Finanziarsi con un leasing può abbattere i costi

Norme&fisco –

In caso di rinnovo dei locali o di acquisto di nuovi arredi e attrezzature, è utile verificare l’opportunità di ricorrere a una società di leasing. In genere la soluzione risulta meno onerosa rispetto a mutui e prestiti. E può esserci anche qualche vantaggio fiscale

Per gli acquisti di beni strumentali, come per esempio gli arredi e le attrezzature di un locale, il leasing è una soluzione da valutare: è uno strumento di facile accesso e in genere ha un tasso d’interesse inferiore a mutui e prestiti, dato dal fatto che durante il contratto chi finanzia mantiene la proprietà del bene e ha quindi più garanzie in caso di insolvenza. Con il leasing, una società finanziaria acquista il bene scelto dal proprio cliente e glielo concede in locazione dietro pagamento di canoni, in genere mensili, con il patto che alla scadenza il cliente potrà acquistarlo pagando il cosiddetto “prezzo di riscatto”. Quest’ultimo ha un valore di norma irrisorio rispetto al valore residuo del bene, perché i canoni comprendono anche parte del costo del bene. La disponibilità del bene e le spese operative e di gestione sono a immediato vantaggio e carico dell’utilizzatore, come per i beni in proprietà.
La normativa civilistica italiana tratta il leasing come un contratto di locazione: i relativi costi vanno indicati nel conto economico alla voce “B.8 Godimento di beni di terzi” e considerati costi di esercizio. Il valore del bene va contabilizzato tra le immobilizzazioni al momento del riscatto e solo per il relativo costo.
In futuro la norma dovrebbe cambiare per adeguarsi ai principi contabili internazionali, secondo cui il leasing è un contratto di finanziamento: si iscrive il bene tra le immobilizzazioni, ammortizzandolo ed equiparando il pagamento del canone alla restituzione di un mutuo con quota capitale e quota interessi.
Diverso è il leasing operativo, equiparabile a un noleggio, senza diritto al riscatto del bene e che comprende anche le spese di gestione, con obbligo di restituzione del bene alla scadenza contrattuale. Esiste anche un formula mista, denominata “leasing full service”: ha le caratteristiche base del leasing, tra cui il diritto di riscatto, ma i canoni comprendono anche alcune spese di gestione; per gli automezzi, per esempio, assicurazione, tassa di possesso, manutenzione programmata e l’eventuale polizza kasko.
La norma fiscale ammette, in generale, l’imputazione a costi deducibili dei canoni di locazione finanziaria, ponendo però un limite minimo di durata del contratto, calcolato sulla base delle aliquote di ammortamento. Per la deducibilità dei canoni di leasing di particolari beni (mezzi di trasporto di persone, sistemi telefonici ecc.) valgono le norme generali per la deduzione dei relativi costi: i canoni per mezzi di trasporto di persone sono così deducibili al 40, 80, 90 o 100%, i sistemi telefonici al 80% ecc.
Gli interessi inclusi nei contratti di leasing, per società di persone e ditte individuali, sono totalmente deducibili se inerenti l’attività aziendale e purché i costi del bene acquisito non abbiano limiti alla deducibilità. Per gli automezzi, su cui i limiti ci sono, gli interessi saranno deducibili nella stessa misura degli altri costi.
Per le società di capitali (soggetti Ires) gli interessi passivi, al netto di quelli attivi, sono deducibili fino a un massimo del 30% del reddito operativo lordo. L’eventuale eccedenza può essere riportata ai periodi di imposta successivi. La quota di interessi passivi compresa nel canone entra nell’importo da calcolare ai fini del supero del 30%. Gli automezzi fanno storia a sé: in caso di acquisto con prestito/mutuo, i relativi interessi passivi sono deducibili nei limiti percentuali pari alle altre spese relative ai mezzi di trasporto di persone a motore, e non entrano nel calcolo del 30%; nel caso del leasing, gli interessi impliciti nei canoni entrano anche nel calcolo del 30% di deducibilità.
La quota parte dei canoni di leasing costituita dagli interessi passivi è indeducibile ai fini Irap (come gli interessi di un eventuale mutuo.

PER APPROFONDIRE

La Durata
La legge stabilisce un limite minimo di durata fiscale del contratto di leasing. I valori indicati sono quelli validi per i contratti stipulati dall’1/1/2008
(in precedenza i limiti erano più generosi).

BENI IN GENERE
La durata minima è di due terzi del periodo di ammortamento calcolato sulla base dell’aliquota. Esempio: per un bene con aliquota tabellare di ammortamento pari al 20%, durata (100/20) 5 anni corrispondenti a 60 mesi; durata minima 40 mesi, corrispondenti a tre anni e quattro mesi.

MEZZI DI TRASPORTO
DI PERSONE A MOTORE
La durata minima in anni pari a 100 diviso l’aliquota tabellare di ammortamento (la più usuale è il 25%,
per cui 4 anni, corrispondenti a 48 mesi).

BENI IMMOBILI
La durata minima è di due terzi del periodo di ammortamento calcolato sulla base dell’aliquota con un minimo di 11 anni e un massimo di 18 anni.
• Per aliquote inferiori al 5,55%, quali sono di norma quelle degli immobili, la durata minima è di 18 anni.
• Per aliquote superiori al 9,09%, quali ad esempio le costruzioni leggere (aliquota 10%), la durata minima è di 11 anni.
• Per le aliquote tra il 5,55 e il 9,09% si applica la formula dei beni in genere (100/aliquota x 2/3).

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