Distillati d’agave, non più comparse ma attori

Tequila e mezcal hanno finalmente svelato la loro anima di “brown spirit” e di distillati contemporanei con una forte identità territoriale. Una rinascita alla quale la community dei bartender ha dato un forte impulso

Diciamoci la verità: fino a solo pochi anni fa i distillati d’agave erano un pianeta ai confini del sistema solare del bartending tricolore. O, forse, sarebbe meglio dire, Tequila e mezcal erano prodotti sommariamente conosciuti e poco valorizzati. Il Tequila, in particolare, viveva i suoi momenti di gloria sulle tavole dei ristoranti di cucina messicana finendo, nella sua versione più a buon mercato, il Tequila “mixto”, un distillato non certo 100% agave e non imbottigliato in Messico, in caraffe spesso annaquate di Margarita. Per non parlare del rito modaiolo, del Tequila Bum Bum, drink da battaglia in auge negli anni Ottanta, che certo non contribuiva a fare del Tequila un distillato per intenditori o da signature cocktail.

Denominazione di origine
Da dove in realtà provenissero questi benedetti Tequila e mezcal, solo i bartender più ferrati rispondevano senza esitazione Messico, e anche la materia prima d’origine restava spesso un mistero. A smuovere le acque ci pensa, in tempi non sospetti nell’ormai lontano maggio 2012, Agave Experience, fiera-evento organizzata dalla società Barterder.it di Luca Pirola che si pone come obiettivo la divulgazione della cultura del bere “made in Mexico”, facendo finalmente luce sul suo patrimonio di distillati. Un patrimonio che, neanche a dirlo, oggi allinea prodotti premium, tutti o quasi, 100% agave, che sono entrati nei “salotti buoni” della miscelazione d’autore grazie al dinamismo di importatori e distributori che, partiti per il Messico, sono andati a Jalisco e dintorni alla scoperta di prodotti di nicchia o di fattura artigianale che hanno completamente rinnovato l’immagine del distillato d’agave: da superalcolico da grandi volumi a spirit d’alta gamma con una propria identità, storia e personalità. «Agave Experience nasce ancora prima del Gin Day - racconta Luca Pirola - ed è stato il primo evento monotematico di Bartender.it e quello che in fondo è rimasto più vicino al nostro carattere trade. Siamo riusciti veramente a catalizzare le più importanti aziende del settore, dalle major agli specialisti di prodotti di nicchia, e,oggi, possiamo dire di aver contribuito ad aprire un mercato, cogliendo in anticipo le tendenze che nei primi anni Duemila provenivano da Londra dove i professionisti della miscelazione erano alla ricerca di prodotti che avessero una storia da raccontare. Allora stavano infatti emergendo valori come la denominazione d’origine, la territorialità, l’artigianalità dei processi produttivi: valori che avrebbero cambiato i connotati a tutta l’industria del beverage. E il Tequila, come sappiamo il prodotto territoriale per antonomasia regolato da una normativa specifica, rientrava perfettamente in questo filone. Non è un caso - aggiune Pirola - che proprio in quegli anni i brand owner e le principali distillerie messicane effettuano una serie di investimenti mirati a valorizzare i loro prodotti, conferendogli contenuti e immagine da “brown spirit”, e, allo stesso tempo, prendono le distanze da una comunicazione stereotipata fatta di sombreri, mariachi, sieste ecc.».

Salto di qualità
I risultati di questa revoluciòn sono sotto gli occhi di tutti. Ad esempio, basta scorrere le caratteristiche dei distillati presentati in queste pagine - una selezione di prodotti tra best seller e specialità di culto che verranno presentati ad Agave Experience 2017 - per comprendere il salto di qualità compiuto da tutto il settore. Distillati che si posizionano nella fascia premium o super premium e che non hanno nulla di meno, a livello di storytelling o di valori intrinseci, di un rum agricole o di un gin territoriale. Dire che il Tequila è oggi il distillato con le carte più in regola per scalare le classifiche internazionali di vendita della bar industry non è affatto un azzardo. Se ne è occupato alla fine dell’anno scorso addirittura il Financial Times prendendo spunto da un report sulle vendite internazionali di spirit della società londinese IWSR, vera autorità in materia, evidenziando come il Tequila non solo batte vodka e brandy, le cui vendite a livello mondiale risultano in calo, ma supera anche quelle di una “star” come il gin. Nel 2015, infatti, il distillato messicano ha registrato una crescita delle vendite mondiali del 4,2% rispetto l’anno precedente e il mercato più importante, a livello di volumi, si conferma essere quello statunitense dove tra il 2005 e il 2015 le vendite sono balzate del 65%, un ritmo di crescita più elevato di quello del Bourbon o della vodka.

