Dal Guatemala il miglior barista

Campionato mondiale –

Raul Rodas trionfa al World Barista Championship a Vienna. Una vittoria che segna anche il sorpasso dei Paesi produttori di caffè sull’Europa e l’Italia

È il 1998 quando una rappresentanza del settore degli specialty coffee e di entusiasti del mondo del caffè fonda a Londra la Scae - Speciality Coffee Association of Europe. L’obiettivo è promuovere la qualità e la cultura della bevanda in tutte le sue forme. Nel 2000 prende il via a Monte Carlo la prima competizione internazionale tra baristi. Il format è apparentemente semplice: ogni concorrente deve preparare quattro espressi, quattro cappuccini e quattro bevande personalizzate a base espresso. Tuttavia non basta che il barista realizzi delle bevande perfette per composizione e profilo gustativo: deve anche dimostrare la sua competenza lungo tutto lo svolgimento della prova, dal chicco alla tazza.
Nel 2006 vengono istituite altre gare: latte art, coffee & good spirits, cup taster, alle quali via via se ne aggiungono di nuove, a testimonianza di un’attenzione capillare al settore, in tutte le sue forme ed espressioni. Il chapter italiano dal 2008 fa opera di divulgazione della cultura e dell’arte della caffetteria attraverso l’Associazione Campionati Italiani Baristi - Acib. Ad essa spetta anche l’organizzazione dei campionati italiani delle diverse specialità. Perché partecipare? Per scoprire un mondo del caffè piacevolmente “diverso”, dinamico e ricco di stimoli che aiutano a crescere professionalmente. E mettersi alla prova.

La tecnologia italiana in primo piano

Siamo andati a Vienna alla prima parte delle finali. Circa 150 espositori di caffè hanno animato la tre giorni, che ha visto alternarsi le competizioni. Il cuore è stato l’ampio spazio circondato dalle tribune dove si è svolto il Wbc (le prove: http://new.livestream.com/worldcoffee/WBC2012finals): al centro tre postazioni con la nuova Aurelia II di Nuova Simonelli, a testimonianza dell’alta qualità dell’industria nazionale delle macchine per caffè.

La cronaca della finale

Si è classificato primo il guatemalteco Raul Rodas. Ha presentato un caffè della Finca La Soledad della regione Acatenango (Guatemala), le cui drupe sono fatte fermentare a secco per 14 ore e lasciate asciugare15 giorni. Ha realizzato un infuso fresco della polpa della ciliegia, uno di chicchi verdi ricoperti di mucillagine, quindi, con il metodo “clever dripper” (simile al French coffee), un estratto di caffè parzialmente tostato, e uno con chicchi di “primo crack”. Assaggiate le quattro bevande, a due dei quattro giudici è stato chiesto di unire all’espresso le prime due, per simularne il profilo “naturale”, ai secondi le rimanenti, per avere un gusto “lavato”. Le coppie si sono poi scambiate le preparazioni. Fabrizio Sención Ramírez, messicano, secondo classificato, ha proposto un espresso realizzato con caffè Maragogype della regione del Chiapas servito “normale” al primo giudice, per osservare la crema e coglierne il flavour di frutta secca, prugne e uva passa; identica preparazione è stata servita al secondo giudice in tazza da cappuccino, da cui gli aromi si sprigionano grazie al maggiore diametro; il terzo giudice è stato invitato a cercare la parte “dark” della bevanda, servita in tazza fredda per esaltare la componente acida; il quarto ha ricevuto due tazzine e versato il contenuto della prima nella seconda, ottenendo un prodotto più dolce e “rotondo”. Ramírez ha poi realizzato due infusi: uno con le foglie della pianta del caffè e uno con i frammenti di pellicola che si liberano dal chicco durante la tostatura. I giudici li hanno assaggiati separatamente, quindi uniti all’espresso, realizzando un prodotto finale molto aromatico.

L’ennesima delusione

Ha rappresentato l’Italia Elisa Molle, che si è cimentata con un Etiopia Sidamo. Ha realizzato un infuso di caffè verde versandolo in ballon senza gambo, quindi un espresso dark e uno light (con differenti gradi di tostatura) ed è andata a “ricostruire” la sua tazza: versando l’infuso al light ha fatto assaggiare ai giudici un mix di dolcezza e acidità, quindi unendo anche il dark ha aggiunto un’amarezza positiva. Elisa si è classificata 35°. È stata l’ennesima occasione per lanciare accuse ai giudici stranieri che non vogliono capire i concorrenti italiani.
E se provassimo a fare un minimo di autocritica, ad aprirci un po’ di più al mondo internazionale? Ci dà uno spunto il messicano Ramirez: «Rispetto la scuola italiana e la sua lunga tradizione - ci ha detto -. Ma per essere competitivi dovete andare oltre la vostra tradizione per calarvi in un altro modo di intendere il caffè, capire che si può fare in modi differenti; andare all’estero, sperimentare modi diversi di lavorare». Prima di chiudere la nostra cronaca vorremmo fare i complimenti a Cinzia Linardi, decima alla gara di Cup tasting. Frattanto aspettiamo le finali di Seoul, dove è protagonista di nuovo una macchina italiana, la dc pro di Dalla Corte. Gareggeranno Chiara Bergonzi, Latte Art e Francesco Corona, Coffee in Good Spirits.

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