella straniera o giovane, luoghi con una buona presenza di turisti e vicino alle università sono da privilegiare. Per avviare questo tipo caffetterie è fondamentale un imprenditore che conosca a fondo il prodotto, ma soprattutto che sappia comunicare e trascinare con il suo entusiasmo il cliente in un cammino di conoscenza. Se ben gestita e comunicata la particolarità di questa offerta sarà in grado di attirare clientela non solo di vicinanza, anche in location decentrate. A oggi questi locali in Italia sono pochi: prima dell’apertura, una visita a quelli già aperti dà modo di confrontarsi e di comprendere le dinamiche di questa offerta e fare rete. Anche a fronte di una qualità superiore, pochi azzardano un ritocco del prezzo della tazzina, dunque la presenza di una proposta food, magari limitata nell’offerta ma di qualità, è importante per “fare cassa” e per calamitare una più ampia fetta di pubblico. L’auspicio di molti è che la prossima apertura a Milano di Starbucks, i cui prezzi sono mediamente più alti rispetto agli standard italiani, consenta di far accettare alla clientela un aumento del prezzo dell’espresso per fare infine comprendere il giusto valore del caffè. Per una caffetteria “third wave” è, dunque, consigliabile un locale di dimensioni ridotte, essenziale e con poco personale al fine di ridurre i costi gestionali e affrontare senza problemi una fase di avviamento probabilmente più lunga dei locali commerciali tradizionali. Per questi ultimi, in particolare, oltre al luogo e al tipo di locale ci sono da fare altre due selezioni: quale caffè offrire e come scegliere il personale che lavorerà al banco. È evidente che il gestore debba scegliere un torrefattore con un’offerta in linea con le aspettative del locale. Invece del “cosa mi dai” (nessun imprenditore regala macchine e tazzine: ciò che si riceve si ripaga abbondantemente con il costo del caffè), il barista deve valutare bene la qualità del caffè (quanti rappresentanti lo conoscono davvero?), il servizio e soprattutto la formazione. Sotto questo profilo, corsi di poche ore si rivelano più che altro delle operazioni di marketing che momenti che preparano alla professione. È, dunque, importante, individuare un interlocutore serio e un percorso di ampio respiro, da proseguire anche successivamente all’apertura, in base alle necessità del momento. Anche il personale va selezionato con un anticipo: ha un posto importante nel successo del locale, dunque deve essere competente e deve saper vendere. Seguire dei corsi lo prepara e lo gratifica. Se il locale si trova in una posizione di grande passaggio o in un centro commerciale è importante creare una squadra affiatata. Anche su questo tema ci sono corsi specifici, troppo spesso trascurati; ma lavorare male costa più fatica, non soddisfa il cliente e il suo giudizio negativo si riflette sul barista, che può addirittura diventare il peggiore “concorrente” del locale.
A proposito: sono importanti le osservazioni della clientela che confermano l’impostazione o suggeriscono modifiche da tenere in considerazione, introducendo nuove merceologie e servizi e apportando piccole “rivoluzioni” in corsa: meglio stupire piuttosto che perdere utenza.

Fare e far sapere
Un’altra “gamba” indispensabile è il marketing. Ad esempio, il titolare sceglie di offrire solo prodotti km 0, di rivolgersi a una particolare clientela o di variare l’offerta nell’arco della giornata? Lo deve fare sapere con testi e immagini all’interno e all’esterno del locale; i social (primo tra tutti Facebook) sono importanti per comunicare la vita e le novità del locale agli iscritti al network, che sono lo “zoccolo duro” da attirare e fidelizzare. Non tutti hanno il computer, dunque via alle comunicazioni cartacee, con lettere di presentazione, comunicazioni e inviti da distribuire nel quartiere; gli uffici si possono raggiungere via mail inviando, ad esempio, il menu del giorno. E se dopo tanto impegno proprio l’attività non funziona? Quando si sbaglia la location bisogna capire se è opportuno individuare un concept più a misura della potenziale utenza o se abbandonare il campo e cercarne uno nuovo, valutando con maggiore attenzione ogni aspetto e non ripetere gli stessi errori. Ma anche l’idea potrebbe non essere quella giusta: non si può andare contro il mercato.

 

Foto: courtesy Federica Di Giovanni

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