Brand policy anche per i vini

Strategie –

Confronto aperto con Davide Mascalzoni, direttore generale Gruppo Italiano Vini, sul futuro del vino. Tra le strade da battere la politica di marca

Calo dei consumi sul mercato interno, aumento dei prezzi all’origine e conseguente rincaro sui listini, maggiore concorrenza sui mercati esteri: il vino vive una fase interlocutoria. Ne parliamo con Davide Mascalzoni, direttore generale Gruppo Italiano Vini, al primo posto per fatturato e tra le prime aziende nel mondo, con 15 cantine all’attivo e un fatturato consolidato di 368 milioni di euro per l’anno 2011 per 105 milioni di bottiglie prodotte e commercializzate.

Stando all’ultimo rapporto BMps e Ismea, se negli anni 70 ogni italiano beveva oltre 100 litri, ora il consumo pro capite si attesta tra i 35 e i 37 litri. Cause e rimedi secondo Giv?

Il calo cui abbiamo assistito dagli anni 70 fino al 2000 è stato ampiamente digerito: siamo passati dai 100 litri, destinati per la maggior parte all’alimentazione, ai 45-50 consumati per piacere. Il che a ben vedere ha rappresentato un’evoluzione positiva. Più preoccupante è invece la perdita dei 10 litri pro capite degli ultimi anni: siamo sessanta milioni in Italia e in termini di volumi pesano parecchio. Sulle cause, occorre fare dei distinguo. Sicuramente in prima battuta hanno influito le campagne anti alcol e il conseguente sviluppo di un modello di bere responsabile, che è cosa buona e giusta. Vero è che in seguito a influire è stata la crisi dei consumi e in generale la spirale negativa di pessimismo che avvolge i consumatori.

Relativamente alle prospettive per il 2013, le risposte del campione dell’Osservatorio di Banca Mps evidenziano, per il fatturato, attese di risultati migliori rispetto all’anno precedente (per il 66%). Concorda?

Confermo l’attesa di risultati migliori, ma temo una perdita di marginalità. Sul 2013 peseranno ancor più rispetto al 2012 il calo dei consumi domestici, l’ulteriore riduzione del potere d’acquisto, la diminuzione della materia prima e il conseguente aumento dei prezzi all’origine (+13,8% per i vini a denominazione, ndr), che non si riuscirà a recuperare per intero sui listini di vendita. La vera sfida sarà quella di valorizzare bene i nostri vini, in un contesto come quello mondiale, in cui per la prima volta la domanda supera l’offerta. In tale contesto Giv si è dato due obiettivi importanti: creazione di valore sulle marche e ulteriore rafforzamento della penetrazione commerciale e distributiva.

Già, ma come la mettiamo con l’aumento Iva, l’articolo 62 e la nuova direttiva comunitaria 2011/7/Ue sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Quali le prime reazioni?

Su novembre 2012, il primo mese di entrata in vigore dell’articolo 62, abbiamo registrato un calo dei volumi del 20% on trade. Per contro a ottobre avevamo assistito a una crescita degli ordini proprio in previsione dell’inasprimento dei tempi di pagamento. L’auspicio è che si tratti di reazioni a caldo.
Certo, considerata la difficile situazione, è impensabile sperare in un deciso cambiamento di rotta. Da parte nostra stiamo verificando ogni diretta possibilità per gestire la nuova situazione che si è venuta a creare, ad esempio cercando di ridurre gli ordini minimi e i tempi di consegna. Riteniamo strategico continuare a lavorare su vini con un rapporto qualità prezzo buono in un contesto in cui il cliente gradirebbe, se avesse la capacità di spesa, bere bene.

Come siete organizzati dal punto di vista commerciale e come venite incontro alle esigenze del gestore?

Con una rete di vendita capillare e diversificata, organizzata per canale di vendita - sia nell’on trade sia nell’off trade- il Giv adatta la propria offerta alle varie esigenze del mercato. In particolare, l’horeca è presidiata con un direttore vendite e sette capiarea che coordinano 200 agenti plurimandatari. Le vendite all’estero sono curate da quattro responsabili che attraverso società di importazione indipendenti o controllate seguono le commercializzazione delle marche del Gruppo nei diversi mercati a loro assegnati. In alcuni mercati chiave il Gruppo Italiano Vini ha acquisito il controllo di società di importazione di grande rilievo.

Lambrusco o Champagne al bar?
Ci metto del mio e dico Lambrusco, recente scoperta personale (sono un veronese doc!), dopo l’acquisizione da parte del Gruppo di Cavicchioli nel 2011. Sembro di parte? In realtà ritrovo questo stesso entusiasmo ovunque vengano proposti vini come il Rosé del Cristo. In Italia e all’estero. Così c’è grande attesa a New York per il lancio ufficiale della Cavicchioli in febbraio.

Cosa ne pensa dei vini low alcol?

Ai vini dealcolizzati preferiamo vini naturalmente leggeri come Dieci, il brand che identifica due tipologie di vino, Bianco e Rosé, prodotte da Lamberti. Per amore di cronaca confesso che l’adesione al progetto è stata inferiore alle aspettative. La sensazione è che, nonostante le alte gradazioni siano apprezzate solo per certi vini, al di sotto di una certa gradazione non si possa scendere. E i 10 gradi costituiscono, manco a dirlo, questo limite.

Grand Cru Chardonnay Sicilia Igt 2010 Rapitalà, Sfursat 5 stelle Sforzato di Valtellina Docg 2009 Nino Negri e Vigna del Cristo Lambrusco di Sorbara Doc 2011 Cavicchioli sono i vincitori dei 3 bicchieri. Quanto contano i riconoscimenti delle guide nell’era di Internet e dei social?
Continuano a contare, anche se sempre meno in Italia: sono un barometro per il gestore e motivo di orgoglio per la cantina per gli sforzi profusi.

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