Regione Emilia Romagna: la disciplina dell’attività di somministrazione e bevande

Legge regionale 26 luglio 2003, n. 14

Legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 "Disciplina dell'esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande" - Regione Emilia Romagna - Circolare 1 dicembre 2003



Prot. n. AIA/COM/03/36174 Bologna, 01 dicembre 2003





Ai Signori Sindaci e

Assessori al Commercio dei

Comuni della Regione

Emilia Romagna

LORO SEDI



Oggetto: Legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 "Disciplina dell'esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande".



In relazione alla legge regionale 26 luglio 2003, n. 14, recante la riforma della disciplina del commercio, emanata dalla Regione Emilia Romagna alla luce delle nuove competenze derivanti dalla modifica del titolo V della Costituzione, si ritiene opportuno fornire le seguenti indicazioni operative al fine di renderne il più possibile omogenea l'applicazione sul territorio regionale.



Dal 10 agosto 2003 la legge 287 del 1991 è sostituita da fonte regionale, secondo quanto disposto dall'art. 21, comma 1 della legge regionale n. 14 dell 2003, fatti salvi l'articolo 4 comma 2, con riferimento alle autorizzazioni di cui all'art. 8 della legge n. 14 suddetta e l'articolo 9.



Pertanto, a far data dal 10 agosto 2003, sono operanti le disposizioni contenute nella legge regionale n. 14 del 2003.



Si ritiene al riguardo opportuno soffermarsi in merito ai sottoindicati aspetti.





1. Requisiti per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande.



Una delle novità di maggior rilievo introdotte dalla normativa regionale consiste nell'abrogazione dell'obbligo dell'iscrizione al R.E.C. per coloro che intendono esercitare l'attività di somministrazione di alimenti e bevande nella regione Emilia Romagna.



A far data dal 10 agosto 2003 l'esercizio dell'attività di somministrazione è consentito a chi è in possesso dei requisiti fissati all'art. 6 della legge: all'accertamento dei requisiti richiesti - morali e professionali - è tenuto a provvedere il Comune nel cui territorio si deve svolgere l'attività di somministrazione.



I requisiti morali richiesti sono quelli indicati all'art. 5 comma 2, 3 e 4 del D.Lgs. n. 114 del 1998.



In caso di società, associazioni o organismi collettivi la norma stabilisce che possa essere individuato un delegato all'attività di somministrazione che deve essere in possesso dei requisiti morali e professionali.



E' evidente che per le ditte individuali è lo stesso soggetto richiedente la titolarità a dover essere in possesso di tutti i requisiti richiesti.



Il delegato svolge un ruolo di responsabilità nella conduzione dell'attività: tale responsabilità non pare allo scrivente Servizio debba configurare un rapporto esclusivo con un'unica attività in quanto non comporta necessariamente l'obbligo della continuità della presenza, pur garantendo la responsabilità della conduzione dell'attività sotto i diversi profili.



La norma pertanto non pone un limite al numero dei rapporti di delega, così come non vi è un limite per i rappresentanti legali.



Per quanto concerne le modalità di designazione della persona delegata, in quanto in possesso dei requisiti, si ritiene che possa essere documentata dalla dichiarazione effettuata dalla società o associazione o organismo collettivo nell'apposita modulistica che il Comune dovrà predisporre.



Nell'ambito della modulistica è pertanto opportuno che sia prevista la dichiarazione e la sottoscrizione del delegato da considerare quale accettazione dell'incarico.



Riguardo ai requisiti professionali la norma stabilisce che l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentito a chi è in possesso di uno dei requisiti professionali di cui alle lettere a); b) e c) del comma 2 dell'art. 6.



Si richiama l'attenzione sul requisito di cui alla lettera a) del comma 2, ossia la frequenza con esito positivo di un corso professionale per la somministrazione di alimenti e bevande istituito o riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna o da altra regione o dalle province autonome di Trento e Bolzano, nonché sul disposto di cui al comma 4, il quale prevede che la "Giunta regionale stabilisce le modalità di organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al comma 2, lettera a), nonché i requisiti di accesso alle prove finali.



