I locali italiani sono ancora poco hi-tech

Gestione –

Solo il 9,5% di hotel e ristoranti è altamente tecnologizzato. Addirittura uno su quattro non ha il pc. Ma qualcosa inizia a cambiare

Gestori di ristoranti, di bar, di alberghi e, in generale, la stragrande maggioranza dei piccoli e medi imprenditori italiani fanno una gran fatica a capire qualcosa di innovazione, soprattutto quando si parla di tecnologie digitali. I dati sono impietosi: un'indagine del 2007 di Assintel, l'associazione delle imprese che forniscono servizi informatici, evidenziava il dato che una micro o piccola impresa italiana su quattro non è nemmeno dotata di un computer. E sono proprio i pubblici esercizi a dimostrare la minore propensione a rinnovarsi dal punto di vista tecnologico: secondo i dati Assintel, ben il 40,1% di tutti i locali italiani ha un profilo “low-tech”, cioè a bassa tecnologia; il 50,4% è “medium”, cioè con una dotazione tecnologica minima, mentre solo il 9,5% può essere considerato “high-tech”. Dati confermati dall'Osservatorio Ict & Pmi della School of Management del Politecnico di Milano, che al recente Smau di Milano ha presentato una sua ricerca sul livello tecnologico delle imprese italiane. Ebbene, secondo l'Osservatorio, le pmi italiane e quindi, tra queste, anche hotel, ristoranti e locali, investono in tecnologie da 700 a 1.200 euro per addetto: una cifra bassissima, che ci colloca agli ultimi posti in Europa.

Le scelte dei gestori
Eppure le tecnologie offrono agli imprenditori dell'ospitalità eccezionali possibilità di crescita. Ha tentato di spiegarlo, sempre allo Smau, un convegno organizzato da Confcommercio sul contributo dell'innovazione tecnologica per l'hospitality, dove si è parlato di ristorazione e di hotel. Molti gli esempi presentati. Per le catene, imprese ad alto fatturato ed elevato numero di dipendenti, la svolta tecnologica è più facile, ma anche più strategica. La tendenza è quella di creare una rete che, sfruttando l'intelaiatura e i servizi di internet, colleghi i vari punti cassa a un unico nodo centralizzato, dove tutto può essere aggiornato e tenuto sotto controllo. Autogrill lo ha fatto per l'intera rete di 3.031 Pos, dislocati in tutta Italia tra gli otto marchi di ristorazione che controlla. Il Gruppo Cremonini ha effettuato la stessa operazione su oltre 400 Pos. I sistemi adottati consentono di controllare in tempo reale dalla sede centrale gli incassi, scorporarli per prodotto consumato, fare analisi di mercato, controllare scorte e magazzini velocizzando i processi di decisione e i cambiamenti di strategia. Cir Food, che gestisce grandi mense e locali in tutta Italia, è andata oltre, con il tentativo di creare, attraverso badge e tessere personali, un legame diretto con il cliente. Per esempio, offrendogli un caffè il giorno del suo compleanno, gestendo automaticamente i buoni pasto e perfino (ma per il momento solo in teoria) attivando servizi di pagamento con il telefonino.

Valutare l'assistenza prima dell'acquisto
 Per quanto riguarda la piccola ristorazione la rivoluzione è quella dei sistemi per la gestione delle comande con palmari o altri terminali tecnologici. In questo ambito i grandi passi avanti riguardano soprattutto l'affidabilità. I sistemi davvero all'avanguardia sono quelli che garantiscono la massima stabilità, cioè la prerogativa di non andare mai in “crash”, che deriva solo da un appropriato abbinamento tra hardware e software. E poi è fondamentale poter contare su un'assistenza in grado di intervenire al volo nel caso di eventuali malfunzionamenti e di risolverli subito. La vera innovazione sta quindi nei servizi, che il gestore deve imparare a valutare attentamente prima di procedere all'acquisto.

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