Gli italiani e l’espresso: comportamenti e scelte

Ricerche –

La prossimità è ancora il criterio guida nella scelta del bar dove gustare il caffè. Ma la base di clienti che dimostra interesse e attenzione c’è: il 14% va nel locale che lo fa buono, uno su quattro è disposto a spendere un po’ di più per un prodotto migliore

Se l'Italia è la patria dell'espresso, gli italiani sono convinti di possedere una sorta di laurea ad honorem in “cultura del caffè” che ne fa dei grandi esperti. Ma, alla prova dei fatti, si mostrano disattenti, più legati all'abitudine che non a una ricerca del piacere legata a una vera conoscenza del prodotto. È quanto emerge da un'indagine svolta dall'istituto di ricerca Apertamente per conto dell'Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè su un campione di 2.500 persone tra i 25 e i 75 anni.
Tra chi frequenta i bar, la quota dei bevitori di espresso si attesta sul 78%, seguita dal 7% di chi richiede caffè d'orzo e un 3% che predilige il ginseng. Quest'ultimo è un ingresso abbastanza recente (6-7 anni), accolto con favore da signore e giovani, nel quale si può intravvedere una sorta di “fuga” da un espresso di bassa qualità o anche la disponibilità ad accogliere nuove offerte e gusti. I più affezionati alla tazzina risiedono nel Sud e nelle Isole (83%), mentre il Nord Ovest (69%), spazia su un più ampio ventaglio di offerta.
Interessante la suddivisione dei consumi per sesso: gli uomini prevalgono per numero di bevitori (91%), mentre le donne (67%) sono sì una schiera meno compatta, ma che si reca al bar più volte durante la giornata. A loro si può inoltre far risalire una maggiore capacità analitica o il desiderio di sperimentare qualcosa di nuovo e diverso, come conferma una recente ricerca sui consumi domestici di Nielsen BuzzMetrics, che indica come le donne siano più propense a parlare di caffè on line (59%), spaziando tra varietà di miscele, qualità e gusto.

Più comodo che buono

Nei parametri che guidano alla scelta del bar dove bere un espresso, domina di gran lunga la prossimità, usato come criterio di scelta da oltre 4 intervistati su 10. Il più gettonato (18%) è il locale sotto casa, comodo e famigliare, ma tra i più frequentati ci sono anche il bar sotto l'ufficio o vicino alla scuola (13%) e quello lungo il tragitto casa-scuola/lavoro (12%). C'è anche, però, chi sceglie per ragioni più qualitative: il 14% va nel bar che “lo fa buono”: un atteggiamento selettivo che, oltre al prodotto, coinvolge la globalità dell'offerta, l'ambiente e il personale; e l'11% va nel locale consigliato dagli amici (11%).
La soddisfazione per il locale prescelto è comunque molto grande, con percentuali altissime di gradimento nei confronti della cortesia del personale (97%), dell'ordine e della pulizia dell'ambiente (99%) e della qualità del caffè (99%).
La percezione degli esperti, concordi nel rilevare un peggioramento della qualità del caffè offerto in molti pubblici esercizi - probabilmente a causa della situazione di crisi, che spinge i bar a risparmiare su miscele e manutenzione -, non trova riscontro nel giudizio della gran parte dei consumatori: il 63% degli intervistati, infatti, giudica la qualità al bar rispetto al passato “né migliore né peggiore”, mentre un 28% la ritiene addirittura migliorata. Solo il 7% la giudica peggiore.
Le tre marche più citate dagli intervistati sono illy (39%), Lavazza (28%) e Segafredo (13%); la prima ha più ampi margini di gradimento nel Nord Ovest e nel Centro, mentre nel Nord Est i primi due marchi si attestano su un sostanziale pareggio.

Meglio al bar

Il confronto tra il caffè del bar e quello del ristorante vede vincitore il primo: quasi il 60% degli intervistati ritiene che l'espresso del ristorante sia “un po' peggio” (40%) o “decisamente peggio” (19%), lasciando al 41% un neutro “né meglio né peggio”. Questa volta la critica è in linea con quello degli esperti del settore e sottolinea l'evidente disattenzione di buona parte del mondo della ristorazione nei confronti del caffè, un prodotto troppo spesso trascurato: basta considerare quanto spesso il macinato “soggiorna” nel dosatore tra pranzo e cena o tra quest'ultima e il pasto del giorno dopo, perdendo gran parte degli aromi.

Competenza limitata

La competenza del mondo del caffè appartiene a una minoranza: solo il 12% è a conoscenza dell'esistenza delle monorigini, perlopiù limitata alle due principali specie (Arabica e Robusta). Tuttavia, un significativo 17% degli intervistati si dice interessato a partecipare a eventi sul caffè, soprattutto degustazioni di prodotti diversi e “pregiati”, con una spesa variabile tra i 5 e i 15 euro. Uno su quattro, poi, si dichiara disposto a spendere più di 1 euro per la tazzina, desideroso di qualcosa di più e di meglio (pur non così chiaramente definito). Una base incoraggiante per torrefattori e baristi che offrono caffè di pregio: c'è un mercato non piccolo capace di riconoscerlo e premiarlo.

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