La mala movida è il nemico da battere

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L’anno scorso il primo ambito d’intervento delle ordinanze dei sindaci in materia di sicurezza era la prostituzione, oggi è la somministrazione e il consumo di alcolici. Un tema sempre più caldo con gli esercenti nel mirino

La lotta contro l'abuso di alcol non conosce soste. Ora al centro dell'interesse dell'opinione pubblica e delle ordinanze dei sindaci c'è il problema della somministrazione e del consumo di alcolici. Si sono moltiplicate, infatti, negli primi sei mesi del 2009 le ordinanze a livello comunale contro non solo la somministrazione ma anche la vendita e la cessione di bevande alcoliche agli under 16. Lo rivela una recente ricerca della Fondazione Anci-Cittalia che, a un anno dall'emanazione della legge 125 del 24 luglio 2008, che ha dato ai sindaci la facoltà di emettere ordinanze in tema di sicurezza urbana, fotografa una nuova realtà. Dopo aver raccolto le 788 ordinanze totali emesse in un anno dai sindaci di 445 Comuni, il risultato è che “tra il 2008 e il 2009 cresce l'attenzione su tutti i temi legati al decoro delle città, passa in secondo piano l'utilizzo delle ordinanze per affrontare la prostituzione su strada e rimane limitato l'intervento in altri ambiti, dove alla questione della sicurezza si somma quella del disagio sociale (controllo dell'immigrazione, insediamenti abusivi ecc.)”. I dati evidenziano inoltre che, complice l'estate, sono aumentati nel 2009 tutti gli interventi che in vario modo investono il mondo dei giovani e degli adolescenti: dal divieto di vendita di alcolici ai minori di 16 anni alla questione dei writer (nelle ordinanze contro il vandalismo), alle stesse ordinanze “antimovida” (consumo di alimenti e di bevande, schiamazzi). La graduatoria degli ambiti di intervento maggiormente regolati è, infatti, nell'arco di un anno (luglio 2008 - Agosto 2009) cambiata radicalmente.

Alcol e minori, emergenza urbana

Se nei primi mesi dall'entrata in vigore della legge il fenomeno maggiormente contrastato era la prostituzione, oggi è il consumo e la somministrazione di bevande alcoliche, spesso a minori di anni 16. Un incremento che gli osservatori collegano all'ordinanza emessa dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, il 17 luglio scorso che, finalizzata a contrastare il fenomeno dell'abuso di bevande alcoliche, ha di fatto generato un effetto volano verso altri comuni. Il quadro complessivo degli atti sindacali in materia di sicurezza nell'intero periodo dall'emanazione del decreto Maroni vede, dunque, al primo posto il consumo di bevande alcoliche (13,6%), al secondo la prostituzione (13%), al terzo il vandalismo (9,4%). C'è da dire che, sebbene le misure anti alcol abbiano suscitato un eco mediatico forse esagerato, esse hanno la loro ragione principale in una situazione sociale dai risvolti allarmanti. L'ennesima conferma arriva dai dati di un'indagine su giovani e alcol che il Cnr svolge annualmente dal 1999. Dalla prima edizione all'ultima, che si riferisce al 2008, la quota di studenti che confessano un' ubriacatura almeno una volta nell'anno è salita dal 39 al 43%, e dal 31 al 35% quelli che la dichiarano nell'ultimo mese. A bere si comincia sempre più presto: tra i 15enni il 30% circa dei soggetti di entrambi i sessi si è ubriacato almeno una volta nell'anno; tra i 17enni il 50% dei maschi ed il 41% delle ragazze; tra i 19enni, rispettivamente il 58% ed il 45%.
Il tema della sensibilizzazione

È chiaro che, stante l'attuale quadro emergenziale, l'alcol e i problemi correlati rimarranno nell'occhio del ciclone per molto tempo e che su questo fronte non sono più ammessi da parte soprattutto degli esercenti errori o comportamenti fuori dalle regole. Per esempio, al momento di andare in stampa registriamo il sì della Camera alla legge Comunitaria per il 2009 che prevede, tra le altre materie, sanzioni sempre più pesanti per la vendita di alcolici, senza licenza, in aree pubbliche. Certo è che nonostante tutti gli sforzi che istituzioni, associazioni e aziende stanno facendo contro l'abuso di alcol tra i giovani la risposta è ancora tiepida. La domanda è perché i giovani rispondano così poco alle campagne di sensibilizzazione a un bere consapevole (ma lo stesso vale anche per le campagne per la sicurezza stradale). Una domanda che chiama fortemente in causa chi fa prevenzione e che richiede un'analisi del disagio giovanile che va ben al di là di spesso demagogiche prese di posizione contro categorie o imprenditori.

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