All’Infernot un buon racconto riempie i bicchieri

Locali –

Una scelta competente di etichette “sconosciute” e la capacità di farle apprezzare: così l’Infernot di Pavia è diventato un luogo di ritrovo (anche) per addetti ai lavori e appassionati enologi

Avere in carta solo (ottime) etichette che nessuno conosce: è l'obiettivo di
Manlio Manganaro, anima dell'Infernot, unica enoteca con degustazione
di Pavia. Che ha appena festeggiato i due anni di vita stappando più di
qualche buona bottiglia con i più affezionati tra i clienti che ogni sera riempiono i
(pochi) tavoli disponibili (nelle sere di punta capita che siano di più quelli che restano
fuori). Una clientela eterogenea, dove agli appassionati di vino e ai semplici
curiosi si mescolano ristoratori, sommelier e assaggiatori Onav, che qui trovano
pane per i loro denti - oltre a bere si mangia - e nuove etichette da scoprire.

«Quando ho aperto - racconta Manganaro - ho costruito la mia prima carta con la
consulenza di Michele Garbuio, miglior sommelier d'Italia del 2006. Nel tempo ho
progressivamente cambiato la lista, privilegiando vini sempre più naturali, puntando
su etichette poco note e piccoli produttori. Scelgo vini che nessuno conosce
perché mi danno la possibilità di raccontarli. E su questo che ho costruito l'unicità
dell'Infernot».
La cantina ospita 350-400 etichette di non più di 200 produttori, dai
quali Manganaro acquista direttamente. Per farle ruotare, viene predisposta ogni settimana una nuova carta di vini al calice, da 12 a 15
proposte incluso il “calice nero a sorpresa” (il vino
è scelto da Manganaro senza che il cliente sappia
cos'è) e i 4 calicini piccoli al posto del calice unico.
«Cerco di costruire una proposta valida per tutti -
spiega -: dal bianco facile e profumato a quelli più
impegnativi, per accontentare da chi non sa niente
di vino a chi vuole un'esperienza particolare. I prezzi
al calice vanno da 4 a 9 euro, ma in media sono di 5-6
euro».
Al vino si accompagna un'offerta selezionata
di piatti, messi a punto con la stessa filosofia e la stessa
cura delle etichette: «Cerco di proporre prodotti
di alta qualità, che scopro su
segnalazione dei produttori
di vino quando vado in giro
per cantine. Piccole norcinerie
e caseifici di alto livello.
Perché, anche per il mangiare,
cerco di fare in modo che
chi viene qui possa mangiare
piatti che difficilmente trova
altrove». Riuscire a proporre
vini e cibi fuori dall'ordinario
richiede un grande impegno
in fase di ricerca e selezione.

La selezione? Un processo

«È un processo continuo - spiega Manganaro - cui
dedico tanto tempo, in media un paio di giorni alla
settimana, anche perché nel mondo del vino a ogni
nuova vendemmia si apre un mondo». Le fonti di
ispirazione sono molteplici: «Le serate di degustazioni
delle associazioni sono utili per capire cosa
può proporre una zona e come sta evolvendo la produzione
vinicola locale. Internet e le guide aiutano
a individuare nuove realtà e ad averne una prima conoscenza.
Poi ci sono le manifestazioni dove andare
ad assaggiare i vini, da Vinitaly ad Autochtona. Una
volta fatta la selezione, contatto i produttori. Cerco
di acquistare tutto direttamente da loro. E, appena
posso, li vado a conoscere in cantina. Solo così posso
davvero raccontare il loro vino».

Ma la conoscenza, per Manganaro, deve andare di
pari passo con l'umiltà: «Bisogna parlare con una
voce più bassa di quella del vino. E soprattutto tarare
il linguaggio in funzione di chi si ha di fronte.
Questa, forse, è la cosa più difficile».

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