Entering Red, cine-viaggio dentro il rosso Campari

Ritornano i Campari Red Diaries, edizione 2019. Protagonista Entering Red, cortometraggio enigmatico interpretato dall’attrice di fama internazionale Ana de Armas (Blade Runner 2049) e dall’attore italiano Lorenzo Richelmy e diretto da Matteo Garrone, due volte vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes e quest’anno designato a rappresentare l’Italia nella corsa all’Oscar con Dogman. Il nuovo cortometraggio sarà il perno di una più ampia campagna di comunicazione integrata che sarà implementata nel corso del 2019: il film non solo racconta una vicenda intrigante, ma è anche un’ode al celebre Negroni, cocktail simbolo di Campari, che proprio l’anno prossimo festeggerà il suo centenario. 

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    Anche quest’anno, tante le sorprese: il cast prevede infatti i cameo di una crew di influencer internazionali e dei “Red Hands” di Campari, sei dei migliori bartender del mondo. A rappresentare l’Italia Tommaso Cecca, bar manager del Camparino in Galleria. Nel cortometraggio è prevista anche la partecipazione di un altro giovane attore italiano, Cristiano Caccamo che accompagnerà Campari nella comunicazione del progetto Red Diaries 2019 in Italia. Bob Kunze-Concewitz, chief executive officer di Campari Group, ha così commentato l’iniziativa: «I nostri cocktail non sono semplici drink: ciascuno racconta una storia. Quest’anno vogliamo celebrare il Negroni. Nel 2019, anno del suo centenario, Campari Red Diaries farà vivere il cocktail sullo schermo accompagnando gli spettatori in un viaggio dentro il rosso. Il celebre drink, di cui Campari è un elemento fondamentale, ha una grande tradizione e sarà una sorpresa vederlo prendere vita grazie allo spiccato talento di Ana de Armas e Matteo Garrone,ma anche dei bartender e dei sostenitori di Campari di tutto il mondo». La première e il red-carpet di Entering Red si terranno nella città natale di Campari, Milano, il 5 febbraio 2019, in concomitanza con il lancio digitale in tutto il mondo. Il cortometraggio sarà disponibile sul canale ufficiale YouTube di Campari.  C.B.

Terrazza Molinari “veste” una sea lounge con vista

Al sesto piano del boutique hotel The First Roma in via del Vantaggio, la terrazza Acquaroof, costola dello stellato Acquolina, diventa Terrazza Molinari. Simbolo dell’imprenditoria liquoristica laziale, famoso in tutto il mondo per la sua sambuca, Molinari era alla ricerca di uno spazio nel centro storico della capitale, che potesse considerare come casa propria e ha scelto di puntare su Acquaroof e sulla barmaid Valeria Bassetti. Dal canto suo Valeria ha accettato di diventarne bar manager per una promessa fatta ad Alessandro Narducci, il giovane chef di Acquolina tragicamente scomparso in un incidente stradale a soli 29 anni lo scorso giugno. E mentre Angelo Troiani, mentore di Narducci, ha ripreso le redini delle cucine di Acquolina e Acquaroof, a Valeria Bassetti veniva affidato il compito di creare una carta dei drink con un tocco marino. Acquaroof è stato infatti pensato come una Sea Lounge, dove si possono degustare le gocce, ovvero piatti che attingono alla tradizione e che puntano sulla materia prima, prevalentemente di mare, esaltata da minime manipolazioni. E poi c’è l’abbinamento con i drink di Valeria e del suo team, con tanto di contaminazione estrema nei #Foodrink, in cui l’elemento food è letteralmente immerso nel drink o l’elemento alcolico diventa alimento, magari sotto forma di una spuma su un’ostrica.

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    Il risultato è una carta che si presenta come un suggestivo percorso per mari, tra miti e leggende, in cui i protagonisti principali sono i prodotti della gamma Molinari reinterpretati in chiave inedita e originale (non solo sambuca, ma molti distillati in distribuzione come il gin The Botanist, i Cognac della linea Rémy Martin, i whisky scozzesi Bruichladdich e così via). Con un occhio all’ecosostenibilità, che passa dall’utilizzo di cannucce compostabili e dal sostegno di un’associazione che si occupa della pulizia della plastica dai mari, grazie al ricavato delle vendite del drink “Aka message in a bottle”. A.T.

La pasta senza uguali di Scarello e Servida

Nel menu delle feste i tortellini in brodo non possono mancare. Però, Natale è anche tempo di sorprese, in tavola come sotto l’albero. Così, per dare ai ristoratori qualche idea in più su come usare in maniera innovativa le referenze della linea di pasta fresca surgelata Divine Creazioni, Surgital ha chiesto allo chef pluristellato Emanuele Scarello e al pastry chef Alessandro Servida di creare nove piatti per le prossime feste, raccolte nel ricettario Christmas Carols.

