Il boom dei dim sum, i ravioli che piacciono ai millennial

Il boom dei ravioli cinesi è ormai globale. La catena Din Tai Fung ne ha fatto un rito contemporaneo

dim sum
Il boom dei ravioli cinesi e più in generale dei dim sum è ormai globale. La catena Din Tai Fung ne ha fatto un rito contemporaneo

Yang Bingyi è il nonno, l’inventore, il decano dei ristoranti dim sum, il rito che passa anche attraverso i ravioli (dumplings) cinesi, di forme e cotture diverse, che oggi spopola in Italia e in tutta Europa. Manzo, maiale, verdure, pesce, prevalentemente al vapore ma anche fritti. Din Tai Fung è la catena di ristoranti creata nel 1970, oggi presente in tutto il mondo, servendo per la prima volta nel ristorante di Taipei gli xiaolongbao, i ravioli al vapore tipici di Shangai, perché il ripieno non è asciutto ma brodoso. Un concept ieri rivoluzionario che oggi è tornato di attualità: la cucina cinese e più in generale quella etnica specializzata nella pasta ripiena cotta al vapore. Il ristorante originario è diventato nel tempo catena internazionale: nel 1996 ha aperto il primo ristorante a Tokyo, nel 2000 è stata la volta della California; nel 2009 il ristorante di Hong Kong aveva guadagnato la stella Michelin e l’anno scorso ha aperto a Londra, capitale europea del dim sum.

Dim sum, iconografia di un rito

Il dim sum in origine non è un piatto o una ricetta ma un rito di consumo tipico della Cina meridionale legato al pranzo della mattina, fatto di piccole porzioni tra cui anche i ravioli. Un rito legato a quello del tè. L’idea del rito a base di mini porzioni è stato globalizzato fondendo la tradizione, la familiarità dei ravioli, con la “tapasizzazione” della cucina e l’esotico dell’etnicità. Il raviolo è un prodotto iconografico declinabile a piacere: la pasta, il suo colore e il ripieno diventano oggetto di personalizzazione. Il servizio spazia dai classici contenitori di bambù impilabili al dim sum servito e guarnito, un pezzo solo a protagonista del piatto.

I locali Din Tai Fung sono semplicissimi e rassicuranti come deve essere una catena internazionale: la sintesi commerciale di un ristorante cinese, molto simile agli all you can eat che troviamo anche in Italia. Colori scuri, tavoli senza tovaglia, qualche accessorio orientale.   

Lo stile dei primi ristoranti di dim sum anni ‘90 a Londra era simile. Solo negli ultimi anni il ristorante di dim sum diventa un locale fusion elegante, dove arredi e atmosfera valorizzano un prodotto semplice, appunto un raviolo. Tutti i locali di Din Tai Fung hanno una caratteristica distintiva che mette al centro dell’esperienza la preparazione dei ravioli: un laboratorio a vista dove i cuochi vestiti come degli scienziati in un una camera sterile realizzano uno a uno a mano i ravioli. Garanzia di trasparenza e concretezza, valori che non troviamo nei locali di ultima generazione in Europa dove il dim sum esce dalla cucina come un piatto d’autore.

Da Din Tai Fung esistono decine di dim sum e circa 20 varietà di ravioli e simili (dumplings e buns) tra cui quelli al maiale, al granchio e maiale, ai gamberi e maiale, al pollo, al maiale e tartufo, al taro (una radice) dolce. Per ogni varietà la porzione è di 10 pezzi, mentre il sabato e la domenica vengono serviti anche mini ravioli, in 20 unità (da 9 a 12 euro a porzione). In carta ci sono anche zuppe, noodles asciutti e fritti e riso fritto (prezzo tra gli 8 e i 12 euro), tutti i piatti sono da condividere. Come dolce vengono utilizzati gli stessi dim sum, con ripieni come fagioli rossi, cioccolato e sesamo.  Esiste una ricca carta di tè, vino e birra, nonché cocktail e sakè.  Lo scontrino medio è intorno ai 25 euro.

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