Temporanei e pieni di idee

Tendenze –

Al Fuorisalone se ne sono visti di tutti i colori e forme. Parliamo dei temporary bar. Prototipi dei luoghi che verranno o innocenti provocazioni? La parola agli esperti

Al Fuorisalone della Design Week milanese (17-22 aprile) non solo sedute ultraleggere, rivestimenti retroilluminati o luci di ultima generazione, ma anche bar. O, meglio, temporary bar. Strutture a tempo create ad hoc per location determinate o per eventi di grande respiro che durano pochi giorni. Non è un caso che a tal proposito gli esperti parlino di “strategia dell'effimero” o di marketing emozionale: l'obiettivo è infatti quello di attrarre il consumatore all'interno di “contenitori” brandizzati e teatralmente memorabili dove l'esperienza conta più del prodotto o del servizio che di fatto viene proposto.
Un fenomeno nato nel retail ma che si è diffuso a macchia d'olio negli ambiti più diversi, fuori casa compreso. E, in tal senso, il Fuorisalone è da sempre una vetrina strategica. Non solo in termini d'immagine, ma anche e, soprattutto, sul piano economico. Da una stima dell'ufficio studi della Camera di commercio di Monza e Brianza, la settimana del design ha generato circa 200 milioni di euro
nel turismo, di cui circa 17 milioni spesi per aperitivi e cene dopo le visite al Salone e agli eventi del Fuorisalone. Diversi i concept di temporary bar presenti e alcuni davvero interessanti come quello di Alce Nero Caffè localizzato al Superstudio Più di via Tortona, con sedute e tavoli realizzati interamente in cartone alveolare su design di Lucy Salamanca e contenitori take away biodegradabili per garantire il minimo impatto nella preparazione e consumazione di piatti biologici. O il The Club di Heineken, sempre in Zona Tortona, frutto di un'avventura creativa che ha coinvolto, per un intero anno 19 giovani designer provenienti da Milano, New York, San Paolo e Tokio, e che ha generato quello che potremmo definire il night club del futuro con la creazione di 6 diverse aree ispirate al tema “Changing Perspectives” accomunate dall'immagine di origami in continua trasformazione pensate per ricreare la perfetta atmosfera di una serata memorabile. Molto scenografico anche il B-Bar di Baccarat a Palazzo Morando in via Sant'Andrea, nel cuore del quadrilatero della moda, dove tra musica, intrattenimento live e dj set, è stato possibile degustare Champagne, vini e cocktail in calici top.

Tra i concept anche un pub

Spostandoci in Zona Ventura Lambrate, una delle installazioni più interessanti è stata quella del designer inglese Lee Broom che dal nulla si è inventato un autentico pub londinese, smontato e rimontato in una stanza completamente bianca. La ricca boiserie in legno di quercia della Public House ha fatto da cornice al set di servizio in cristallo e in edizione limitata pensato per il whisky Ballantine's 12 anni. Sempre in Zona Ventura Lambrate, ha fatto capolino il Ventura Bar, firmato dal designer olandese Maarten Baas: frequentatissimo nei giorni del Fuorisalone si è guadagnato la “stella” di icona dell'edizione 2012. Da segnalare, infine, il Soda Bar di SodaStream, localizzato presso il Most - Museo della Scienza e della Tecnologia, il nuovo epicentro espositivo della Design Week ideato da Tom Dixon: un altro concept luminoso e di forte impatto con in primo piano i nuovi gasatori Source disegnati da Yves Behar.
Un bel mix di strutture temporanee che la dicono lunga sulla vitalità di un fenomeno che insieme ad alcuni esperti abbiamo cercato di interpretare. «In un certo senso - esordisce Andrea Manfredi, architetto e docente di furniture design alla facoltà del Design del Politecnico di Milano e dei corsi di Design Experience del Poli.Design - quello dei temporary bar è un fenomeno figlio dell'incertezza e dei tempi difficili che tutti stiamo vivendo. Un tempo, forse, si sarebbe creato un flagship store, oggi, invece, si preferisce convergere su formule meno impegnative anche dal punto di vista economico. Formule che sono create per durare poco e che sono però il terreno ideale per sperimentare nuovi materiali. Materiali meno durevoli ma non per questo meno affascinanti: pensiamo, ad esempio, a quelli polimerici ad alta tecnologia».
Ma quali sono gli obiettivi che si pone un'azienda con un temporary bar? «Ovviamente quelli della comunicazione - aggiunge Manfredi - e le formule a tempo sono un media eccellente per, ad esempio, promuovere o lanciare un nuovo prodotto. L'azienda ha infatti la possibilità di lanciare un messaggio ben preciso a un target specifico e, soprattutto, ottenere un feedback puntuale dal mercato in relazione alla propria idea o proposta. Un altro tema caro alle aziende è quello della brandizzazione che, ovviamente, abbraccia anche le formule non temporanee. Oggi assistiamo, infatti, a forme sempre più evolute e flessibili di co-marketing che prevedono la realizzazione di ambienti, display e arredi ad alto impatto scenografico. Progetti che hanno il potere di affermare un brand e, soprattutto, di fidelizzare i consumatori». Si parla tanto di temporary anche in relazione alla crisi immobiliare che ha lasciato molti spazi disponibili, anche in aree centrali di grandi città, che si prestano benissimo a operazioni a tempo. Secondo diversi addetti ai lavori si tratterebbe di una grande opportunità. La pensa così Massimo Giuntoli, designer urbano e artista multimediale: «È un fenomeno che, proprio se interpretato sotto il profilo della crisi economica contingente, con particolare riferimento alla situazione non propriamente dinamica del mercato immobiliare, potrebbe auspicabilmente suggerire il proliferare di “sperimentazioni creative” degli spazi commerciali, diversamente dalla destinazione d'uso prevista - ma anche più prevedibile - da parte dei veri e propri esercenti di professione». Una chance che potrebbe essere sfruttata da artisti in erba con magari il sostegno delle amministrazioni locali o di aziende “illuminate”. «Esatto - sottolinea Giuntoli -. Il primo pensiero va alla possibilità di offrire visibilità proprio a giovani artisti, mettendo a disposizione gli spazi temporaneamente vuoti, la cui reinterpretazione disinvolta nei linguaggi dell'arte potrebbe inoltre dare vita a idee e iniziative commerciali inedite e stimolanti ». Di orientamento diverso Angelo Bovo, architetto e co-fondatore di Hangar Design, studio multidisciplinare di comunicazione e design: «Credo che il concetto di temporary sia svincolato dall'idea di provvisorietà data dall'attuale crisi economica: non si crea un temporary perché si trova uno spazio a buon mercato. Quando aziende come Campari o Nardini si mettono in moto lo fanno perché hanno individuato una location che può garantire loro il raggiungimento di un certo target in termine d'immagine e di consumatori».

Vetrine pensate per fare scena

Dunque, la recessione c'entra poco? «La crisi può essere un volano nel senso che dà la possibilità di accedere a un maggior numero di spazi. Teniamo conto che sono concept studiati per stupire e molto vicini all'idea di “exhibition”, con un'architettura e un'organizzazione logistica pensate ad hoc». In sintesi, vetrine belle e piene di idee.

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