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    Alcune delle ricette, inoltre, sono state protagoniste dell’ultima tappa del MasterShow La Pasta senza uguali, che si è svolta a metà novembre a Verona, dove gli invitati hanno potuto assistere dal vivo alla preparazione di un vero e proprio menu delle festeHa dato il via allo showcooking Emanuele Scarello, con gli Strichetti aglio, olio in polvere e peperoncino: una raffinata variazione sulla semplicissima ricetta della tradizione. Tradizione che, sottolinea Scarello, è sempre stata il punto di partenza della sua ispirazione. Lo chef friulano ha poi cucinato Il mio Friuli: raviolotti di polenta e Montasio. La pasta ripiena è condita con la morchia, una salsa friulana della tradizione a base di farina di mais integrale, semi di girasole e burro, ed impreziosita dal tartufo nero. Infine, Scarello ha presentato Un Tortellino alla moda di Bologna quasi in brodo, servito al cucchiaio: la rivisitazione di un super classico. Alessandro Servida ha dimostrato come alcune specialità della linea Le Divine Creazioni possano trovare impiego anche in proposte dolci. I Bauletti con ricotta di pecora e pistacchi di Sicilia sono stati interpretati in versione dessert abbinandoli a crema cheesecake a base di ricotta, cubetti di gelatina montata al mandarino e salsa al mandarino. I Quadrelli di cacao con scorza di arancia sono invece stati serviti con una crema leggera al cioccolato, crumble al cacao e salsa d’arancio. La linea Divine Creazioni è caratterizzata da pasta ripiena surgelata, preparata con ingredienti D.O.P. e combinata in abbinamenti ricercati e racchiusi in una sfoglia realizzata con una maggior quantità di uova rispetto alle paste ripiene classiche. Sempre diversa nella forma da pezzo a pezzo, è ideale per conferire ai piatti un carattere di artigianalità. F.F.
  • La ricetta di Emanuele Scarello

    Un tortellino quasi in brodo

    Ingredienti
    (per 6 persone)
    18 Tortellini alla moda di Bologna
    Divine Creazioni di Surgital

    Gel di aceto di sambuco:
    100 g aceto di sambuco
    1,2 g agar agar
3 g gelatina vegetale
    80 g zucchero
    12 g sale
    60 g acqua

    Carote agrodolci:
    6 carotine
    100 g aceto bianco
    100 g acqua
    100 g zucchero
    10 g sale
    germoglio di prezzemolo

    Procedimento
    Per il gel scaldare l’aceto di sambuco e quindi unire le polveri, portare ad ebollizione. Far gelificare per una notte quindi con l’aiuto di un minipimer ottenere una consistenza liscia. Conservare in frigorifero.
    Per le carote sciogliere lo zucchero in acqua calda, unire l’aceto e il sale. Affettare finemente le carote per il senso della lunghezza, scottarle velocemente in acqua salata, quindi tuffarle nella soluzione agrodolce e lasciarle raffreddare.
    Cuocere i Tortellini in abbondante acqua salata, scolarli e asciugarli su un panno in cotone, adagiarne tre su un cucchiaio e completare con una punta di gel di sambuco, una lamella di carota e alcuni germogli di prezzemolo

  • La ricetta di Alessandro Servida

    Quadrelli di cacao con scorza di arancia
    con crema leggera e salsa d’arancio

    Ingredienti
    (Dosi per un piatto)
    3 Quadrelli di cacao con scorza d’arancia
    Divine Creazioni di Surgital

    Crema leggera al cioccolato:
    300 g panna fresca
    25 g zucchero invertito
    300 g cioccolato fondente 55%
    325 g panna fresca

    Crumble al cacao:
    150 g burro freddo a cubetti
    150 g zucchero di canna
    115 g farina
    25 g cacao
    150 g polvere di mandorle
    2 g sale

    Salsa d’arancio:
    125 g gelatina neutra
    75 g succo d’arancia

    Procedimento
    Crema leggera al cioccolato:
    Scaldare la prima parte di panna con lo zucchero invertito. Versare sul cioccolato e mixare con un mixer a immersione. Inserire la seconda parte di panna fredda e mixare di nuovo, far stabilizzare in frigorifero sei ore prima di utilizzare.

    Crumble al cacao:
    Mettere tutti gli ingredienti in planetaria munita di foglia e impastare. Quando l’impasto risulta omogeneo, passarlo al setaccio per creare delle briciole, mettere in freezer per due ore. Cuocere a 165 °C per 20 minuti circa.

    Salsa d’arancio:
    Unire i due ingredienti e mixare.
    Cuocere i Quadrelli di cacao in acqua leggermente salata. A parte montare in planetaria la crema leggera al cioccolato e metterla in un sac à poche. Inserire al centro del piatto della salsa d’arancio e sovrapporre tre quadrelli al cacao. Con il sac à poche, creare ciuffi con la crema leggera al cioccolato.
    Mettere un po’ di salsa sopra i Quadrelli di cacao e qualche briciola di crumble.
    Ultimare il piatto con una spolverata di zest d’arancia.

Elias Läderach è il nuovo re del cioccolato

Dalla finale di Parigi della massima competizione del cioccolato, gli World Chocolate Masters organizzati da Cacao Barry, è uscito il nome dello svizzero Elias Läderach. È lui il vincitore dell’edizione 2018 (31 ottobre – 2 novembre): ha primeggiato fra i 20 colleghi giunti da tutto il mondo per contendersi il titolo di Campione del mondo, lo stesso conquistato nel 2013 dal nostro Davide Comaschi. Läderach ha 29 anni ed è pastry chef della azienda di famiglia specializzata nel settore della produzione di cioccolato di qualità, la Confiseur Läderach. Sul podio dei World Chocolate Masters 2018, accanto a Läderach (vincitore con 552 punti) sono saliti Yoann Laval (529 punti), ventiseienne chef chocolatier francese della cioccolateria Delices Des Sens di Lione, e Florent Cheveau (517 punti), trentaseienne nato in Francia ma operativo negli Stati Uniti, executive pastry chef al MGM Grand Hotel & Casino di Las Vegas.

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    Nel corso dei tre giorni della finale, svoltasi nell’ambito del Salon du Chocolat, i maestri cioccolatieri hanno affrontato diverse prove. Il primo giorno hanno dato sfoggio di creatività e tecnica con una scultura artistica e una “travel cake” al cioccolato. Il secondo giorno è stata la volta di uno snack, di una futuristica barretta di cioccolato (il tema filo conduttore era proprio il consumo del futuro) e della pralina. Il terzo giorno, i 10 finalisti che hanno superato le prime prove si sono sbizzarriti con pasticceria fresca e con la scultura artistica sul tema “City of Tomorrow”. «Un dipinto in 3D che raffigura una sofisticata interazione tra il movimento delle foglie della natura e il silenzio dell’essere interiore della donna. Riflette a pieno la mia passione e il mio amore per il cioccolato», ha detto Läderach raccontando la sua opera.La giuria, presieduta da Frank Haasnoot, Cedric Grolet e Naomi Mizunoe composta da noti professionisti del mondo della pasticceria, inclusa la pastry chef italiana Loretta Fanella, lo aveva già gratificato con le vittorie “di tappa” per la prima scultura, lo snack, le praline e il chocolate design. Allo svizzero è andato anche il premio della stampa, assegnato da 40 giornalisti. Particolarmente apprezzata la sua pralina Urban leaf, con polpa di mandarino e citronella, e una ganache Cacao Barry Or Noir Urban Leaf 69,8% e Cacao Barry Alunga 41%, con base croccante preparata con Praliné 55% Noisettes Piémont, Alunga e polvere di semi di guaranà. Speciale anche lo snack: confezione in gusci di cacao biodegradabile con all’interno un dolce a base di spuma al cioccolato e yuzu abbinata a un sablé con erba di grano, un croccante alla mandorla e tuille di cereali; in abbinamento, una bevanda fresca con polpa di guava, mango, curcuma e yuzu. E.B.

I giovani pasticceri si sono messi in gara

Il 21,22 e 23 novembre sono stati tre giorni particolarmente intensi all’Istituto Alberghiero Pellegrino Artusi di Riolo Terme (Ra), che ha ospitato la seconda edizione del Campionato nazionale di pasticceria Istituti Alberghieri d’Italia. Una manifestazione nata su iniziativa dell’istituto ravennate, uno dei più accreditati e ben organizzati della zona. Sono stati ben 30 gli istituti alberghieri da tutta Italia che si sono candidati alla competizione, ciascuno con un team di due studenti che dovevano preparare sul posto e presentare alla giuria due elaborati incentrati sul tema del caffè: una pièce artistica e una torta moderna. A giudicare i lavori dei ragazzi, la giuria composta da professionisti e rappresentanti della Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria FIPGC, sotto la guida di Matteo Cutolo.  «Lo svolgimento del Campionato nella nostra sede – spiega il professor Marco Feruzzi, fra gli organizzatori della gara, fortemente sostenuta dal dirigente scolastico Iole Matassoni e da tutto lo staff della scuola – è dovuto al fatto il nostro istituto ha vinto la prima edizione della sfida lo scorso anno, e quindi toccava a noi ospitare l’evento. Una vittoria a sorpresa, la nostra, visto che nel programma didattico non avevamo nemmeno corsi specifici sulla pasticceria, che verranno istituiti dal prossimo anno».

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    Tant’è, i campioni di Riolo hanno ceduto lo scettro della vittoria all’IIS Adriano Tilgher di Ercolano (Na), che con Cristian Beducci e Simona Liberini si sono aggiudicati il primo premio. Subito a ruota l’IIS Giolitti Bellisario Paire di Mondovì (Cn) rappresentati da Rachele Passone e Sophie Bruno, mentre al terzo posto si sono piazzati Ermes Cavallon e Sara Bressan per l’IIs Jacopo da Montagnana (Pd). A Matteo Cutolo, presidente della giuria, abbiamo chiesto un commento a caldo sugli elaborati in gara: «Sono tutti ragazzi giovanissimi, c’era anche una concorrente di solo 15 anni, ma li abbiamo trovati preparati e capaci di lavorare con precisione e pulizia, parametri importanti in ogni gara che si rispetti. Rapportati alla loro età ed esperienza, abbiamo visto dei validi elaborati nelle pièce, dove i concorrenti hanno utilizzato tecniche anche abbastanza complesse: ad esempio i ragazzi di Montagnana che hanno utilizzato la tecnica di colare il cioccolato nel ghiaccio per ottenere un effetto particolare per la base della loro pièce. C’è poi chi è stato capace di ottenere colorazioni molto lucide e di effetto oppure usare la tecnica della chablonatura per dare un effetto vellutato alla torta…Quindi nel complesso sono stati in gamba, hanno dimostrato un buon livello tecnico, soprattutto sul cioccolato e nella capacità di dare un giusto equilibrio alle loro torte al caffè». Buone premesse per veder crescere una nuova leva di pasticceri. M.B.

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I giorni di competizioni

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Gli studenti in gara

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Gli istituti alberghieri partecipanti

Duecento “toques blanches” a convegno

Erano oltre 200 le “berrette bianche” Apci (Associazione Professionale Cuochi Italiani) che si sono riunite a Rimini il 19 e 20 novembre per il 21° congresso dell’associazione. Un’occasione di incontro incentrata su aggiornamenti professionali, seminari, dimostrazioni e coronata dal momento più importante ed emozionante per i cuochi dell’associazione: il conferimento dell’onoreficenza professionale alla carriera “Les Toques blanches d’honneur”: Bronzo per gli associati da 5 anni, Argento per quelli da 15 anni, Oro per quelli da 20 anni e infine Platino, per gli appartenenti da 30 anni ad Apci.

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    L’incontro, i seminari e le degustazioni si sono svolte nella comunità terapeutica di recupero dalle tossicodipendenze di San Patrignano, che festeggia i 40 anni dalla fondazione. Una sede scelta per dare la possibilità agli chef Apci di vivere un’esperienza di altissimo contenuto umano. Per capirne il valore sociale, basti dire che, dal 1978 a oggi, nella comunità fondata da Vincenzo Muccioli sono state accolte oltre 25.000 persone, offrendo loro una casa, l’assistenza sanitaria e legale, la possibilità di studiare, di imparare un lavoro, di cambiare vita e di rientrare a pieno titolo nella società. Il congresso nazionale è stato coronato dalla cena di gala tenuta al Grand Hotel di Rimini, mitico albergo amato da Federico Fellini e da tanti personaggi del jet set. Nel corso dell’evento la direttrice dell’associazione Sonia Re e il presidente Roberto Carcangiu hanno illustrato novità e programmi. Fra queste, il passaggio del testimone da Giorgio Perin a Luca Malacrida come capitano del team Apci Chef Italia. Sono state anche annunciate le 8 tappe del nuovo Giro d’Italia Apci, iniziativa intrapresa ormai da anni con lo scopo di mettere in contatto i produttori, i distributori, gli chef e i gestori di locali, insomma tutti gli attori della filiera (prima tappa prevista per il 18 marzo, ancora con sede da definire). Altro appuntamento importante nel calendario Apci sarà in Bit a Milano (10-12 febbraio), quando andrà in scena Le Strade del Gusto, showcooking dall’Italia e dal mondo. E, il prossimo ottobre, l’associazione metterà in campo a Host un programma giornaliero incentrato su tutte le declinazioni della ristorazione professionale. M.B.

    Foto Simonetta Castellazzi

Dal foodtruck alla zona Isola, Porcobrado arriva a Milano

Porcobrado sbarca a Milano in via Jacopo Dal Verme 17. Il prodotto principe? Un panino speciale che ne porta il nome, farcito di fettine, pezzetti e sfilaccetti di spalla di maiale di Cinta Senese, cotta, marinata e affumicata con legno di melo e ciliegio, il tutto esaltato da una salsa home made e dal pane realizzato con grano antico macinato a pietra, impastato solo con lievito madre naturale e poi spianato a mano e venduto al prezzo di 9 euro. Porcobrado nasce grazie a un’idea di street food gourmet e dalla volontà di due soci, Laura Stano e Pasquale Nastri, alla ricerca di una nuova sfida: portare nel cuore pulsante di Milano un foodtruck già in grado di conquistare premi e, cosa più importante, migliaia di clienti in tutta Italia e non solo.

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    Ed è così che il foodtruck di Porcobrado, premiato come “Best Sandwich” ai The European Street Food Awards 2017 a Berlino si ferma in zona Isola, il quartiere più dinamico di Milano, per lasciare spazio a tavoli, sedie, sgabelli e bancone. Nel locale vengono serviti solo prodotti 100% made in Toscana, più in particolare nelle colline intorno a Cortona. Qualche esempio? Il Tarese, un salume antico tipico della provincia di Arezzo: una variante della “pancetta” dalle dimensioni inusuali che si caratterizza per un sapore pronunciato e persistente, ma, allo stesso tempo, più fine e delicato rispetto ad altri salumi di simile fattura. Oppure il Prosciutto di Cinta Senese caratterizzato dalla sua carne salda e di colore rosso bruno e dal grasso bianco avorio o appena rosato, quello di Porcobrado viene stagionato da 24 a 48 mesi e impreziosito da una leggerissima affumicatura donandogli un sapore sapido e deciso, adatto ad essere degustato senza alcun accompagnamento se non il pane. Il core business di Porcobrado sono indubbiamente affettati e insaccati ma i proprietari hanno pensato anche a quei clienti che non mangiano ne carne ne derivati, inserendo nel menu la Carne di grano brado ottenuta dal glutine di grano impastato con farina di legumi e adatta ad una dieta vegetariana o vegana. A garanzia della qualità dei prodotti, un unico fornitore che si impegna a garantire un canale diretto senza interruzioni dall’allevatore fino al consumatore, Angelo Polezzi e la sua Azienda Agricola Borgonovo, presso la quale i maiali di Cinta Senese, unica razza di suino nero a fregiarsi del marchio Dop in Europa, vivono e crescono allo stato brado. Per la preparazione della carne da Porcobrado vengono impiegate tra lavorazione e fasi di riposo ben 100 ore: la Cinta viene inizialmente affumicata con legna da frutto, poi si passa alla salatura, alla marinatura e infine alla cottura lenta di 12 ore, ultimo passaggio la cottura in barbecue al legno di quercia prima di essere servita al cliente. Anche i prodotti per le salse home-made di Porcobrado arrivano tutti dallo stesso produttore, come quella realizzata con i jalapenos coltivati a Cortona o quella con la cipolla rossa di Toscana. l’Azienda Agricola Borgonovo si occupa anche della produzione della birra agricola servita al  locale, che nasce, come il pane, dalla produzione del grano Verna e dell’orzo chiudendo idealmente il ciclo produttivo dell’azienda toscana. M.M.

The Fisher: pesce in tutte le sale (la s manca volutamente)

The Fisher, a Milano, è una casa del pesce. Non per modo di dire, visto che il ristorante occupa un intero palazzo. Oltre 200 coperti distribuiti su cinque piani. «Ho immaginato cosa avrei voluto mangiare, vedere,
ascoltare durante una cena – afferma il patron Max D’Andrea -. E ho cercato di fondere in un unico luogo tutto quello che ho visto, vissuto e gustato nelle mie esperienze internazionali». Per tradurre l’aspirazione in realtà ha chiamato il designer Andrea Langhi, già autore del progetto Carnicero, un altro dei locali di D’Andrea.

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    Il risultato è un locale ad alto tasso di “instagrammabilità”, un po’ casa, un po’ club, che non dà affatto l’idea delle sue dimensioni imponenti (220 coperti), dove trascorrere la serata al di là della cena e poter scegliere l’ambiente (etnico, postindustriale, di design ecc.) in cui consumare la propria cena. A base, naturalmente, di pesce.

