Allibratori esteri, occhio!

Scommesse telematiche –

Non è chiaro se un bar possa fare da intermediario nel settore delle scommesse per conto di un operatore straniero. Meglio fare attenzione, perché si rischia la licenza

Legali o no? Ancora oggi, dopo anni di sentenze, di giurisprudenza nazionale e comunitaria, risulta difficile definire la questione dei centri trasmissione dati (ctd). Ora potrebbe essere l’atteso ddl 1078, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2008”, in discussione, a scrivere una nuova pagina della vicenda.
Ma cosa sono i cdt? Si tratta, per semplificare, di uno o più computer dati in gestione all’esercente, da parte di operatori esteri, per la trasmissione di scommesse telematiche. L’operatore in questione offre, tramite il sito internet di appartenenza, quote elaborate su un proprio palinsesto, non determinato dai Monopoli di Stato, e offerto ai giocatori italiani. Il che, visti i limiti esistenti in Italia, si traduce in un maggior numero di eventi scommettibili con modalità spesso differenti. A partire dalla puntata minima, indicata in 50 centesimi contro i 3 euro italiani. Tralasciando i complessi aspetti fiscali, è necessario sottolineare che gli operatori attivi tramite i ctd, pur privi della regolare concessione Aams, risultano in possesso di una licenza rilasciata da uno Stato appartenente alla Comunità Europea. E proprio qui nascono i problemi per l’esercente. Negli ultimi mesi la Guardia di Finanza, e i predisposti reparti della Polizia, hanno effettuato numerosi sequestri all’interno dei pubblici esercizi, contestando l’avvenuta raccolta non autorizzata delle scommesse ex art.88 Tulps.
In realtà però, ed è questa la difesa degli operatori esteri, i ctd non accettano direttamente scommesse, ma offrono un “servizio telematico” al giocatore che gioca nella più completa autonomia e senza forzature. Di conseguenza risulterebbe superflua l’autorizzazione ex art. 88. Diverse le motivazioni per gli operatori, che basano la propria difesa sugli artt. 43 e 49 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (siglato a Roma il 25/03/1957). Il primo, dedicato al divieto di restrizione della libertà di stabilimento, sancisce la libertà di aprire agenzie o filiali da parte di cittadini di uno Stato membro sul territorio di un altro. Il secondo stabilisce la libera prestazione dei servizi nei paesi aderenti alla Comunità. Lo Stato italiano incentra invece la legislazione dei giochi sul Regio Decreto 773 del 18 giugno 1931, riconoscendo al settore giochi la presenza di un regime concessorio.
L'orientamento della giurisprudenza
La difficile convivenza tra i due sistemi ha fin qui portato a un gran numero di sequestri, spesso invalidati ma altrettanto spesso confermati dalle Procure.
Non ultima, la sentenza 6026 del dicembre 2008 della sesta sezione del Consiglio di Stato. La questione al centro del thema decidendum consisteva, appunto, nello stabilire se un soggetto residente in Italia possa decidere di intraprendere un’attività di intermediazione nel settore delle scommesse (per conto di un allibratore straniero regolarmente abilitato nel suo Paese), senza preoccuparsi di ottenere l’autorizzazione di pubblica sicurezza. Il Collegio ha ritenuto che l’attività di raccolta delle scommesse svolta senza il previo rilascio dell’autorizzazione prevista dall’art. 88 Tulps debba ritenersi illegittima. Per contro è di questi giorni la notizia della riapertura di cinque centri di un noto operatore di Liverpool sottoposti a sequestro dalla Questura centrale di Roma. A disporne il dissequestro è stato il Tribunale del Riesame della capitale, per la non applicabilità al caso concreto del regime concessorio o autorizzatorio italiano. Un caso quindi ancora aperto. Ad ogni modo conviene fare molta attenzione, in quanto la violazione dell’articolo 88 Tulps porta alla sospensione della licenza.

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