Musica per gli occhi, ma con il sound giusto

Intrattenimento –

Volevano fare un locale dove si potesse ascoltare buona musica. Ma hanno “esagerato”, creando attorno al palco una superficie di 120 metri quadri dove proiettare immagini e video in armonia con le note. Benvenuti all’Amigdala Theatre

Sentirsi dire da più di un musicista “Finalmente uno spazio in cui si suona bene” è quello che gli ha fatto capire che il loro sogno era diventato realtà. Perché Michele Merletti e Pablo Leoni, amici d'infanzia diventati soci in affari, era esattamente quello che volevano creare con il loro Amigdala Theatre, decentrato tempio (siamo a Trezzo sull'Adda, a metà strada tra Milano e Bergamo) della musica emergente, indipendente, contemporanea, purché di qualità: «Abbiamo lavorato per cinque anni insieme nell'organizzare concerti ed eventi di intrattenimento - spiega Michele Merletti -, usando molto le immagini come coreografia: facevamo proiezioni di immagini in dissolvenza su pareti all'aperto che arrivavano a 200 metri quadri. Girando per il nostro lavoro (il socio Pablo Leoni è un batterista blues di fama, ndr) ci siamo resi conto che facevamo fatica a trovare spazi validi per la musica con intrattenimento: gran parte dei luoghi avevano una pessima acustica o concedevano troppo all'anima fashion a scapito della buona fruizione dello spettacolo. Così ci è venuto in mente di crearlo noi, un locale come quello che abbiamo cercato per anni senza trovarlo».
Dopo due anni di ricerche lo spazio giusto è stato individuato in un capannone alla periferia di Trezzo: «Volevamo uno spazio con una metratura non eccessiva, su misura per i generi musicali di nicchia che volevamo proporre, e alto a sufficienza da permetterci di fare proiezioni su grandi superfici».
Oggi quel capannone si chiama Amigdala Theatre, un live music bar che in meno di due anni di attività è già diventato un punto di riferimento per un variegato pubblico di giovani appassionati di dj e vj set e concerti dal vivo.
A vederlo, prima che si accenda di luci e suoni, ricorda vagamente l'atmosfera un po' post-atomica dei primi hard discount. Gli arredi, infatti, sono ridotti all'osso: il banco è un ex container per il trasporto marittimo, come tavoli vengono usati dei vecchi bidoni.

L'esaltazione dei suoni

Tutto voluto, naturalmente. Per non sottrarre neanche un briciolo di palcoscenico alla musica. Che, anzi, viene esaltata, oltre che da un'ottima acustica - grazie a pareti ricoperte di fibra di vetro e cartongesso forato -, da uno spettacolare accompagnamento di immagini. Due delle quattro pareti del locale, quella dietro al palco e una attigua, si trasformano in un maxischermo alto 4 metri e con una superficie di 120 metri quadri, usato di volta in volta come scenografia fissa (può essere proiettata un'unica immagine o una pluralità di foto) o per proiettare immagini e filmati. «Cerchiamo di studiare la scenografia più adatta per la proposta artistico-musicale del momento».
Aperto quattro sere alla settimana, dal giovedì alla domenica, l'Amigdala Theatre regala una programmazione musicale in continuo divenire: «Quest'anno - spiega Merletti - abbiamo suddiviso il calendario in nove contenitori (vedi www.amigdalatheatre.com, ndr), a ognuno dei quali abbiamo assegnato un colore. Spaziamo dai concerti live ai vj set, dal dub al rock revival, dal soul all'elettronica. Quello che non ci manca è la voglia di fare sempre esperimenti, su nuovi generi o con nuovi gruppi di lavoro. Non avendo paura a scartare le proposte valide commercialmente ma non musicalmente, così come quelle di alto livello artistico ma che non attirano nessuno».

Un lavoro d'équipe

Marco, Pablo e il barista Massimo Sforza sono le colonne del locale (ci lavorano 4 persone fisse più un paio di extra). Ma attorno a loro ruotano tanti altri: «Il nostro obiettivo - spiega Merletti - è trovare gruppi di lavoro motivati cui affidare singoli progetti: gente competente dal punto di vista artistico e capace di organizzare e gestire una serata o un calendario di serate». Naturalmente, molto fa la comunicazione all'interno degli specifici pubblici di riferimento, spesso molto ben identificati. Facebook? «Ci siamo, ma è troppo generalista».

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