Prima colazione, prove di rilancio

Consumi –

Frugale o salutistica, tradizionale o energetica, la prima colazione rappresenta per il bar una leva strategica di fatturato. Un’occasione di consumo a cui molti italiani sono però costretti a rinunciare a causa del carovita. Riconquistarli è possibile, prima che ne approfittino hotel e distributor

Tempi duri, questi, anche per i miti della dolcevita italiana. La difficile situazione economica sta rischiando di compromettere lo status di un'icona nazionale come i bar, dove ogni giorno entrano almeno 15 milioni di consumatori: secondo Fipe, circa il 41% dei clienti ha ridotto la frequentazione e un altro 25% prevede di ridurla ulteriormente nei prossimi mesi. Nemmeno un grande classico come l'abbinata cornetto& cappuccio gustata ogni mattina al bar esce immune dal virus della crisi dei consumi che sta attanagliando il nostro Paese. Dei 28 italiani su 100 che hanno dovuto ripensare i loro consumi a causa dei problemi economici, l'8,8% ha diminuito la frequenza settimanale con cui fa colazione al bar contro il 6,7% del pranzo fuoricasa. Evidentemente, dovendo ridurre le spese, il breakfast viene considerato un rito più voluttuario o più costoso rispetto al momento del pranzo, che molti lavoratori sono comunque costretti a consumare fuori casa. Se tutte le ricerche concordano sulla centralità del problema dei prezzi, non vanno comunque tralasciati altri fattori che concorrono a togliere clienti alla colazione al bar.

Il peso del prezzo è diventato decisivo

I diversi prodotti che compongono il paniere del bar hanno avuto, nell'ultimo anno, dinamiche inflazionistiche diverse. Secondo le elaborazioni Fipe su dati Istat, dopo un lungo periodo di bassa inflazione, nell'anno terminante ad agosto 2008 la tazzina di caffè ha subito un incremento del 4,1% mentre il cappuccino si è fermato al 3,3%. Morale: rivalutando i prezzi e confrontandoli con l'andamento dell'inflazione, Fipe afferma che caffè e cappuccino costano oggi un centesimo ciascuno meno di otto anni fa.
Ma il fatto che, ogni anno, i listini dei bar siano stati ritoccati fa sì che la percezione dei consumatori sia molto diversa. Secondo un sondaggio condotto da Axis per Fipe, il 55,5% dei clienti dei bar è convinto che i prezzi proposti siano troppo elevati contro il 38% che li giudica giusti. Due numeri su cui è bene riflettere, anche perché gli italiani, forse in maniera stabile, hanno acquisito un'elevatissima sensibilità al prezzo e faticano a star dietro a tutti gli aumenti che sono loro piovuti addosso su tutti i fronti. Secondo la ricerca “I soldi nel piatto” realizzata da Format per La Salute Repubblica, il prezzo è diventato infatti il secondo criterio con cui gli italiani scelgono cosa mangiare, dopo la sicurezza alimentare. Il costo di un alimento è prioritario per il 65,4% dei consumatori, e in particolare appare preponderante per le donne (le più coinvolte nella gestione quotidiana del budget domestico), per gli over 35enni (e in particolare gli ultra55enni), i pensionati, le casalinghe, i lavoratori dipendenti e gli individui con un titolo di studio medio-basso. Non solo: una maggiore sensibilità al fattore prezzo del cibo si rileva nelle regioni del Nord Italia e nelle grandi aree metropolitane del paese, dove evidentemente il carovita si fa più sentire o è maggiormente temuto. Una diretta conseguenza di quest'atteggiamento è la crescita di 4 punti percentuali, avvenuta nell'ultimo anno, di coloro che ammettono di aver dovuto cambiare le abitudini di consumo in relazione alle difficoltà di carattere economico. Nel fuori casa questo ha comportato soprattutto la drastica riduzione di cene al ristorante e colazioni al bar.

Un'occasione strategica

Eppure sul ruolo e l'importanza di una bella colazione gli italiani non discutono: sempre secondo l'indagine condotta da Format viene considerata importante dal 73,6% degli intervistati. Anni e anni di martellante informazione sui benefici di iniziare la giornata con lo stomaco pieno hanno divulgato i risultati di molti studi scientifici, che sono giunti a due conclusioni condivise: fare colazione regolarmente predispone meno al sovrappeso e l'abitudine a consumare un breakfast bilanciato migliora l'umore, la memoria e l'attenzione. Anche in virtù di queste notizie, gli italiani hanno dunque modificato le loro abitudini, tra cui quella di saltare la colazione o di ridurla a una semplice tazzina di caffè. Oggi solo l'8,5% degli italiani non fa colazione, la metà rispetto a un decennio fa, anche se c'è sempre meno tempo per farla. Se nel 2007 il pasto del mattino si risolveva in meno di 5 minuti per il 43,5% degli italiani, ora questa percentuale è salita al 62,3%. Tanto che il partito di coloro che giudicano la loro colazione “frugale e veloce” è il più radicato, con una percentuale che sfiora il 48% del totale. Sette punti percentuali più sotto troviamo il secondo gruppo, quello di coloro che invece sono molto attenti a quello che consumano appena svegli. Rientrano in quest'area gli italiani che fanno una colazione “attenta e salutista” (20,6%) oppure “ricca ed energetica” (20,5%), e che per nulla al mondo rinuncerebbero a questo appuntamento.

