Pane e pizza a tutte le ore

Occasioni di consumo –

La richiesta di prodotti da forno non conosce crisi. Ad approfittarne fino a oggi soprattutto le panetterie con somministrazione. È tempo però che il bar se ne appropri puntando su prodotti tipici

«Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito al fenomeno dei panettieri che hanno inserito il bar nei propri negozi, mentre non è praticamente successo il contrario: sono pochissimi i bar che hanno deciso di proporre o vendere i prodotti della panificazione». A far notare questo paradosso è Carlo Meo, amministratore delegato della società milanese Marketing & Trade e docente ai corsi del Poli.Design di Milano. «La cosa è strana - osserva Meo - perché, se è vero che ormai la formula della panetteria che diventa bar comincia a mostrare segni di stanchezza, dopo i tanti esperimenti fatti, dal lato opposto mai come ora per il barista si presenta l’occasione di proporre prodotti da forno ad alta rotazione. Non solo pane e focacce o pizze, ma anche muffin, cupcake e altri prodotti. La disponibilità di referenze non manca.
Oltre ai forni, da cui rifornirsi direttamente, anche l’industria sta proponendo nuove tipologie di prodotti, come ad esempio i surgelati che si lasciano rinvenire a temperatura ambiente, senza nemmeno la necessità di un passaggio in forno». L’aspetto curioso della faccenda, che emerge dalle analisi sui consumi nel fuori casa condotte da Npd Crest, su cui si basa anche l’Osservatorio di Bargiornale, è che prodotti come il pane, la pizza, le focacce vengono consumati e acquistati nei locali pubblici italiani senza mostrare flessioni, mentre invece il business generale dei bar sta calando. «Questo significa - osserva Matteo Figura, di Npd Crest - che si tratta di prodotti in controtendenza rispetto al trend attuale. E che il vantaggio della tenuta di questi prodotti va soprattutto a quei locali atipici, panetterie o take-away che si sono trasformati in locali di somministrazione, a discapito invece del bar tradizionale».

Stabile tendente al bello

In altre parole, il bar sta dimostrando di affrontare la crisi rimanendo troppo pervicacemente aggrappato al proprio core business di caffè e cappuccini, che ovviamente non va affatto trascurato, ma senza sviluppare appieno le opportunità del cosiddetto “snacking” o delle pause pranzo e aperitivo, in cui pane, panini, pizza e focacce potrebbero trovare un pubblico stabile e affezionato.

La componente del servizio

Tutte le modifiche in una struttura di bar consolidata da decenni vanno però sempre considerate con molta attenzione. «Oggi è dimostrato - dice ancora Meo - che i locali polifunzionali funzionano solo in determinate condizioni, con location adeguate e con un management molto preparato. Quella del panettiere è una professione che ha valori e saperi complessi, che non si possono imparare da un giorno all’altro. Quindi il barista non deve cambiare la propria vocazione. Quello che può fare, con un prodotto di qualità che può reperire su diversi canali, è aggiungere quel valore in più dato dal servizio che solo lui è in grado di fare rispetto al panettiere». Una dimostrazione della correttezza di quest’idea è, per esempio, lo sviluppo dell’idea di panino “gourmet”. «Un tipo di proposta che viene dall’estero - dice Meo - e che rappresenta la reazione a un fenomeno negativo: l’aumento di costo dei panini nei bar con una corrispondente riduzione della qualità, sia del pane utilizzato sia del ripieno, sempre più scarso».
«Il barista - sottolinea Oscar Cavallera, esperto di marketing del fuori casa e direttore della Bar University di Bargiornale - stenta a raccogliere i segnali che invece giungono forti e chiari dalla ristorazione, che sta conoscendo un momento di grande popolarità grazie alla riscoperta dei prodotti del territorio e di nicchia, alla proposizione di molte varianti e variazioni su un unico tema, al concetto di fusion, che unisce tra loro varie culture e anche alla presentazione del prodotto». Tradotte per il pane, e in particolare per il panino, queste indicazioni dovrebbero spingere il gestore del bar a trovare e proporre diversi tipi di pane italiano, tradizionali, senza escludere grandi formati come il pane pugliese di Altamura o quello toscano, che possono durare a lungo ed essere impiegati per panini particolari.

Cavalcare l’onda dei prodotti regionali

Senza contare che la ricerca di prodotti della tradizione o tipici, per il pane ma anche per le farcie, consente poi di applicare quella tendenza commerciale che tanti risultati sta dando oggi, il cosiddetto “trading up/trading down”, cioè la proposta che affianca a prodotti a costo basso e accessibile altri decisamente più ricercati e dal costo più elevato.
«Abbinando a ogni tipo di cibo, dalla mortadella, che costa poco, al salmone, che costa molto, un pane diverso, appropriato, tagliato su misura, si mette sotto gli occhi del cliente la propria creatività, la varietà del menù e si distingue molto chiaramente un panino dall’altro, rendendo intuitiva a chiunque l’adozione di prezzi differenziati», sottolinea ancora Cavallera. Conta moltissimo l’estetica di quanto si propone, quindi il barista deve imparare a curare, applicando anche un po’ di fantasia, l’aspetto dei propri prodotti, il modo con cui si mettono nel piatto. Variare sul tema significa poi, secondo Cavallera, pensare a panini per vari tipi di clientela, anche quelli a basso contenuto calorico, utilizzando pani particolari alla crusca o integrali, riscoprendo il sandwich che impiega pani più morbidi, studiando bene la proposta di pane freddo e caldo.
Un’ultima annotazione: non solo i panifici artigianali ma anche l’industria oggi mette a disposizione del barista prodotti ricercati, facili da conservare a lungo termine senza il timore di buttare via le materie prime inutilizzate.
Queste soluzioni consentono di proporre pane, focacce e pizza anche in altri momenti della giornata. «Soltanto questi prodotti da forno - sottolinea Cavallera - consentono al barista di utilizzare la proposta di prodotti da forno con una doppia veste: elemento principale durante la colazione, il pranzo, la cena, oppure elemento secondario, di supporto a un’offerta principale di beverage, durante l’orario dell’aperitivo o il drink serale. Portare per esempio al tavolo una focaccia tagliata a quadrotti in un pub, mentre i clienti bevono la birra di mezzanotte, diventa un servizio in più che spinge i consumi. Ritengo che solo pane e pizza possono svolgere questo ruolo di cibo come complemento e non come core business».

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