Birre alta moda solo per top bar

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Aristocratiche, speciali e premium. Sono i caratteri forti delle birre del portafoglio Warsteiner, che in Italia punta ai vertici del mercato horeca

Forse pochi lo sanno, ma Warsteiner non è solo sinonimo di birra pilsner premium, ma anche di un brand con almeno oltre due secoli e mezzo di storia e che affonda le sue radici nelle origini del concetto stesso di birra come bevanda moderna.
L’azienda produttrice della famosa Warsteiner Premium Verum vanta anche un altro record: ha mantenuto sin dalle sue origini il suo carattere di impresa familiare. È infatti ancora oggi proprietà della famiglia Cramer (l’attuale proprietario Albert Cramer è un diretto discendente del fondatore Antonius) che grazie a una gestione illuminata, ne ha guidato lo sviluppo, trasformando la “premiata” Birreria Warsteiner fondata nel 1753 in un gruppo internazionale che include più di 120 aziende ed è presente in oltre 60 Paesi.
Con un fatturato di 563 milioni di euro, 2.200 dipendenti e un portafoglio composto da oltre una trentina di specialità, il gruppo è presente con una propria filiale anche in Italia. Una presenza non casuale visto che il Bel Paese, dopo l’Olanda, è il più importante mercato europeo. «Si tratta di una sede strategica - conferma Luca Giardiello, country manager di Warsteiner Italia - visto che il mercato tricolore canalizza circa un terzo di tutto l’export. Qui, l’azienda è presente con 27 tipologie di birre tra pils, analcoliche e speciali e fattura con 25 dipendenti circa 40 milioni di euro».

Lei è arrivato a capo della filiale a maggio dell’anno scorso. Qual è il consuntivo di poco più di un anno di gestione?
Il mio arrivo ha coinciso anche con un cambio delle strategie manageriali e, non a caso, proprio nel 2010, un anno non particolarmente felice per il beverage, la nostra quota di mercato complessiva nel settore birre premium (gdo + horeca) è cresciuta del 7%, attestandosi al 3,4% (fonte aziendale).
Siamo rimasti sostanzialmente stabili nella grande distribuzione organizzata, ma siamo cresciuti nel fuori casa: un mercato che genera il 75% del nostro fatturato. Siamo, dunque, molto soddisfatti di questa performance che è sintomatica di una domanda di alta qualità che proviene da tutta la filiera, distributori compresi.

A proposito di distribuzione come siete organizzati?
Oltre a una forza vendita diretta ci avvaliamo di una rete di partner composta da più di 120 distributori sparsi su tutto il territorio. Con loro lavoriamo a stretto contatto per selezionare i locali che entrano a far parte del nostro portafoglio clienti. Attualmente sono oltre 5mila. Ovviamente, selezioniamo solo quelli che sposano la nostra mission e che comprendono il nostro posizionamento di birra premium, elegante ed esclusiva. Gestori, dunque, che amano la birra e, soprattutto, sono in grado di diffonderne la cultura.

Privilegiate, quindi, formule specifiche di locali?

Sì, i locali che si distinguono per il loro valore aggiunto, ovvero per la qualità dei prodotti, del servizio ecc. Ci sono format di vari tipi: dal pub al ristorante gourmet. E con tutti promuoviamo un utilizzo della birra che va oltre il semplice consumo. Ad esempio, abbiamo una partnership con la scuola di cucina Congusto che prevede corsi di cucina dedicati alla realizzazione di piatti a base di birra, degustazioni tenute da professionisti e abbinamenti tra cibo e le varie tipologie di birre. Corsi che sono anche aperti a esercenti e a gestori.

La scelta di posizionarvi nell’area premium sta pagando?

Sono i risultati a parlare. E quest’anno, se le nostre previsioni sono corrette, dovremmo aumentare la nostra quota di mercato complessiva di altri 10 punti percentuali e arrivare al 3,8%. Un obiettivo che è alla nostra portata grazie all’ottima performance di Warsteiner Premium Verum, pils di grande bevibilità e digeribilità, e di altre specialità del nostro portafoglio come le bavaresi firmate König Ludwig o quelle argentine a marchio Isenbeck. Completiamo l’offerta con le birre inglesi Thwaites. Warsteiner, ovviamente, fa la parte del leone con circa l’80% del portafoglio.

Che ruolo gioca l’innovazione in un’azienda che fa della tradizione e delle origini i suoi primi punti di forza?

 Direi fondamentale. Teniamo conto che Warsteiner ha di recente inaugurato presso la propria sede a Warstein la Brauakademie. Si tratta di una “minifabbrica”, all’interno della quale si eseguono progetti di ricerca dei processi di produzione. L’obiettivo è quello di elaborare gusti inediti e scoprire nuove birre. Non manca un aspetto ecologico importante con la messa a punto di strategie volte a incrementare il risparmio energetico e ad ottimizzare la miscela degli ingredienti primi della birra. La nostra voglia d’innovazione si esprime anche in altre aree. Abbiamo realizzato la nuova veste grafica di Warsteiner Premium Verum in lattina e in fustino da 5l: un pack dorato dal design raffinato che va a valorizzare tutto il segmento birra.

E l’Italia sarà anche in futuro al centro dei programmi di espansione del gruppo?
 Il Bel Paese si trova già oggi al centro delle politiche di sviluppo di medio periodo del gruppo. Anzi, direi di più e cioè che esiste una forte volontà a livello della stessa proprietà di fare dell’Italia un polo di nuove iniziative. Invece di investire nei cosiddetti Paesi emergenti, Warsteiner insiste su un mercato vicino e credo che, visti i tempi, si tratti proprio una buona notizia.

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