Contratti commerciali: da gennaio la mora scatta automaticamente

Norme&fisco –

Il Decreto Legislativo 192/2012 stabilisce termini di pagamento di 30 giorni (per i prodotti freschi) e di 60 (per le altre derrate), e la decorrenza immediata ed automatica degli interessi di mora a tasso maggiorato. Si temono effetti finanziari negativi sulle Pmi

Scatto automatico degli interessi di mora per i contratti conclusi dal 1° gennaio 2013 e prova scritta di ogni accordo derogatorio. Il Dlgs 192/2012 ha recepito la direttiva 2011/7/Ue contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Cioè: “i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo”. I pagamenti effettuati oltre il termine dei 30 giorni dalla scadenza, o entro il maggior termine stabilito contrattualmente (ma non superiore ai 60 giorni, salvo casi particolari), saranno quindi maggiorati degli interessi moratori senza bisogno di sollecito e preavviso da parte del creditore. Il creditore matura il diritto agli interessi dal giorno successivo alla data di scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabilito nel contratto. Se la data di scadenza o di pagamento non risultano nel contratto, gli interessi di mora decorrono in ogni caso dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento: 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Se questa data non è certa, i 30 giorni decorrono dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi (anche nel caso in cui la fattura o la richiesta di pagamento vengono ricevute prima delle merci o dei servizi). Le imprese possono pattuire un termine superiore ai 30 giorni. Ma, se superano i 60 giorni, è necessaria una clausola scritta e non deve configurarsi un comportamento svantaggioso per il creditore.

Forma e scadenze
Il decreto si propone in primis di contrastare le posizioni dominanti delle imprese rispetto ai propri fornitori. E in sostanza estende a tutte le transazioni commerciali le regole imposte nel settore agricolo e agroalimentare dall’articolo 62 del Dl 1/2012. L’articolo prevede, dal 24 ottobre scorso, interessi e sanzioni automatiche se le imprese non pagano i propri fornitori entro 30 giorni (per merci deteriorabili) e 60 giorni (per tutte le altre) a partire dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. I termini sono inderogabili: pagare in ritardo comporta interessi maggiorati e una sanzione da 500 a 500mila euro, determinata in ragione del fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura del ritardi.
Le norme si applicano alle cessioni di prodotti la cui consegna avviene nel territorio italiano, inclusi quindi quelli provenienti da altri Paesi Ue oppure importati. Ma non si limitano a indicare rigorose scadenze di pagamento. Tra i punti principali ci sono anche l’obbligo del contratto in forma scritta e il divieto di pratiche commerciali sleali. I contratti devono esser stipulati necessariamente in forma scritta e indicare (a pena di nullità) la durata, la quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e pagamento.
Rispettano l’obbligo della “forma scritta” anche le comunicazioni in forma elettronica o a mezzo fax, e gli elementi essenziali possono essere annotati anche nei documenti di trasporto o di consegna, o nella fattura. Chi sbaglia incorre in una sanzione che va da 516 a 20mila euro, in base al valore dei beni venduti. È chiaro che la norma non vale per le cessioni di prodotti agricoli e alimentari al consumatore finale, né per quelle istantanee.

Niente deroghe
Come si può notare, mentre il Dlgs 192/2012 sui pagamenti consente di applicare una maggior flessibilità ai termini, grazie alla deroga concordata con una trattativa delle parti, l’articolo 62 del decreto liberalizzazioni (Dl 1/2012) non prevede alcuna eccezione. Motivo di protesta da parte delle associazioni industriali e del commercio. La Fipe si è ad esempio rivolta alla Commissione Europea denunciando il contrasto dell’articolo 62 con la normativa europea: in particolare con le direttive 2000/35/CE e 2011/7/CE che, fissando i termini generali di pagamento per le transazioni commerciali dei prodotti agroalimentari, riconoscono comunque alle parti la possibilità di accordarsi, derogarvi, e prevedere tempi più lunghi. C’è già chi prevede che l’impatto della nuova norma sui pagamenti a 30 giorni sarà devastante per molte Pmi del settore dei pubblici esercizi che già a loro volta devono fare i conti con crediti ben più lunghi di 30 giorni, pensiamo ai rimborsi per i buoni pasto. 

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