Pausa pranzo tra modelli e realtà

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Il 63% dei lavoratori europei aspira a pasti sani e bilanciati. In realtà, però, solo il 27% a tavola fa scelte corrette. La strada verso una pausa pranzo “light” è ancora lunga ma aumenta il desiderio di saperne di più su calorie e ingredienti

Tendono a saltare la colazione, a mezzogiorno si abboffano di pasta e, se non hanno a disposizione una mensa aziendale, scelgono di pranzare al ristorante o in pizzeria: et voilà il profilo delle abitudini alimentari dei lavoratori italiani così come viene delineato nella ricerca condotta in 6 Paesi (Italia, Francia, Spagna, Belgio, Svezia e Repubblica Ceca) su oltre 4.500 tra uomini e donne. Uno studio che rientra nell’ambito del progetto europeo Food, promosso da Accor Services e realizzato in collaborazione con l’Unione Europea, il cui obiettivo è promuovere la corretta alimentazione e contrastare l’obesità, partendo appunto dalla constatazione di come si comportano gli europei costretti a mangiare fuori casa per ragioni di lavoro. La prima evidenza è che dalla Svezia all’Italia, dalla Spagna alla Francia, le abitudini alimentari quotidiane si somigliano sempre di più: si preferisce una pausa pranzo tranquilla e comoda, consumata fra bar e ristoranti, si pasteggia ad acqua e si fa strada una maggiore consapevolezza della necessità di nutrirsi in modo corretto e di seguire un’alimentazione bilanciata. Ma anche la certezza che le proprie abitudini a tavola sono ancora imperfette.

A pranzo primeggia il piatto di pasta

Su questo affresco di fondo rimangono delle differenze nazionali piuttosto marcate. A partire dal primo pasto della giornata, la colazione: in media solo un europeo su quattro tende a saltarla, mentre ben il 68% ha l’abitudine di iniziare bene la giornata con il corretto apporto calorico. Ben diversa la situazione in Italia, dove il 13,9% di lavoratori non fa mai colazione e il 25,2% la fa solo qualche volta: dunque, anni e anni di campagne informative martellanti sull’importanza e la necessità di fare una corretta colazione ancora non hanno prodotto i risultati sperati. Ben 4 italiani su 10, infatti, si accontentano di una sosta veloce al bar o alla macchinetta dell’ufficio per un caffè. E così rischiano di arrivare stanchi e affamati al pranzo, dove si fanno conquistare da un sostanzioso piatto di pasta, cibo che rappresenta il menu del mezzogiorno nel 45,3% dei casi.

Mensa e ristorante i luoghi preferiti

In Francia predominano la carne (39,2%) e i formaggi (44,3%), in Spagna gli insaccati e i salumi (72%), mentre in Svezia e in Repubblica Ceca la regina incontrastata della pausa pranzo è la zuppa (rispettivamente 46,9% e 69,2%). Se in fatto di gusti gli europei non sono ancora un unico popolo, in fatto di approccio alla pausa pranzo sono già abbastanza concordi nell’essere fautori dello slow food. Gli intervistati sembrano poco sedotti dal fast food e dai sapori etnici: preferiscono sedersi a un tavolo, in un bar o in ristorante, e concedersi un momento di relax. Anche in Italia il trend sembra confermato: oltre un lavoratore su quattro pranza al ristorante o in pizzeria, il 18% va al bar-tavola calda, il 2,7% al fast food e solo l’1,2% nei ristoranti etnici. Ove possibile, il riferimento dei pranzi dei lavoratori resta comunque la tradizionale mensa aziendale (35,8%), mentre meno di un lavoratore su cinque si porta il pranzo da casa e lo consuma in ufficio. La vicinanza al posto di lavoro resta il criterio più importante con cui gli italiani scelgono dove pranzare (55,9% delle risposte) e surclassa alla lunga la convenienza economica (32%), la varietà del menu (30,5%) e la velocità del servizio (28,3%). Se la decisione di dove andare a mangiare viene fatta preventivamente e in modo razionale, la scelta di cosa mettere nel piatto viene invece presa al momento e per ragioni prevalentemente emotive. Sei intervistati su dieci decidono quando sono già nel locale, in base all’offerta e senza considerare l’apporto calorico e l’equilibrio nutrizionale degli alimenti.

Più informazioni su menu e piatti

Solo il 27% dei lavoratori europei, invece, compie scelte consapevoli e nutrizionalmente corrette, e si tratta soprattutto di 18-35enni (in particolare le donne), mentre gli over 45 e i maschi sembrano più propensi a concedersi un peccato di gola quotidiano. Ancora una volta, dunque, tra il sapere e il fare c’è di mezzo il mare. Infatti il concetto di alimentazione bilanciata sembra essere largamente conosciuto e accettato: il 63% degli intervistati ritiene importante nutrirsi in modo variato, con porzioni moderate e consumate possibilmente in un luogo piacevole, mentre il 60% considera essenziale mangiare cibo insieme sano e buono. Poi ci sono le due frange estreme: il 21% per cui il cibo sano è quello light o dietetico, e il 18% per cui la “buona cucina” in quanto tale è automaticamente sana. Insomma, mentre aumenta la consapevolezza rispetto alla necessità di mangiare bene e in modo corretto, nella pratica quotidiana la strada da percorrere è ancora lunga. Un gap di cui un po’ tutti sono consapevoli, tanto che la stragrande maggioranza degli intervistati vorrebbe migliorare la propria alimentazione, a cominciare proprio dalla pausa pranzo, considerato il momento migliore per correggere le cattive abitudini. E così dallo studio escono indicazioni interessanti per chi lavora nell’horeca. Per esempio, un lavoratore su due vorrebbe che sul menu venissero evidenziati i piatti meglio bilanciati e nutrizionalmente corretti. Il 40% vorrebbe sapere l’esatto apporto calorico di ogni piatto, mentre un terzo degli intervistati chiede addirittura che ogni piatto sia associato alla tabella nutrizionale completa, analoga a quella che si trova sulle confezioni degli alimenti venduti al supermercato.

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