La concorrenza di alberghi e distributori

Va detto che bar e caffè non sono più i soli depositari della colazione all'italiana. Negli ultimi tempi si è andata sviluppando una concorrenza orizzontale sempre più serrata. Da un lato le vending machine e i free shop si stanno diffondendo in modo capillare e stanno conquistando spazi sempre maggiori in virtù anche di un'offerta allargata di prodotti, di un upgrading qualitativo e di una politica di prezzo decisamente aggressiva, che rende la colazione alla macchinetta molto più conveniente di quella fatta al bar. Dall'altro lato a togliere i clienti dal bar la mattina sono anche panetterie e pasticcerie, che sempre più spesso affiancano al laboratorio di produzione e alla vendita da asporto, anche la possibilità di consumare in loco in uno spazio caffetteria. Anche in questo caso a prezzi che il consumatore giudica competitivi. Anche se in modo finora più limitato vanno segnalate le iniziative che arrivano dal mondo della ristorazione. Se in principio è stato il brunch a drenare parte di coloro che si concedevano la colazione della domenica al bar, ora appaiono nuove formule.
Come il “power breakfast”, appuntamento gastronomico che si celebra a cavallo tra colazione e pranzo, e che arriva dritto dritto da Londra. Così gli hotel stellati delle grandi città italiane e i ristoranti di lusso hanno trovato una soluzione per riempire i loro tavoli in una fascia oraria finora morta (tra le 7 e le 11) e hanno ideato un'offerta culinaria che unisce breakfast e lunch, prevedendo caffè, tè aromatici, frullati di frutta, dolci e brioche appena sfornati, omelette, uova e bacon.
nuove direzioni di lavoro
Dunque, da un lato cresce la consapevolezza dell'importanza di fare colazione, dall'altro lato la mattina molti bar sono sempre più deserti. E sul banco degli imputati parrebbe sedere un solo colpevole: il carovita. Ecco perché la variabile prezzo merita un approccio nuovo anche da parte delle piccole e piccolissime imprese, come i bar, finora poco sensibili rispetto a questa leva. Così nella campagna “Un Prezzo da Amico” varata dalla Fipe ci sono anche attività promozionali specifiche. Come la formula “Bentornato al lavoro!”, che il lunedì mattina, in fasce orarie precise applica sconti sul caffè e/o sulla brioche, oppure i menu a prezzo fisso con l'abbinata cappuccino più brioche. La formula “happy hour” viene applicata alla colazione in Sicilia, Calabria e Marche dove i bar propongono diversi tipi di sconto su una vasta gamma di prodotti in funzione delle varie fasce orarie. Ad esempio, cappuccino più brioche costano meno se ordinati la mattina presto di domenica. A Torino e provincia 150 bar ogni venerdì mattina, fino al 28 febbraio 2009, propongono un “pacchetto-colazione” costituito da un caffè o cappuccino più una brioche ed una lattina di caffè da 250 g, il tutto al prezzo fisso di 4,20 euro.
L'opportunità delle intolleranze

Indipendentemente dal fatto che diventi legge, la proposta di regolamento europeo avanzata dal commissario europeo alla Sanità Markos Kyprianou che propone di segnalare l'eventuale presenza di allergeni anche nei menu dei ristoranti, nelle mense e nei prodotti sfusi venduti nei bar, ci si può già attrezzare per assecondare le esigenze di chi ha problemi di intolleranze alimentari.
Un esercito di consumatori che attualmente non fanno colazione al bar non per disinteresse ma per oggettiva impossibilità, come accade ai celiaci (65.000 quelli riconosciuti, ma 600.000 quelli non diagnosticati). Così, nell'ambito delle sue iniziative dedicate all'alimentazione fuori casa, l'Associazione Italiana Celiachia (celiachia.it) ha sviluppato recentemente il “Progetto Colazione - Bar Caffetterie Informate”. L'obiettivo è quello di informare i baristi su come offrire un servizio senza glutine permettendo così anche ai celiaci di iniziare la giornata facendo colazione al bar.

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