Tares “congelata” fino a fine anno

Norme&fisco –

Rinviato a dicembre il debutto della nuova tassa sui rifiuti. Previsto un vero e proprio salasso per chi oggi paga la Tarsu

La Tares è stata temporaneamente congelata. Le due rate di maggio e settembre vanno quindi pagate ancora con la vecchia tassa rifiuti (la Tarsu, nei comuni in cui non si applica la Tia). A dicembre, però (oppure già a ottobre nei comuni che non decideranno diversamente e seguiranno il calendario statale), si dovrà fare i conti col maxi-conguaglio del nuovo tributo, rinviato a fine anno dal decreto sblocca-debiti (Dl 35/2013).

Un conto salato
Proprio nei 6.700 Comuni (oltre l'82% del totale) in cui fino all'anno scorso si pagava la vecchia Tarsu, e soprattutto per i titolari di attività economiche, l'arrivo della Tares si farà sentire in modo pesante. Perché entrano in gioco due fattori: il calcolo “normalizzato” e la maggiorazione della tariffa.
Il nuovo tributo, che (salvo ripensamenti) andrà a sostituire i tre prelievi alternativi oggi esistenti (Tarsu, Tia e Tia2), accorpa infatti da un lato la tassa rifiuti e dall'altro una maggiorazione per finanziare i servizi indivisibili forniti dalle amministrazioni comunali (manutenzione del verde e delle strade, illuminazione pubblica, polizia locale, anagrafe). Si tratta di uno strano ibrido, dunque, che unisce una tassa (corrispettivo di un servizio) e un'imposta (soldi che vanno a finanziare in modo indistinto il funzionamento della macchina statale e locale).

Le maggiorazioni
A pesare sul cambio sarà soprattutto l'applicazione del metodo di calcolo “normalizzato”, che misura la tariffa sulla base della quantità e qualità medie di rifiuti prodotti. Oltretutto, in un regime che impone ai comuni di coprire al 100%, attraverso la nuova tassa, il costo della raccolta rifiuti.
Un obiettivo che sarà più pesante da raggiungere lì dove si applica la Tarsu (che poteva anche non avere un tasso di copertura integrale).
In quei comuni - la minoranza - che invece negli anni scorsi sono passati alla Tia, gli immobili hanno già subito il colpo del metodo normalizzato: quindi l'incremento portato dalla Tares dovrebbe tradursi “solo” nella maggiorazione prevista per la tariffa. Questa maggiorazione, che si è poi trasformata in tassa statale senza specifica destinazione (serve in sintesi a compensare un taglio statale equivalente sulle risorse locali), è pari a 0,30 euro al metro quadrato, ma può essere elevata dal Comune fino a 0,40 euro, eventualmente graduandola «in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato».
Nei comuni che applicano la Tia, quindi, l'effetto Tares si tradurrà per gli esercizi commerciali in un incremento dell'esborso del 15% circa.
Viceversa, in quelli - la stragrande maggioranza - che applicano la Tarsu, gli aumenti potrebbero portare anche a quadruplicare l'onere attuale.
Come spiega l'indagine della Confcommercio, per la determinazione dei coefficienti (componente rifiuti) troverà applicazione il Dpr 158/99 sulla Tia. E quindi la maggior parte dei comuni italiani, quelli ancora in regime di Tarsu, passeranno direttamente alla Tares usando questi coefficienti potenziali di produzione «forniti per calcolare la parte variabile della tariffa da attribuire alle categorie di utenza non domestica» e che «hanno già marcatamente evidenziato - scrive Confcommercio - il loro totale scollamento dalla reale produzione di rifiuti delle varie categorie economiche».
Il passaggio avrà lo stesso effetto di quello avvenuto nei comuni (il 17% circa) che a suo tempo avevano effettuato il cambio dalla Tarsu alla Tia. Anzi, l'incremento sarà addirittura più elevato perché andrà aggiunta la quota servizi (maggiorazione). Dal calcolo realizzato sui comuni che oggi applicano la Tarsu emerge un incremento «enorme del prelievo con il passaggio alla Tares che, anche in considerazione della crisi, diventerebbe davvero insostenibile per le imprese».

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