L’esperienza della marca

Tendenze&Progetti –

A tu per tu con Susanna Bellandi, ceo di FutureBrand, colosso mondiale della consulenza di marca, che spiega il nuovo format di Spizzico alla Stazione Centrale di Milano. Un modello da imitare

Entriamo questo mese in uno dei templi della consulenza strategica dove si costruisce o si consolida l’immagine di un brand. Parliamo di FutureBrand (www.futurebrand.com), membro di Interpublic Group of Companies, colosso nella consulenza di marca con una presenza globale garantita da 24 sedi in 18 diversi Paesi. Tra il ricco carnet dei clienti di FutureBrand ci sono anche brand e insegne che operano nel fuori casa. Ad esempio, Spizzico di Autogrill. FutureBrand ha infatti recentemente firmato il restyling del punto vendita localizzato all’interno della Stazione Centrale di Milano: uno spazio che supera il tradizionale concetto di fast food per un ritorno alla cultura della genuinità dei pasti della tradizione italiana.

Un format “easy” e informale

Il tutto in un contesto informale distinto da arredi in legno chiaro, tocchi di colori pastello, grafiche a parete, che danno al locale un carattere unico, fresco e allegro. «Come sempre siamo partiti da un concetto di posizionamento - spiega Susanna Bellandi, ceo della sede italiana di FutureBrand - e, in sintonia con i desiderata di Autogrill, abbiamo messo a punto un nuovo Spizzico che non è più esclusivamente sinonimo di pizza, ma... con un pizzico in più. Si propone con menu ricchi e diversificati: dalla prima colazione con frutta, dolci e caffè golosi, alla pausa di mezzogiorno con insalate in croccanti gusci di cialda, focacce, filoncini alle olive e farciti e patate caserecce. Un’offerta che consente di lavorare lungo tutto l’arco della giornata. Siamo, ovviamente, sempre nell’area della ristorazione veloce, ma qui spiccano valori alternativi e servizi concreti con dettagli importanti quali per esempio il gancio appendi-borse o le prese per computer». Un format che, fatte le dovute proporzioni, potrebbe essere imitato anche dal bar indipendente. «Certo - sottolinea Bellandi - basta avere bene in mente un progetto di insegna che sia mirato alla differenziazione. La realtà è purtroppo ben diversa: dalla mia esperienza di manager globettroter (Bellandi è anche ceo della sede parigina di FutureBrand, ndr) noto che l’offerta tricolore è piuttosto standardizzata sia in termini di proposta enogastronomica, sia per quanto riguarda arredi o layout. Molte volte ho la sensazione che non si tenga presente l’importanza di un concetto chiave nel definire il posizionamento di un locale, un concetto dato dalla location e della conseguente promessa d’offerta. Spesso non c’è coerenza tra contenitore, contenuto e target. E tutti tendono a proporre le stesse cose con un generale appiattimento del livello dell’offerta e del servizio».

L’importanza di differenziarsi

Un esempio di differenziazione, ma qui sconfiniamo nella ristorazione pura, è il concept del primo ristorante Rana “Da Giovanni” creato da FutureBrand insieme a Costa Group: qui la marca ha trasferito i suoi valori tipici di genuinità, tradizione e convivialità all’interno di uno spazio dove la cucina è rigorosamente a vista e dove consumare un pasto veloce è una vera e propria esperienza, non solo gastro nomica. Più difficile è progettare un concept quando non c’è un grande brand a ispirare la formula. «È vero - conclude Bellandi -. D’altronde, il fuori casa in Italia è un settore acerbo dal punto di vista della brand experience e la penetrazione delle grandi catene della ristorazione è bassa. Inoltre, credo ci sia molto da fare sul fronte della cultura imprenditoriale. Non è un caso che il franchising sia poco diffuso e che talvolta non si vada oltre il locale prototipo. Credo che in un contesto come il nostro la formazione possa veramente giocare un ruolo strategico nell’evoluzione del settore».
Un settore che, nonostante la globalizzazione, resta legato a riti e occasioni di consumo locali. «Pensiamo solo al rito dell’espresso - conclude Bellandi - che è unico in tutto il mondo. Tanto che catene molto agguerrite come Starbucks hanno dovuto almeno per ora rinunciare a espandersi in Italia proprio per la difficoltà di confrontarsi con abitudini di consumo che poco si adattano a sistemi d’offerta standardizzati. Resta il fatto che rispetto al passato qualcosa è cambiato: innanzitutto il tempo. Oggi, ad esempio, i giovani trascorrono molto più tempo in un bar: si pensi solo al fenomeno dell’happy hour. Ebbene, questa rivoluzione prima o poi obbligherà gli imprenditori a declinare la propria offerta in modo più creativo, come già succede all’estero».

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