La Giunta regionale con propria deliberazione n. 1825 del 22 settembre 2003 ha definito, in via transitoria, le modalità di organizzazione dei corsi in oggetto, i requisiti e i titoli di studio validi ai fini della sussistenza del requisito professionale, nonché i requisiti di accesso alle prove finali.



Riguardo ai requisiti validi ai fini della sussistenza del requisito professionale la Giunta ha riconosciuto come tale la frequenza di un corso abilitante per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande riconosciuto dalla Regione e contenuto nei piani provinciali e il superamento dell'esame finale: si ritiene al proposito che anche il mero superamento dell'esame possa essere considerato valido ai fini del riconoscimento del requisito professionale rilevato che l'esame costituisce la sede di accertamento della idoneità all'esercizio dell'attività.



Sarebbe pertanto incongruo non considerare alla stessa stregua chi ha comunque superato positivamente l'esame finale e chi ha frequentato un corso e superato l'esame.



L'art. 6, comma 2, lettera b), riconosce valido quale requisito professionale ai fini dell'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande l'"aver esercitato in proprio, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell'ultimo quinquennio, presso imprese esercenti la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in qualità di dipendente qualificato addetto alla somministrazione, se trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell'imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all'INPS".



Al riguardo si precisa che l'esercizio dell'attività di somministrazione deve essere stato svolto per almeno due anni con riferimento al quinquennio anteriore alla presentazione della richiesta di autorizzazione presso imprese esercenti la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande o alternativamente presso imprese ricettive, in considerazione del disposto della lettera c) del comma 2 dell'art. 6.



L'art. 6, comma 2, lettera c) riconosce valido quale requisito professionale ai fini dell'esercizio dell'attività nella regione Emilia Romagna l'essere stato iscritto nell'ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, per attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande o alla sezione speciale del medesimo registro per la gestione di un'impresa turistica.



Rilevato che la disciplina dettata dalla legge regionale n. 14 del 2003 trova applicazione esclusivamente nell'ambito della nostra regione ne consegue che per i residenti in Emilia Romagna che intendono esercitare l'attività in questa Regione il possesso del requisito professionale di cui alla lettera c) del comma 2 dell'art. 6 presuppone l'iscrizione al REC o al RIT nel quinquennio antecedente al 10 agosto 2003, anche se non necessariamente per tutto il quinquennio.



Ciò significa che a tutti coloro che hanno ottenuto l'iscrizione al REC o al RIT può essere riconosciuto il possesso del requisito professionale, a prescindere dal periodo di iscrizione e per tutto il quinquennio successivo al 10 agosto 2003.



Per i cittadini di altre Regioni che intendono esercitare l'attività in Emilia Romagna il quinquennio di riferimento non potrà che essere quello antecedente la presentazione della domanda.





2. Tipologia degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande



La legge n. 14 del 2003, nel ridisciplinare ex novo la materia già regolata dalla legge 287 del 1991, ha soppresso le tipologie di esercizi di somministrazione in base alle quali, vigente la pregressa disciplina, si svolgeva l'attività di somministrazione.



In luogo delle tre tipologie contemplate dalla legge statale, l'art. 7, comma 1, della legge n. 14 del 2003 stabilisce che "gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande sono costituiti da un'unica tipologia così definita: esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione".



L'art. 8 al comma 5 pone l'obbligo a chi svolge attività di somministrazione di alimenti e bevande di esercitarla nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni ivi comprese quelle igienico sanitarie: ne deriva che è l'autorizzazione sanitaria l'atto che comprova l'attività di somministrazione che può legittimamente essere svolta.



Del combinato disposto delle norme suindicate consegue che le autorizzazioni rilasciate ai sensi della legge 287 del 1991 sono trasformate nella nuova tipologia senza che risulti necessaria la conversione del titolo autorizzatorio.