    «Il menu è lo stesso in tutti gli ambienti, per il 95% a base di pesce – spiega D’Andrea -. La cucina è al piano terra e si compone di un grande bancone, dietro al quale lavorano il crudo quattro persone, e della cucina vera e propria, tutta a vista. Proponiamo cucina italiana, peruviana e giapponese. E i nostri pleateau imperiali da 2 e 4 persone, molto scenografici. Il prezzo medio? 100-120 euro a persona».

    I cinque piani del Fisher

    «Il problema dei locali su più piani è che di solito si riempie prima la sala principale e poi le altre – spiega Andrea Langhi -. Così, chi si trova a essere dirottato “di sopra” o “di sotto” finisce per sentirsi declassato. Qui abbiamo voluto caratterizzare e valorizzare ogni spazio, in modo che non ci siano zone di serie B». Così il piano terra, in gran parte occupato dalle cucine e dal bancone, ha un interno elegante, dove l’attenzione è attratta da un tavolo da roulette e da una parete con decorazioni ispirate ai murales di Miami, e una veranda che vira un po’ sull’etnico. Al meno uno è apparecchiato, sotto due scenografici lampadari e attorniato da una ricca “biblioteca” di bottiglie, un Master table da 12 persone, pensato come un privé. Ambiente di design e grandi murales per il primo piano, dove una sala periferica è stata trasformata in un piccolo privé con una sua identità distinta. Il secondo piano è uno spazio lounge, riservato ai clienti del ristorante, dove poter degustare distillati e cocktail. Chiude le danze la terrazza, che nella stagione invernale sarà attrezzata con sdraio, coperte e bracieri per permettere a chi vuol fumare di farlo in un contesto piacevole. Su ogni piano è previsto un piccolo bar, pensato per prolungare la permanenza del cliente e per permettergli di fare un’esperienza completa. A.M.

Mixability e tanta cucina: è Il nuovo Old Fashion

Proprio a Taranto, città dei due mari, la cui posizione strategica ne fece importante punto d’approdo per la nascita della Magna Grecia in Italia, nasce un nuovo modo di fare accoglienza al bar. Ed è all’Old Fashion di Taranto, situato in Viale Magna Grecia 425, e dove altrimenti? che nasce un nuovo modo di concepire il bar: smart, essenziale e versatile nel vero senso della parola, ad esempio il bancone si apre e la bottigliera scompare. Questo permette al locale di essere davvero polivalente venendo incontro alle esigenze dei clienti in ogni momento della giornata, da una colazione veloce a una serata accattivante passando per un pranzo accogliente.

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    L’Old Fashion di Taranto entra quest’anno nel suo ventunesimo anno di attività, eppure  è come se si ripartisse, ex novo ma non da zero, «è un orgoglio per noi essere stati ed essere tuttora parte integrante della vita di questa città – afferma Piero Appeso, bar manager del locale –  da qui sono passate tante generazioni, c’è gente che qui si è conosciuta, fidanzata e a volte sposata, e per cui ci è capitato anche di fare il catering, e ora magari ci vengono i figli»  Il locale ha riaperto i battenti a fine settembre, dopo un importante investimento, in una veste completamente nuova. «Il locale lo abbiamo rifatto dal pavimento al soffitto  – racconta sempre Appeso – e abbiamo tantissimi progetti, alcuni all’attivo come l’estivo Monkey island, un concept  tiki bar-beer garden che sta riscuotendo molto successo, e tanti altri, a cui teniamo, da avviare in futuro e che spaziano dalla nostra terra, la Puglia, fino a New York». L’Old Fashion quindi riparte, senza dimenticare il passato ma con tanta voglia di guardare al futuro, andando incontro a tutte le necessità di una clientela sempre più esigente e preparata. Grande importanza ricopre, nel nuovo Old Fashion, il concetto di ristorazione con un  laboratorio di pasticceria e una cucina a vista, dove fondamentali sono i concetti di artigianalità e territorialità, tutto ciò che viene servito nel locale viene preparato all’interno dello stesso, cercando, sempre, dove possibile, di esaltare le qualità territorio, come con il Conviviale nella rete, un piatto da condividere tra gli ospiti di solo pescato pugliese. Stesso principio vale per il vino, interamente proveniente da Varvaglione vigne e vini, monocantina tarantina. E poi c’è la grande protagonista indiscussa del locale, a farla da padrona dall’ora dell’aperitivo fino a tarda notte: la miscelazione. Dietro al bancone numerosi bartender d’esperienza, anche internazionale, guidati dalle mani esperte dell’head-bartender Marco Filippelli e dal bar manager Piero Appeso, che hanno pensato, per l’Old Fashion, un concetto di miscelazione che fosse fruibile per tutti, personale, elaborato ma che al contempo non si distacchi troppo da una concezione di semplicità. La carta dei drink, in accordo con la filosofia del locale, viene cambiata quattro volte l’anno, aggiornandola di volta in volta in base alla stagionalità degli ingredienti.  La carta comprende sempre una dozzina di drink tra twist on classic e signature e, sempre nell’ottica di guidare il cliente nella scelta, riporta a fianco di ogni drink oltre agli ingredienti un’indicazione sensoriale o di gusto, come il Riky fitz con Old Tom gin, Sloe gin, succo di limone e soda, consigliato per chi cerchi un gusto floreale e agrumato o ancora il Berry Wild con purea di fragole e mirtilli, succo di limone, litchi e vodka ideale per chi voglia qualcosa di dolce e fruttato. M.M.

Siete pronti per la sfida sul riso?

Siete pronti? Siete carichi? Ormai ci siamo, ha preso il via la nuova edizione del Premio Gallo 2019 – Specialista del riso. Un prodotto protagonista della grande tradizione gastronomica italiana, che i giovani cuochi o aspiranti tali sono chiamati a interpretare in modo personale e innovativo. Il riso è ovviamente il protagonista della sfida, che lascia ampio spazio alla fantasia dei partecipanti, chiamati a interpretare un ingrediente versatile come il riso in modo inedito, utilizzando almeno un prodotto Riso Gallo fra i seguenti: Carnaroli Riserva, Venere, Originario, 3 Cereali, Aroma. Gli spunti non mancano certo, perché il riso consente infiniti abbinamenti e stili di preparazione: dal raviolo farcito con riso all’arancina creativa, dal sartù ai timballi, dai piatti unici alle verdure farcite, dalle torte di riso dolci o salate: le possibilità gastronomiche sono ampie.

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    A questo punto a voi l’iniziativa: ogni candidato può inviare – entro il 15 febbraio 2019 – fino a tre ricette, compilando il form di adesione sul sito www.ristorantiweb.com. Ogni ricetta deve essere corredata da ingredienti, dosi, tempi, preparazione e una fotografia del piatto finito. Uno staff di esperti selezionerà le ricette inviate, individuando 10 nominativi che si contenderanno la finalissima, che si terrà a Milano entro il 30 aprile 2019, quando dovranno preparare dal vivo e di fronte alla giuria la loro ricetta. In palio importanti premi per i primi tre classificati in strumenti di cottura Ballarini 1889 Professionale: al primo 3.000 €, 2.000 al secondo e 1.000 al terzo. E al primo in classifica, il premio più ambito: vedere pubblicata la foto del proprio piatto sulla copertina della undicesima edizione della Guida Gallo, oltre a proporre la propria specialità nella serata di gala in occasione della presentazione della Guida, prevista a ottobre 2019.

    Fatevi sotto, la sfida è aperta!

Chef stellati e fatturati: i Cerea brillano più di tutti

Affari a gonfie vele per gli chef stellati di maggior grido: dall’analisi realizzata da Pambianco Strategie di Impresa sui bilanci delle società di proprietà degli chef stellati, emerge come quasi tutti i top 10 hanno incrementato il giro d’affari nel 2017, in media più del 10%. In vetta c’è la famiglia Cerea: Da Vittorio, grazie soprattutto all’attività di catering, ha toccato 17,9 milioni di euro di fatturato (+3,5%). Top performer dell’anno è Enrico Bartolini, con un +30,8%. A condividere il podio con la famiglia Cerea (Da Vittorio srl) ci sono i fratelli Alajmo (Alajmo spa) e i coniugi Cannavacciuolo (Ca.pri srl), cresciuti in doppia cifra.

Consulenze e contatti
«Gli chef stellati stanno dando dimostrazione di saper capitalizzare la notorietà acquisita – afferma David Pambianco, responsabile della divisione di consulenza strategica di Pambianco Strategie di Impresa – ampliando i propri business. Per molti di loro, la strada dello sviluppo passa per Milano, dove chi non c’è viene ad aprire una propria insegna».

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    La notorietà porta visibilità, crea contatti, porta consulenze e – quindi – risorse per sviluppare nuovi business. Che vanno soprattutto nella direzione di nuove aperture, spesso in collaborazione con le catene alberghiere del lusso, in Italia e all’estero (Alajmo con Leeu Collection, Romito con Bulgari Hotels).

    Obiettivo: crescita all’estero
    Ma non dimentichiamo che si tratta ancora di imprese di dimensioni relativamente ridotte. E con enormi potenziali di crescita davanti. Soprattutto sul fronte dell’internazionalizzazione. I grandi chef possono seguire l’esempio della moda: le maggiori case italiane, sull’onda dell’amore per il made in Italy, si sono lanciate sull’estero. E oggi fatturano oltre l’80% oltreconfine». La difficoltà maggiore? «Passare da una dimensione familiare a una impresa strutturata managerialmente. E convincersi del fatto che per crescere oltre una certa dimensione occorre un socio finanziario che sostenga lo sviluppo». A.M.

    La classifica per fatturato degli chef stellati (dati 2017)

    1. Da Vittorio 17,9 milioni (+3,5%)
    2. Alajmo 13,4 milioni (+17,6%)
    3. Cannavacciuolo 9,9 milioni (+25,5%)
    4. Cracco 8,1 milioni (+11,6%)
    5. Bartolini 6,1 milioni (+30,8%)
    6. Perbellini 5,3 milioni (+0,7%)
    7. Bottura 5,7 milioni (dato 2016; 2017 non disponibile)
    8. Berton 5,1 milioni (-8,1%)
    9. Romito 4,9 milioni (+10,5%)
    10. Don Alfonso 2,5 milioni (+2,8%)
Pasto sano

Sano, locale e stagionale: gli italiani lo vogliono così (il pranzo)

Il pranzo fuori, per gli italiani, è un abitudine molto più consolidata che nel resto d’Europa: sono il 38,8% quelli che, durante la settimana, mangiano abitualmente in bar e ristoranti, contro il 17,6% della media europea. L’offerta di cibo sano è molto importante, per il 55% degli italiani, nella scelta del luogo dove pranzare. E molti ristoratori lo sanno: il 31,2% degli intervistati ha notato nell’ultimo anno una crescita della richiesta di pasti sani e bilanciati, il 32,4% una crescita nelle vendite di questo tipo di menu.

Cosa mangiano?

0
47,4
%

Piatto/pasto completo

0
27,9
%

Cibo preparato a casa

0
8,1
%

Sandwich - panino

0
7,3
%

Insalata

Cosa è importante nella scelta?

