Spritz, facciamo chiarezza

Da anni, a cadenza regolare, come un disco rotto, c’è qualcuno che si scaglia sul più popolare aperitivo italiano: lo Spritz. Questa volta la notizia fa ancora più rumore perché l’attacco proviene dalle pagine del New York Times. Il titolo del pezzo, firmato da Rebekah Peppler, dice “L’Aperol Spritz non è un buon drink”. Il sommario è altrettanto lapidario. “Il popolare aperitivo Instagram-friendly si beve come un Capri Sun (un succo di frutta) dopo una partita di calcio in una giornata calda”. Ma se leggiamo qualche riga più sotto il messaggio è più chiaro. Non è il drink in sé ad essere attaccato, ma la sua modalità di realizzazione. Riporto testuale: “Servito in bicchieroni da vino marchiati, l’aperitivo zuccherino è accompagnato da prosecco di scarsa qualità, acqua di soda e una fetta d’arancia fuori misura”. Nel pezzo l’autore interpella Katie Parla, scrittrice americana, ma residente a Roma che prima sottolinea di preferire prodotti più bitter e poi rimarca che spesso il drink viene realizzato con vini di scarsa qualità.
Al di là dei gusti personali il problema vero è quanti bar utilizzano prodotti di qualità?

Tre opinioni che contano

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Giorgio Fadda

Giorgio Fadda

«Il vero guaio in Italia è che molti non si accontentano dell’ottimo margine che offre lo Spritz e usano prodotti di scarsa qualità per combattere la concorrenza. Non capisco certo snobismo. Lo Spritz ha tutte le caratteristiche di un buon aperitivo: l’effervescenza, la parte amaricante e in più è a bassa gradazione alcolica in linea con le nuove tendenze del low alcohol»

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Roberto Pellegrini

Roberto Pellegrini

«Lo Spritz incarna l’idea di convivio. Il suo successo in America è stato alimentato, prima di tutto, da un passaparola partito dai tanti turisti americani che frequentano Venezia. Ed è così che da semplice bevanda è diventato un drink “cool”. Questo ha alimentato il fronte sia degli estimatori sia dei detrattori. Succede sempre quando qualcuno o qualcosa ha successo»

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Massimo Stronati

Massimo Stronati

Quando scrissi “Ogni volta che chiedi un Aperol Spritz un barista muore” è iniziato il gioco sui social media e coi colleghi. Io preferisco altri liquori Cynar, Select, Campari, ma in America Aperol Spritz è il più popolare. Oggi quando faccio lezioni di cocktail le signore californiane vogliono imparare a farlo e mi chiedono di insegnare loro il giusto metodo...Sarà il karma»

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    Quanti, piuttosto di risparmiare qualche spicciolo in più, ricorrono a vini e bitter da due soldi? Ma ci sono altri due passaggi nell’articolo del quotidiano newyorchese che creano una doppia confusione: storica e semantica. Peppler scrive: “Per il nome di questa bevanda dobbiamo ringraziare i soldati austriaci. Nel 19° secolo gli uomini di stanza nel nord Italia e non abituati allo stile di vino locale iniziarono a diluire i bicchieri con uno spritz - la parola tedesca per "spruzzare" - di acqua naturale. Verso la fine degli anni '10, l’acqua gassata sostituì l'acqua naturale, negli anni '20 e nei primi anni '30 gli aperitivi amari a base di vino o di altri spiriti presero il posto del vino e il prosecco entrò in scena negli anni '90”. I fatti in realtà andarono diversamente. Intanto partiamo dalla differenza tra lo Spritz di origine mitteleuropea e l’altro Spritz, più giovane e nato nel triangolo Venezia, Padova, Treviso. Consultando archivi ed esperti non c’è un solo documento ufficiale dove si dica chiaramente che termine spritz deriverebbe dal tedesco spritzen, spruzzare, introdotto dai soldati dell'esercito austroungarico durante il periodo di dominazione del Veneto (1797-1866). Ed un altro mito è il fatto che i soldati “nordici” non fossero in grado di digerire le alte gradazioni dei vini italiani e preferivano, quindi, allungarli con acqua. Semmai furono loro, i soldati, a diffondere a Venezia le abitudini che erano già note in altre regioni vinicole dell'Impero. Sia nei Paesi di lingua tedesca che nei Balcani erano in uso innumerevoli varietà di vini “spruzzati”: Gespritzt in Assia, Spriţ de vară in Romania, Spritzer in Slovenia, Gemišt in Croazia, Froccs in Ungheria. E fino agli anni Settanta del Novecento lo Spritz sarà ancora quello tedesco che Elio Zorzi descrive nella sua guida alle Osterie Veneziane (1928): “Mezza ombra di vin bianco al seltz con una fettina di buccia al limone”. Lo chiamava Spritz o Bismarck, il che è tutto dire. Per arrivare alla prima menzione nota di uno Spritz italiano (o meglio veneto) bisogna attendere il 1979. Aperitivo “Spritz” (Casa Zanotto, usanza padovana): “Stoquì el saria l'aperitivo tradizional de la zente veneta, tanto in uso ne i bar e ne le case de campagna: 1 goto de vin bianco; 1 de bicer de un amaro qualsiasi e scorzeta de limon…” Il termine amaro, o bitter, entra così per la prima volta sulla ribalta.

    Da bevanda popolare a drink

    Tra gli anni Settanta e Ottanta si assiste a un boom industriale ed economico nel Veneto che diventa una delle regioni più ricche d’Italia e lo Spritz da bevanda popolare si trasforma in un drink. Lo Spritz diviene un aperitivo molto popolare a Venezia (terra del Select), a Padova (patria di Aperol) e nel resto del nord est. Lo si beve soprattutto con Campari, con Select, con l'Aperol e, in misura molto minore, col Cynar. L’investitura dello Spritz come aperitivo di moda e l’accoppiata di successo tra prosecco e Aperol è un evento recentissimo. Il detonatore sarà l’acquisizione nel 2003 dell'aperitivo-liquore della Barbieri, nato a Padova nel 1919, da parte del Gruppo Campari. Oggi, dati alla mano, gli indicatori ci dicono che lo Spritz è il campione assoluto di incassi. Una ricerca che Bargiornale ha commissionato al Centro Marketing del Gruppo Tecniche Nuove per fotografare i best seller dei bar italiani (3.000 gestori coinvolti, ottobre 2018) rivela che lo Spritz è al primo posto con il 63,8%, seguito a lunghissima distanza da Mojito (20,3%), Negroni (15,9%), Americano (9,5%), Moscow Mule (7,7%), proseguendo con Gin Fizz, Gin Tonic, Bellini, Margarita e Gin Lemon.

    Senza lo Spritz non sarei riuscito a...

    Per tanti, tantissimi, lo Spritz è stata ed è una fonte inesauribile per fare cassetto. Volete sapere quante volte abbiamo sentito “Senza lo Spritz non sarei riuscito a comprarmi il locale”? Tanti grandi barman storcono comunque il naso. C’è chi, pur ritenendolo un drink da poco, lo inserisce in carta a beneficio degli ospiti; chi lo ha bandito e infine chi propone, nella sua drink list, un’alternativa al classico Spritz. Noi di Bargiornale abbiamo scelto di dedicargli un omaggio nella prossima tappa di Baritalia Hub (Bari, 23 settembre), invitando i bartender a rileggere lo Spritz in una veste magari nuova, ma sempre attenta alla qualità della materia prima: spirits, vini, garnish e ghiaccio inclusi. Un modo, come un altro, per rispondere a chi tratta coi piedi il nostro aperitivo italiano. S.N.

     

     

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