Lo zampino dei comuni nei dehors

Spazi esterni –

I regolamenti comunali si fanno più severi riguardo agli spazi esterni. Non solo in termini di concessioni ma anche dal punto di vista estetico. Con regole precise riguardo ad arredi e coperture. Spesso però a disposizione dei locali ci sono incentivi e sconti

Per le piazze d’Italia se ne incontrano di tutti i tipi: in ferro battuto o in legno esotico, con il logo sul tendaggio o corredati da fioriere. Cura del design e attenzione alle esigenze della clientela portano ad ampliare di continuo l’offerta di arredi e complementi per i dehors: per gli esercizi pubblici non c’è che l’imbarazzo della scelta. I gestori che intendono allargare l’attività allo spazio esterno, e arredarlo di conseguenza, devono però fare i conti con costi e regole comunali. La materia non è infatti regolata a livello nazionale ma demandata ai comuni, che sempre più per l’allestimento degli spazi esterni impongono direttive minuziose: dal colore delle coperture ai tipi di materiali da usare. È così, per esempio, a Firenze, dove “per un maggior decoro urbano” i bar che mettono tavolini all’aperto hanno ora l’obbligo di sistemarli su pedane recintate da una ringhiera. Il Comune ha deciso di non concedere nuove licenze per i dehors fino al 15 novembre. «Entro quella data la città vedrà i nuovi dehors con wi-fi, fasciatoi e area rifiuti», promette il vicesindaco Dario Nardella. Dehors scelti con il concorso internazionale di idee lanciato in estate: al modello selezionato dovranno attenersi tutti gli architetti che lavoreranno singolarmente per le attività commerciali.

Incentivi e sconti

Già, ma i costi? Una questione spinosa, tanto che il comune di Milano ha di recente approvato un bando di incentivi a sostegno dei progetti di riqualificazione estetica delle attività commerciali presenti nelle zone Navigli e Sarpi. Per promuovere questi distretti urbani e adeguare l’arredo alle indicazioni comunali, sono stati messi a disposizione 540mila euro da usare per acquistare tavoli, sedie, poltroncine, panche, tende a telo teso, gazebo, ombrelloni, lampade riscaldanti, fioriere. Ma con precise indicazioni su colori, dimensioni e materiali. Come dire: l’arredo urbano è una priorità. «Così abbiamo pubblicizzato l’iniziativa porta a porta, in partnership con l’Unione del Commercio e la Camera di Commercio, con una circolare distribuita a tutti gli esercizi e dove sono indicati i tetti di spesa», spiega il direttore centrale delle attività produttive, Roberto Munarin.
Di contro, dopo aver siglato un nuovo accordo con la Soprintendenza per disciplinare il rilascio delle concessioni dei dehors, a partire da questo mese, il comune di Bologna ha pensato di aumentare il Cosap, il canone di occupazione del suolo pubblico.
Ogni Comune può infatti scegliere se far pagare la Tosap (tassa) o il Cosap (canone). La prima fa riferimento a una precisa disciplina legislativa (d. lgs. 507/93), il secondo rinvia invece l’intera disciplina al regolamento comunale, che può stabilire in piena autonomia le tariffe (d. lgs. 446/97, art.63). «Una norma che lascia molto più margine agli enti locali rispetto alla Tosap, che indica tariffe approvate a livello nazionale. Con il Cosap si calcola l’utilità per chi occupa e il disagio per la cittadinanza che viene privata di quello spazio pubblico», spiega Michele Truglio, funzionario responsabile del comune di Milano. Con il Cosap ogni Comune ha la facoltà di imporre le sue regole di pagamento, che variano in base a criteri tra cui l’ampiezza dello spazio, la sua posizione nel contesto urbano e la tipologia del locale. Non si paga cioè il fatto materiale dell’occupazione del suolo (come per la Tosap), ma la concessione dell’uso esclusivo o speciale del suolo.

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