0
87,9
%

Velocità nel servizio

0
86,9
%

Vicinanza al posto di lavoro

0
83,2
%

Prezzo economico

0
81,1
%

Qualità nutrizionale dell’offerta

Cosa è aumentato secondo i ristoratori

0
63,4
%

Clienti che apprezzerebbero una proposta di pasti salutari - bilanciati

0
32,4
%

Vendita di pasti più salutari - bilanciati

0
31,2
%

Richiesta di pasti più salutari - bilanciati

0
18,8
%

Clienti che non vogliono pasti salutari - bilanciati

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    Sono i principali risultati emersi da Edenred Food Barometer, la ricerca condotta periodicamente dal gruppo di cui fa parte Ticket Restaurant sul tema dell’alimentazione durante la giornata lavorativa. Nella scelta del locale dove mangiare, la vicinanza al luogo di lavoro è l’elemento più importante (56,2%), seguita dall’offerta di cibo sano (55%) e dalla velocità di servizio (52,1%). L’economicità è preferita rispetto alla piacevolezza dell’ambiente.
    Dalla ricerca emerge come gli italiani siano, tra i popoli europei, quelli che attribuiscono maggior importanza all’utilizzo di prodotti locali e stagionali: per il 44,2% dei nostri connazionali è un fattore molto importante nella scelta del locale dove pranzare, contro una media europea del 28,7%. Il 47,4% di solito sceglie un piatto o il pasto completo, contro l’8,1% che mangia un panino e il 7,3% che sceglie l’insalata.Il 57,3% decide di mangiare scegliendo ciò che reputa gli faccia bene (un dato superiore alla media europea) mentre le dimensioni del piatto sono un’attrattiva per il 31,5% degli italiani. L’attenzione a come si mangia emerge anche dal dato che oltre il 28% dei nostri connazionali dichiara di aver modificato le proprie abitudini alimentare nell’ultimo anno sulla base di indicazioni più salutiste. E il 42% apprezzerebbe una App che fornisca ricette salutiste e consigli per una dieta bilanciata.

    Ristoratori attenti ai cambiamenti

    La ricerca ha anche intervistato quasi 800 proprietari di locali italiani attivi nella pausa pranzo (con in media oltre il 90% di clientela composta da persone che lavorano).Quasi uno su tre registra un incremento nelle vendite di pasti sani e bilanciati. Ma ci sono ancora delle resistenze da vincere: quasi uno su cinque ritiene i pasti salutisti meno buoni rispetto a quelli tradizionali, più di uno su tre ritiene più costosa la preparazione di questo tipo di offerta, quasi uno su cinque pensa sia più difficile. Interessante notare anche come quasi i due terzi ritenga che i clienti apprezzerebbero la proposta di pasti salutistici/bilanciati. E uno su due guarda alla tecnologia come un possibile supporto nell’aiuto a cambiare le proprie abitudini di preparazione dei pasti. Le soluzioni più gettonate? Una App che suggerisca ricette salutiste o che aiuti a contare le calorie dei piatti e a classificarli per tipologia (con pochi grassi, ricchi di fibre, con poco sale ecc.). A.M.

Ron Millonario conquista quota cincuenta

Sarà il rum dell’anno? Alla Rossi&Rossi di Treviso, reduce dal successo di ben 2 medaglie d’oro al recente Milano Whisky Festival (Haddock 12 yo 56,8%, Wilson & Morgan e Glen Grant 25 yo 51%, Wilson & Morgan), ne sono sicuri. Parliamo di Ron Millonario 10 Aniversario Cincuenta, nuovo nato della famiglia Ron Millonario: distillato peruviano scoperto da Fabio Rossi, che ne è anche il proprietario, nei primi anni Duemilla a Chiclayo, piccolo centro nel nord del Paese sudamericano. Le prime bottiglie di Ron Millonario, fino ad allora destinato al consumo locale, varcano i confini del Perù nel 2006 non prima di aver reso ancora più strette e rigorose le procedure di controllo di qualità e di distillazione. Il successo commerciale arride quasi subito al distillato, arrivano i primi premi e riconoscimenti a livello internazionale e, a partire dal 2008, Ron Millonario nella sua caratteristica bottiglia rivestita di fibre di Toquilla intrecciate a mano (le stesse con cui si produce il cappello di Panama) entra a pieno regime nel circuito della distribuzione globale.

0
50
°

La gradazione “piena” di Ron Millonario 10 Aniversario Cincuenta

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2

Le versioni di Ron Millonario 10 Aniversario: Reserva e Cincuenta

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5

Il numero di specialità di rum che compongono la linea Ron Millonario

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    Oggi, per ri-celebrare i 10 anni di “attività” di Ron Millonario, Rossi&Rossi lancia Ron Millonario 10 Aniversario Cincuenta che è basato sulla stessa ricetta, tipo di maturazione e blend, del già conosciuto 10 Aniversario Reserva (40°), ma è imbottigliato a una gradazione più elevata (50°) per soddisfare la richiesta da parte dei bartender di un rum dolce ma, allo stesso tempo, dal sapore intenso. «Sono estremamente soddisfatto della qualità di questo distillato – spiega a WeBar Fabio Rossi, titolare dell’omonima azienda distributiva – perché è perfettamente in linea con le preferenze di consumo espresse dagli appassionati di rum in tutto il mondo. Un prodotto ad alta gradazione, elegante ed eclettico: da degustare in purezza o in un cocktail». Il design della bottiglia e della confezione è nello stesso stile grafico di Ron Millonario 10 Aniversario Reserva e con lo stesso innovativo tappo di vetro trasparente per mantenere la somiglianza con l’altra versione, ma in oro invece che nero. A proposito di blend, quello di Ron Millonario 10 Aniversario Cincuenta è composto per due terzi da rum di 6 anni invecchiati in botti ex-Bourbon e per il terzo rimanente da rum di 10 anni in botti di sherry spagnolo di secondo riempimento, che aggiungono al distillato ricchezza, spessore e complessità. C.B.

Appleton Estate fa poker alla ShowRum Tasting Competition

Quaterna per Appleton Estate alla StcShowRum Tasting Competition 2018. Nel concorso, che si è svolto in occasione di ShowRum – The Italian Rum Festival, una delle maggiori manifestazioni al mondo dedicate a rum e cachaca, tenutasi a Roma lo scorso 30 settembre e 1 ottobre, i rum premium della storica distilleria giamaicana del Gruppo Campari hanno conquistato il titolo di Best in Class in ben quattro categorie.

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    Appleton Estate Reserve Blend, blend di 20 rum con una media di 6 anni di invecchiamento, si è aggiudicato il premio nella categoria Traditional Pot Still & Blended No Aged Declared. Appleton Estate Rare Blend 12 y.o., miscela di rum con un invecchiamento di almeno 12 anni, ha conquistato il primo posto nella classe Traditional Pot Still & Blended 8-15. Appleton Estate 21 y.o., frutto di una selezione dei più pregiati rum di Appleton Estate con un invecchiamento minimo di 21 anni, ha conquistato la Best in Class nella categoria Traditional Pot Still & Blended >15. A completare la quaterna Wray & Nephew White Overproof, il rum bianco ad alta gradazione che nasce dalla miscela di diversi tipi di rum delle tenute di Wray and Nephew, che ha trionfato tra i Traditional Pot Still & Blended Unaged. Di seguito le caratteristiche dei quattro distillati premiati.
    Best in class Traditional Pot Still & Blended No Aged Declared
    Appleton Estate Reserve Blend 
    È un blend di 20 rum selezionati, diversi per stile e con una media di 6 anni di invecchiamento, che include due rarissimi rum provenienti dalla riserva della distilleria giamaicana.
    Best in Class Traditional Pot Still & Blended 8-15
    Appleton Estate Rare Blend 12 y.o.
    Frutto dell’assemblaggio di rum maturi con almeno 12 anni di invecchiamento in botti di quercia americana, è un prodotto di alta qualità che si caratterizza per lo spiccato carattere legnoso e il gusto complesso, morbido e robusto.
    Best in Class Traditional Pot Still & Blended >15
    Appleton Estate 21 y.o.
    Pregiato rum da degustazione ottenuto da una selezione dei più pregiati rum di Appleton Estate, con un invecchiamento minimo di almeno 21 anni. Peculiarità che regalano al blend finale un carattere deciso e un bouquet dalle delicate note agrumate, speziate e legnose.
    Best in class Traditional Pot Still & Blended Unaged
    Wray & Nephew White Overproof
    Rum bianco ad alta gradazione alcolica frutto della miscela di diversi tipi di rum delle tenute di Wray and Nephew, in Giamaica. Di colore chiaro brillante, ha un aroma naturale fruttato con toni di melassa. Pungente al palato, è perfetto per la miscelazione. G.S.

Milan Coffee Festival, tante novità e sfide

Dopo Londra, Amsterdam, New York e Los Angeles, il Coffee Festival arriva a Milano, dal 30 novembre al 2 dicembre. Le sue attività hanno nel caffè artigianale un comune denominatore: nella prima giornata si rivolgono all’operatore dell’horeca, nelle due successive è atteso il pubblico di coffee lover e di chi vuole conoscere più a fondo il settore, grazie anche alla presenza di più di 60 espositori. Durante le tre giornate si svolge la versione italiana del Coffee Masters, in cui otto baristi selezionati prima dell’evento si confrontano in sette discipline con gare a eliminazione diretta.

Quanto manca?

Milano Coffee Festival

Spazio Pelota
Via Palermo 10 – Milano
Trade Day per gli operatori del settore horeca
Venerdi 30 Novembre, dalle 13,00 alle 21,00,

Aperitivo Party dalle 17.00

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    Concorrono ai Coffee Masters: Carlos Alvarado di Checchi Downtown – Brescia, Ravane Conrado di ChicEasy – Milano, Elisabetta Paviglianiti di Cofficina Coffee Roasters – Rozzano (Mi), Gian Andrea Sala di Bugan Coffee Lab – Bergamo, Ilaria Nocentini di Espresso Academy e Caffè Piansa – Firenze, Matteo Pavoni di Peacocks Coffee – Monza, Simone Cattani docente della Coffee Training Academy – Verona e Simone Zaccheddu di Ditta Artigianale – Firenze. In giuria numerosi esperti tra cui Andrej Godina e Francesco Sanapo. Il vincitore si aggiudica il titolo di Campione CMx – Italia, un premio di mille euro e la qualificazione alla finale mondiale del prossimo anno a Londra. Sono poi numerose le attività nelle varie aree espositive. The Lab, powered by Lavazza offre un programma articolato di workshop, conferenze e dibattiti, mentre al La Marzocco’s True Artisan Café si alternano i protagonisti delle migliori caffetterie a proporre drink e cocktail d’autore con i caffè di numerose microroastery. Latte Art Live è l’area dedicata ai decori sulla crema di latte con una serie di dimostrazioni e competizioni tra i maggiori esperti a livello mondiale. Chi desidera gustare un espresso si può rivolgere al Faema Espresso Bar, mentre per gli amanti del brewing c’è il CMx Brew Bar, con preparazioni realizzate con chemex, V60, aeropress e french press. Gli esperti di Brita sono a disposizione per dimostrare l’importanza dell’acqua per una estrazione corretta; infine al Vegan Coffee Bar di Alpro si possono gustare cappuccini, macchiati, affogati e cocktail a base di latte vegetale. Il 10% del ricavato dalla vendita dei biglietti verrà devoluto al progetto Waterfall, in favore della fornitura di acqua potabile e del mantenimento delle corrette condizioni igieniche presso le comunità dei produttori di caffè in via di sviluppo in tutto il mondo.
    I biglietti si possono acquistare online www.milancoffeefestival.com N.R.

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