Tuttavia, salvo adeguamento dell'autorizzazione sanitaria, le attività che il titolare può legittimamente esercitare sono quelle previste nell'ambito della autorizzazione sanitaria precedentemente rilasciata: l'estensione dell'attività non può ritenersi legittima se non successivamente all'avvenuto aggiornamento di detta autorizzazione.



Le disposizioni di cui all'art. 7 hanno effetto anche ai fini del rilascio delle autorizzazioni nella fase transitoria.



I parametri numerici che i Comuni sono tenuti ad osservare ai fini del rilascio delle autorizzazioni, prima dell'emanazione dei criteri previsti dall'art. 20 comma 1, debbono essere intesi riferite all'unica tipologia di cui all'art. 7 della legge che per tale aspetto costituisce norma immediatamente precettiva.



Nell'ambito delle autorizzazioni sanitarie saranno indicate le attività che possono essere svolte, in considerazione dei requisiti igienico-sanitari posseduti.



Si richiama il disposto dell'art. 7 comma 2 in base al quale il Comune può interdire l'attività di somministrazione di bevande alcooliche in relazione a comprovate esigenze di interesse pubblico.



In base a tale disposizione i Comuni hanno la possibilità di effettuare valutazioni relativamente alla necessità di porre divieti alla somministrazione di bevande alcooliche anche al di là delle fattispecie già stabilite dalla legge 287 del 1991.



Tuttavia, in attesa degli approfondimenti che le Amministrazioni vorranno svolgere al riguardo, si ritiene che tale facoltà vada comunque esercitata, sin dalla fase di prima attuazione della nuova norma, per riconfermare i divieti inerenti la diffusione di bevande alcooliche già contenuti nella suddetta legge 287.





3. Vendite per asporto



Ai sensi dell'art. 7, comma 3 della legge è consentito agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande di vendere per asporto i prodotti oggetto dell'attività.



Si ritiene che nell'ambito di tali prodotti siano da ricomprendere le categorie di alimenti che già la normativa previgente consentiva (pastigliaggi, etc.) nonché tutti i prodotti utilizzati ai fini della somministrazione.



Tale norma va inoltre, a parere dello scrivente, correlata alle disposizioni contenute nell'art. 1 - Finalità e principi generali.



Al comma 1, lett. e) del succitato articolo risulta elencato, fra i principi, la valorizzazione delle attività di somministrazione anche al fine di promuovere e sviluppare il turismo, l'enogastronomia e le produzioni tipiche locali. Dal combinato disposto dalle succitate disposizioni si ritiene pertanto che sia consentita la vendita per asporto dei prodotti che consentono il perseguimento delle succitate finalità





4. Norme transitorie



Il titolare di autorizzazioni di cui all'articolo 5, comma 1, lettere a), b) e d) della legge 287 del 1991, per uno stesso esercizio, ha diritto, sussistendone le condizioni, di attivare in locali diversi o cedere, entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, i diversi rami di azienda e il subentrante ha diritto all'intestazione della relativa autorizzazione.



Il comma 2 dell'articolo 20 stabilisce che fino alla definizione da parte dei Comuni, alla luce delle direttive regionali, dei criteri per il rilascio delle nuove autorizzazioni e di quelle relative al trasferimento di sede, continuano ad applicarsi i parametri numerici di cui all'art. 2 della legge n. 25 del 1996, semprechè assunti prima del 10 agosto 2003.



Tali parametri, in virtù della disposizione contenuta all'art. 7 comma 1 della legge, che introduce, dall'entrata in vigore della legge medesima, un'unica tipologia di esercizio in sostituzione alle 4 tipologie fissate dalla legge 287 del 1991, non potranno che essere riferiti, come precedentemente riportato, alla nuova tipologia unica.



In conseguenza del combinato disposto delle succitate disposizioni lo scrivente Servizio ritiene che l'attivazione in locali diversi da parte del titolare o la cessione del diverso ramo d'azienda deve ritenersi legittima purché conforme alle disposizioni del piano comunale, con la precisazione che gli esercizi di somministrazione ivi previsti debbono essere riferiti alla categoria unica così come definita dal legislatore regionale all'art. 7, comma 1 succitato.



