Accessori per specialty coffee: la bilancia

L’universo degli specialty e quello della classica miscela all’italiana vivono cammini paralleli, ognuno caratterizzato da propri parametri. Se la regola di un’estrazione di 25 ml in 25 secondi ha aiutato e ancora guida milioni di baristi nella realizzazione dell’espresso,
la ricerca applicata agli specialty ha portato alla messa a punto di una nuova ricetta, che andiamo ad analizzare in versione semplificata; se non permetterà di essere accurati e precisi, sarà comunque utile a chi vorrà approcciarsi alla sperimentazione. Un primo concetto da far proprio è quello del rapporto di estrazione nel caffè espresso, ovvero il rapporto tra il macinato utilizzato (dose) e la quantità di estratto (resa). Questa relazione per lo più è espressa in dose/peso e ha un rapporto ottimale di 1:2. Ciò significa che per ogni grammo di macinato (solido) se ne estrarranno due di espresso, in un tempo variabile tra 20 e 32 secondi. Gli stessi parametri si possono ottenere in percentuale: ad esempio 18 g (macinato) : 36 g (espresso in tazza) = 0,5 - 50%.

RAPPORTI MATEMATICI 

Ciò che salta subito all’occhio sono le grammature del macinato: per ottenere una buona tazza da uno specialty coffee in genere si utilizzano quantitativi maggiori rispetto ai 7-7,2 g della classica miscela. Perché il rapporto di estrazione è così importante? Perché in fase di estrazione l’acqua utilizzata per la dose di espresso condiziona la forza del prodotto in tazza. Se il contenuto in liquido è inferiore (minore passaggio di acqua) ha un gusto più intenso, forte, è corposo ma ha è meno bilanciato e complesso. Viceversa, se il contenuto di liquido è maggiore l’espresso perde in intensità, forza e corpo, ma acquisisce in pulizia e chiarezza del gusto (ovviamente non stiamo parlando dei classici caffè “lunghi”, in cui la bevanda si sbilancia su un’amarezza decisa, con scarsi aromi e corpo, a causa di un eccessivo passaggio d’acqua). Per verificare la validità di questa regola è bene realizzare più estrazioni con diverse proporzioni (1:1, 1:2, 1:3), verificando a ogni estrazione la bontà, la complessità, i pregi e i difetti del risultato in tazza. È importante che alla ricetta, ai rapporti “matematici”, si accompagni la verifica del barista e la sua scelta di offrire un particolare profilo in tazza (dunque una ricetta personalizzata) ai suoi clienti. Solo se persuaso in prima persona potrà presentarlo con sicurezza e in modo convincente. Ovviamente per ottenere tutto ciò non si può procedere “a naso”, ma dotarsi di opportune attrezzature. Il primo semplicissimo strumento è una bilancia (meglio sceglierne una che misuri il peso e anche il tempo), al fine di ottenere un rapporto preciso tra dose e resa in tazza.

Nel locale non deve poi mancare un block notes su cui annotare i diversi parametri e le caratteristiche gustative e tattili percepite. Per avere dei riferimenti chiari, è importante modificare le variabili di estrazione una alla volta, registrandone l’effetto e confrontando i risultati ottenuti. Questi dati sono utili a chi varia spesso la proposta del caffè: al ritorno di un’origine, basta cercare la ricetta messa a punto per le prime estrazioni, verificarla (le caratteristiche del caffè cambiano rapidamente e potrà essere necessario effettuare alcuni correttivi) ed eventualmente tararla di nuovo. Chi vuole conoscere nel dettaglio le caratteristiche di ciò che offre in tazza può dotarsi di un’ulteriore apparecchiatura, più costosa delle precedenti: il rifrattometro.

Permette di misurare la concentrazione di sostanze disciolte nel caffè in tazza, dunque di valutare la correttezza dell’estrazione da un punto di vista quantitativo. In questo caso la media di un buon espresso varia dal 9 al 12%, mentre per un’estrazione a brewing è tra l’1,2 e l’1,45%. Di nuovo, si tratta di una misurazione importante, che tuttavia non dà la valutazione dell’effettiva qualità del prodotto in tazza, che nuovamente deve essere confermata dal palato dell’operatore.

 

I pareri di...

Antonio Biscotti, torrefattore, consulente, titolare di Griso torrefazione e caffetteria - Seveso (Mi)
La bilancia è lo strumento che utilizzo più spesso, seguono il rifrattometro e il controllo dell’acqua, importantissimo per chi lavora con più monorigini. Controllo ogni dose e spiego perché al cliente. Ho dato ai miei collaboratori un bicchierino graduato per verificare se è il caso di intervenire sulla macinatura del caffè.

Lucian Trapanese, barista certificato Scae, responsabile controllo qualità Torrefazione Piansa - Firenze
Gli strumenti sono importanti per misurare i parametri di ciò che si offre, ma è il palato che a mio avviso deve avere il primato. In un locale non dovrebbe mancare la bilancina, per sapere che dose utilizzo e quanto sto estraendo e, almeno una volta al giorno, controllare la dose, più spesso se si usano specialty.

Costantino Spataro, titolare del Caffè Rossanigo - Novara
Prima dell’apertura del locale e due tre volte durante la giornata controlliamo il settaggio del macinacaffè pesando la dose di macinato in uscita. La bilancina è fondamentale e indispensabile per il nostro lavoro: è un aiuto per monitorare il prodotto e aiutarci a servire sempre un prodotto di qualità.

Giuseppe Musiu, docente Scae, trainer della coffee school Work Up di Cagliari
Quando si parla di attrezzature, la reazione dei baristi è “si perde tempo”. Penso che sia possibile misurare la dose con la bilancia e la brew ratio a ogni estrazione, soprattutto con il V60. Si deve rendere partecipe il cliente di quello che si sta facendo: gli stiamo assicurando uno standard di eccellenza.

 

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