Il bar diventa laboratorio di ricerca

Protagonisti –

A Firenze due giovani dalle spalle larghe hanno aperto il Bitter Bar. La particolarità di questo locale risiede sia nell’attenzione rivolta a ciò che ha fatto storia nel mondo dei bar sia in quella rivolta all’innovazione

Da metà marzo a Firenze un nuovo spazio, il Bitter Bar, ha aperto i battenti scompaginando le carte. È un locale rétro per l’arredamento e l’ambientazione. Vintage anche nelle divise, create su ispirazione delle linee in voga agli inizi del ’900, con cui i due titolari accolgono gli ospiti.
A ideare e condurre il ballo, due giovani maturati in fretta: Cristian “Johnny Cannuccia” Guitti e Gerardo “Gerry” Callipo i quali, dopo anni trascorsi in locali esteri e italiani, hanno deciso di aprire in proprio. Il Bitter Bar si trova in pieno centro storico di Firenze, a pochi passi da piazza della Signoria all’interno dell’Hotel Borghese Palace. «È stata per noi una fortuna poter trovare un bar già allestito. Abbiamo potuto così arginare le spese di start up e concentrarci su tutto il resto». La particolarità di questo locale risiede sia nell’attenzione rivolta a tutto ciò che ha fatto storia nel mondo dei bar, come le tecniche di miscelazione o alcuni cocktail dalla lunga tradizione, sia in quella rivolta all’innovazione che trova ampia ispirazione nella cucina molecolare, di cui Callipo e Guitti sono appassionati conoscitori: «Siamo andati a lezione di cucina perché crediamo che da questa materia, così ampia ed estrosa, si possa trarre il massimo per creare novità e attuare rivisitazioni nelle preparazioni anche più classiche».

Avanzi buoni per le guarnizioni

Davvero infiniti gli ingredienti utilizzati per creare ricette fuori dal comune: si va dalla frutta disidratata, che consente di far buon uso degli avanzi (la frutta già tagliata, per esempio, e avanzata dalla sera precedente, può essere messa in forno ed essiccata per creare intriganti decorazioni), a spezie di vario genere come il pepe elettrico cinese, o quello di Sechuan, fino a tè di ogni tipologia, come quello affumicato. Il menù presentato al cliente è un vero e proprio viaggio nella storia: s’inizia con i Martini Cocktail proposti in stravaganti versioni come l’utilizzo, nel Fake Martini, di vodka infusa al ginepro, oppure di mango marinato nel vermouth bianco al sesamo (Endiaha) o, ancora, di liquore alle prugne (Hokkaido). Si passa poi al Twist on Classic, i classici del bere miscelato con rivisitazioni esclusive, fino a arrivare ai cocktail da barchef con presentazioni bizzarre anche per ciò che riguarda i bicchieri.

Coppette scovate nei mercatini

Perché al Bitter Bar anche i bicchieri parlano della storia del mondo del bar, grazie all’utilizzo di pezzi unici recuperati in mercati dell’antiquariato in giro per il mondo. Tra i più richiesti, nella categoria Barchef Cocktail, c’è il Give Me More a base di lamponi freschi, dove si incrociano due tecniche della cucina molecolare: more flambate con un caramello al Campari e una spuma al lytchee. Il sifone è un elemento focale nelle preparazioni del duo Guitti e Callipo: con esso, infatti, riescono a ottenere preparazioni di rapida esecuzione e di effetto.

Dessert nella lista dei cocktail

Grazie all’utilizzo del sifone è nata la sezione degli Homemade Dessert, spume in versione alcolica e analcolica. Si va dal Whisky Wonka con whisky, cioccolato al latte e cannella, al Profondo Rosso con lamponi freschi, crema di lytchee, limone e zucchero, fino al Milf, con marmellata di fichi e mascarpone. Anche i più piccoli, o, come scritto sul menù, il bambino che è in ognuno di noi, hanno l’attenzione che meritano: proprio a loro, infatti, sono dedicati i Bitter Cocktails, proposte analcoliche lontane dalla banalità come il Chinese Pot con frutto della passione, miele, tè nero cinese Lapsang Souchong, succo di ananas e succo di limone.
A completare la ricca proposta i Tiki cocktail, ispirati alle atmosfere esotiche delle isole polinesiane dell’Oceano Pacifico portati alla ribalta, come spiegato nel menù che rivela essere un Bignami della storia dei cocktail, da Donn the Beachcomber e dal suo rivale Trader Vic negli Stati Uniti a partire dagli anni Trenta. Spicca tra questi, per fantasia e ricchezza di accostamenti, la rivisitazione Mai Dire Tai a base di rum, con succo di ananas, zenzero, succo di lime, bitter al pompelmo e rosmarino. Esperienza e bravura che si possono apprezzare nel bicchiere, quelle di Guitti e Callipo, e confermate anche grazie alle vittorie sia nella selezione nazionale sia nella classifica europea a squadre della Rose’s Cup. Entrambi hanno presentato due specialità fuori dall’ordinario. Ricette ispirate alla cultura esotica, alle lezioni di food pairing, agli organic cocktail e, perché no, al filone farm to glass. I due cocktail, diversi e vincenti, che hanno spiazzato la giuria della Rose’s Cup sono il Green Hornet a base di vodka con rondella di limone essiccato, Sugar Cane Rose’s, succo di limone, centrifuga di sedano e un top di ginger beer presentato da Guitti e il One night in Bangkok di Gerardo Callipo ispirato alla cucina tailandese, fatto con vodka, Coconut Rose’s, succo di lime, centrifuga di carota e di peperone giallo. Il tutto guarnito con cocco, menta, carote e ciliegia al maraschino.

Tromba che passione

La proposta della squadra del Bitter Bar non si esaurisce nelle buone miscele, ma prevede anche momenti a cadenza settimanale dedicati alla musica live e ai dj set. Il direttore artistico è lo stesso Cristian Guitti, abile con lo shaker e con la tromba. Dice: «La selezione musicale è in sintonia con l’immagine del locale. Variamo in una gamma ristretta e colta: dal tango argentino con gruppi come il trio Que Tango al jazz anni del periodo del Proibizionismo suonato dagli Swing Diable».

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