Pertanto se l'attivazione si verifica nell'ambito della stessa zona è da ritenersi sempre ammissibile in quanto conforme ai criteri comunali.



Diversa è invece la situazione nel caso in cui il trasferimento avvenga da una zona all'altra del territorio comunale.



In tal caso, infatti, per attuare il trasferimento è necessaria l'autorizzazione del Comune la quale, a parere dello scrivente, deve essere rilasciata qualora la programmazione comunale preveda per quella specifica zona individuata per il trasferimento la necessaria disponibilità.



Relativamente alla data entro la quale deve essere esercitato tale diritto di cessione o trasferimento si precisa che il termine del 10 febbraio 2004 non risulta prorogabile in nessun caso; allo spirare del termine si determina, di fatto, l'unificazione dei titoli autorizzativi.



Relativamente alle modalità di esercizio del diritto si ritiene che, nell'ipotesi di trasferimento di sede, il termine "attivare" utilizzato dal legislatore regionale vada inteso nel senso che il titolare deve avere attivato, entro il 10 febbraio 2004 il procedimento di trasferimento presso il Comune.



Nel caso di cessione entro il 10 febbraio 2004 deve risultare presentata al Comune istanza accompagnata dall'atto comprovante l'avvenuta cessione.



Per quanto concerne infine la locuzione "ramo d'azienda" si ritiene che essa vada intesa quale autorizzazione con l'avviamento e quindi corrispondente al valore dell'autorizzazione avviata.





5. Orari



Altra fra le novità di maggior rilievo introdotte dalla legge n. 14 del 2003 consiste nella affermazione del principio della libera determinazione, da parte dell'esercente, degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi aperti al pubblico che potranno così essere fissati sulla base di valutazioni inerenti la economicità dell'attività e il servizio da rendere ai consumatori.



Gli esercenti hanno l'obbligo di rispettare il monte orario minimo fissato dal Comune, di rispettare l'orario prescelto che deve essere reso noto al pubblico, anche durante la chiusura, con cartelli o altri mezzi idonei e di comunicare preventivamente al Comune l'orario che si effettua.



Al riguardo si ritiene che i Comuni possano consentire, rispetto all'orario prescelto, un minimo di flessibilità, soprattutto per quanto concerne la possibilità di protrarre, per un periodo limitato e comunque stabilito dall'Amministrazione comunale, l'orario di chiusura.



Tale facoltà infatti potrebbe risultare opportuna per l'esercente senza pregiudicare il diritto del consumatore all'informazione sugli orari.



La norme stabilisce altresì che i Comuni possano individuare eventuali fasce orarie di apertura e chiusura, in ragione delle diverse esigenze e caratteristiche delle zone. Si ritiene pertanto che tali fasce, ove eventualmente fissate, possano variare in considerazione delle differenti zone del territorio comunale e delle diversificate esigenze di servizio delle zone medesime.



6. Attività di bed & breakfast



La legge regionale n. 14 del 2003 individua all'art. 2, comma 4 le attività di somministrazione che, pur svolgendosi su aree private, non rientrano nell'ambito di applicazione della legge.



Fra queste figure l'attività di bed & breakfast che è regolamentata dalla legge regionale 21 agosto 2001, n. 29.



Al successivo art. 4, comma 5 la legge stabilisce che restano ad di fuori della programmazione effettuata dal Comune le attività di somministrazione effettuata nell'ambito, fra gli altri, delle attività di bed & breakfast.



Si ritiene che tale esclusione debba essere limitata alla eventuale somministrazione effettuata nei confronti delle persone alloggiate per il bed & breakfast e ai loro ospiti; differentemente l'attività di somministrazione si configurerebbe come attività aperta al pubblico e pertanto del tutto assimilabile alle rimanenti disciplinate dalla legge.



Resta inteso che, in ogni caso, il rilascio della autorizzazione è subordinato al possesso dei requisiti morali e professionali e di quelli di cui all'art. 8, comma 5.



Cordiali saluti.





Il Responsabile del Servizio

Dr.ssa Paola Castellini




Lascia un commento

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome