Non chiamatelo solo banco

Strumenti –

Sempre più trasparenti e vetrati per mostrare al pubblico panini e brioche e valorizzare il lavoro del bartender. I banchi bar si tolgono le vesti di elemento tecnico del locale per farsi protagonisti

L’evoluzione del banco ha assunto mille direzioni negli ultimi anni. Rispetto al layout e all’impostazione tradizionali, che per decenni hanno dominato la scena del bar sulla base di un concetto di servizio molto semplice, oggi le cose sono completamente cambiate. Le occasioni di consumo si moltiplicano e si mischiano, nelle abitudini e negli orari dei consumatori. Anche se in Italia non si è diffusa l’abitudine di mangiare in qualsiasi momento della giornata o luogo della città, come invece accade nella maggior parte del mondo, la colazione non è più soltanto croissant e cappuccino, ma può allargarsi ai succhi, al salato, ai prodotti per celiaci o per chi soffre di intolleranze. Gli orari ibridi di metà mattina o metà pomeriggio vedono l’ingresso, nei bar italiani, di consumatori con le esigenze più diverse: da chi vuole bere un caffè come semplice “energy boost” per darsi una carica per il lavoro, a chi invece deve consumare un toast o uno spuntino.

Perché tutto a vista

I produttori di banchi italiani, che costituiscono una nicchia produttiva d’eccellenza nel mondo, sono i primi osservatori delle esigenze dei gestori e dei cambiamenti di abitudine e sono unanimi nel sostenere che il banco si è trasformato in vetrina. I piccoli contenitori vetrati che una volta bastavano a esporre due brioche e un bombolone, sullo stile del Bar Sport di Stefano Benni, sono diventati del tutto insufficienti per ospitare una varietà di prodotti che, a tutte le ore, deve proporre sia dolce che salato. Il piano di servizio non è più la lastra in marmo dei monumentali banchi bar di inizi Novecento né la base in acrilico che ricorda tanto i top delle cucine componibili.
È invece sempre di più un piano di vetro, al di sotto del quale il consumatore vede il prodotto esposto, con cui si trova a diretto contatto. «Il “banco a vista” è sempre più diffuso - conferma Simona dell’Utri, marketing manager di Paron arredamenti, azienda che realizza arredi per ogni destinazione, dalla casa al contract - e si sposa con un concetto dell’isola di lavoro che diventa parte integrante dell’impronta del locale, un luogo di attrazione in cui anche gli elementi tecnici del retrobanco, come celle refrigerate o attrezzature, non sono più soltanto strumenti di lavoro. Non si può più pensare a questi spazi come a una sorta di “backoffice”, un’area tecnica che deve essere solo funzionale ma non estetica. Ed è per questo motivo che il vetro domina sempre di più, magari abbinato a materiali pregiati, come metalli lavorati con tecniche speciali, che fanno del banco-isola di lavoro il punto di attrazione del locale».

Trasparente e versatile
Il banco-vetrina è trasparente per mostrare i punti di forza del locale e deve essere anche tecnologicamente attrezzato per passare da una funzione all’altra. C’è chi, a questo proposito, non si limita all’inserimento di vasche o vetrine caldo/freddo, adatte anche al bagnomaria, in cui il prodotto di pasticceria può essere sostituito in ogni momento dal piatto caldo. Al Bar Aurora di Massafra, in provincia di Taranto, il titolare Donato Carucci ha per esempio voluto qualcosa in più. «Si tratta - dice Simone Andruccioli di Afa Arredamenti, che ha curato l’allestimento - di un bar, gelateria e pasticceria in posizione centrale, nato negli anni Sessanta. La grande varietà di prodotti trova posto in due banchi vetrina simmetrici. Uno di questi è pensato anche come postazione cocktail, con un piano d’appoggio alto circa 1,10 m per il cliente (90 cm per il bartender), attrezzato con tutti gli strumenti per la mescita, dal frullatore alla spina per la birra. La novità è l’inserimento di una miniconsolle per la gestione della musica e delle luci, che cambia durante la giornata e che viene particolarmente curata durante l’aperitivo o in occasione di eventi speciali». Questa scelta evita di ricorrere a soluzioni improvvisate, come tanto spesso si vede in molti locali, in cui per esempio la consolle è appoggiata nel retrobanco e il deejay è costretto a voltare le spalle alle persone in sala.

Dai piani d’appoggio alle vasche
L’esposizione del prodotto lungo tutta l’estensione del banco richiede un allestimento diverso rispetto al layout tradizionale. È importante che il piano di servizio sia profondo e copra completamente il cibo, per evitare che il pubblico possa “contaminarlo”. Ma anche il piano di lavoro di chi opera dietro il banco deve essere concepito in maniera tale da non far cadere briciole, acqua, caffè o altro all’interno degli scomparti per il cibo. Alcuni produttori di banchi hanno così pensato a chiusure in vetro automatiche o a pressione, facili da aprire per l’operatore senza compiere sforzi e congegnate in modo tale da proteggere il cibo esposto da tutti i lati.
Non solo. Quelli che prima erano semplici piani d’appoggio sono diventati vasche, con la possibilità di regolare la temperatura tra caldo e freddo. Incavati in un top di acciaio inox, questi contenitori facilitano l’esposizione dei prodotti e aiutano a conservarli meglio. Sono collocati al di sopra della parte tecnologica del bar, cioè gli elementi frigoriferi, neutri o per il lavaggio, inseriti nel sottobanco, che costituiscono la base su cui poggia il piano di servizio.

Cambio di stile

La produzione dei banchi bar, del resto, è diventata un processo sempre più industrializzato, che ha preso in prestito gran parte dei modelli di costruzione e di assemblaggio dalle cucine componibili. I vari pezzi standard dei cataloghi dei produttori possono affiancarsi in un’infinità di soluzioni per realizzare, alla fine, pezzi unici, con il vantaggio di un sistema produttivo seriale. Nella customizzazione del banco gioca un ruolo fondamentale la finitura.
Anche in questo momento difficile, e forse ancor più ora che in passato, i produttori si danno da fare per proporre linee sempre nuove e diverse. Anche perché i gusti cambiano. Si assiste, per esempio, a un passaggio dal banco-vetrina minimale, dalle linee squadrate ed essenziali, a uno stile più classico, rivisitato “vintage”, che dia l’idea di vissuto e trasmetta calore, secondo un gusto molto meno nordico e molto più italiano e provenzale. La fredda impersonalità dell’arredo perde di valore per effetto dell’esigenza di connotare in modo sempre più preciso i locali, non solo con il servizio ma anche con l’immagine.

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