Miscelazione vintage
Un mercato dove il driver di crescita più importante e strategico è rappresentato non tanto dalle produzioni standard, il famoso Tequila “mixto”, ma da quelle premium. Secondo il Tequila Regulatory Council, nel periodo gennaio - agosto 2016, la produzione di Tequila standard è diminuita dell’1,5%, mentre quella premium è cresciuta di ben il 39%. Come si sa il Tequila è un prodotto protetto dalla legge ed è una denominazione di origine controllata: ciò significa che può chiamarsi Tequila solo un prodotto frutto della distillazione di una singola varietà di agave, l’agave blu coltivata e raccolta nello stato del Jalisco e in alcune specifiche aree degli stati di Guanajuato, Nayarit, Michoacán e Tamaulipas. Ma mentre i tequila standard possono contenere, come previsto dalla legge, anche solo il 51% di distillato di agave blu, quelle premium arrivano tranquillamente al 100%. E se vent’anni fa il 98% dei Tequila era “mixto” oggi siamo al 50-50, Di questo miracolo è in gran parte artefice la community dei bartender promotrice di un ritorno della miscelazione vintage che ha riportato alla ribalta i Tequila invecchiati (añejo e extra añejo) e, soprattutto i mezcal considerati, a torto, i parente poveri dei Tequila. «Il fenomeno mezcal è esploso negli anni Duemila - aggiunge Pirola - ed è subito diventato un prodotto perfetto per gli specialisti della mixology d’autore sempre caccia di distillati particolari. Non scordiamoci che ai quei tempi il mezcal era ancora fermo all’immagine della bottiglia con il verme (il famoso gusano). Oggi, invece, i mezcal hanno rivelato un’anima da autentico “brown spirit”. E come un buon whisky che porta la firma del suo master distiller, ormai anche i mezcal sono confezionati con tanto di autografo da maestri mezcaleri, provengono da coltivazioni biologiche o sono frutto di processi produttivi dove il fattore umano ha un peso decisivo.In un mercato, come quello odierno, in cui ognuno tende a farsi il proprio sciroppo o la propria infusione, i mezcal artigianali, anche se non proprio facili da proporre per i tipici sentori di affumicato, possono giocare un ruolo importante. Certo, i consumi sono ancora bassi se paragonati a quelli del Tequila ma possono solo crescere. E nei bottiglieri dei bar italiani il mezcal ha trovato il suo spazio vitale». Un nuovo impulso a questo scenario in continua evoluzione, basti pensare che sono più di 1.700 i brand di Tequila in commercio, si attende proprio da Agave Experience, in programma questo mese a Milano (Lambretto Studios, 15 maggio) dove si è già data appuntamento la comunità di professionisti del mondo del bar per confrontarsi con grandi e piccoli distributori, importatori, maestri distillatori e brand ambassador. «Un’altra importante opportunità per i gestori - conclude Pirola - è rappresentata dall’Agave Cocktail Week, dal 15 al 21 maggio: un’iniziativa aperta a tutti i locali e a tutte le aziende che vogliono promuovere Tequila, mezcal, e non solo, attraverso una maggior attenzione al prodotto liscio e miscelato.Sette giorni che nelle passate edizioni hanno visto aderire oltre 150 cocktail bar in tutta Italia e che hanno fatto crescere la visibilità e la notorietà di brand che difficilmente avrebbero potuto godere di una ribalta così qualificata».

Nuova mission
Probabilmente la sfida oggi è quella di far conoscere il background dei distillati d’agave a un pubblico di professionisti ancora più vasto. E anche in questo caso saranno ancora i bartender e i gestori di locali più sensibili allo “spirito messicano” a farsi carico di questa mission. A differenza di un tempo, i prodotti sui quali far leva per creare drink list e signature cocktail originali ora ci sono.

 

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