Martini scommette sul futuro del moscato

Dietro le quinte –

All’Osservatorio Martini&Rossi di Santo Stefano Belbo (Cn) si studia il territorio e si conservano rare uve di moscato. Serviranno, forse, domani

Dici Martini e i più pensano a un dorato mondo di affollati party, cocktail, belle ragazze che raccontano i prodotti di uno dei marchi italiani più famosi al mondo. Alcuni, ovvio, pensano anche agli spumanti, ma ancora è facile pensare direttamente alle belle bottiglie e a spumeggianti calici quasi che gli spumanti Martini nascano direttamente in bottiglia. Invece dietro al bel mondo del consumo finale ce n'è un altro altrettanto interessante. Fatto di vigneti, terra, coltivatori, enologi e soprattutto grande rispetto per l'ambiente che pochi conoscono e forse che qualcuno nemmeno si aspetta. Un mondo che vale la pena raccontare e conoscere approfonditamente.
Per esempio l'Osservatorio Martini creato nel 1988 a Santo Stefano Belbo (Cn) con lo scopo di dar vita a un coordinamento tra i soggetti che operano sul territorio, in particolare tra i viticoltori che conferiscono le uve a Martini. Lo scopo è quello di interpretare e interagire con i cambiamenti del territorio, vuoi agronomici vuoi ecologici. Il come è, nella sua complessità, piuttosto semplice. Ovvero attraverso riunioni tra i viticoltori che qui confrontano le loro esperienze e osservazioni e da qui, anche grazie alla pubblicazione del calendario Martini in vigna e altre iniziative editoriali, trasferiscono alla comunità locale una lunga serie di informazioni. Obiettivi? Riduzione dei fitofarmaci, razionalizzazione delle tecniche colturali, miglioramento qualitativo dei vini, selezione dei vitigni, recupero qualitativo dei vigneti e selezione dei vigneti, in particolare quelli che daranno vita ai vini Sigillo Blu, top di gamma Martini in fatto di spumanti.
«Con tutto ciò - spiega Edoardo Monticelli, agronomo Martini nonché professore alla scuola Enologica di Alba (Cn) - riusciamo a dare vita a quelle iniziative che ci permettono di studiare e intervenire sul territorio». È il caso, tra l'altro, del Vigneto per l'ornitofauna di Calosso (At) dove si studiano e si cercano di reinserire specie ornitologiche ora quasi scomparse dalla zona, ma fondamentali per il mantenimento della biodiversità, al Vigneto di conservazione cloni di Canelli (At) dove sono state messe a dimora una novantina di varietà di uva moscato. «Davanti alle mutazioni del clima a cui stiamo assistendo nessuno può dire con certezza quali sono le caratteristiche ideali di un vigneto futuro - spiega Monticelli -. Nel nostro vigneto sperimentale non facciamo altro che conservare varietà che potrebbero rivelarsi utilissime tra qualche decennio, quando, forse, ci si accorgerà che i biotipi di moscato attualmente utilizzati saranno superati».

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