Alcol e schiamazzi nel mirino dei sindaci

Normative –

Giro di vite contro la vendita e somministrazione di alcolici e lotta all’abuso tra i più giovani. Per i trasgressori, previste multe fino a 500 euro e, in caso di recidiva, la sospensione della licenza

Nell’album dei ricordi dell’estate 2009, un posto di rilievo lo avranno sicuramente le ordinanze emesse dai sindaci per vietare o limitare il consumo di alcolici. Ordinanze che “toccano” la somministrazione e quindi da vicino il mondo dei bar. Come nel caso di Roma. In questo caso è stata prevista anche la sospensione della licenza fino a 60 giorni, o la revoca in caso di recidiva, per tutti quei bar che vendono alcolici ritenuti corresponsabili di rumori o danneggiamenti all’esterno del locale. Il Comune di Milano ha puntato a bloccare l’utilizzo di alcol per i minori di 16 anni, con un divieto di acquistare o consumare alcolici in strada o nei locali. Per i trasgressori è stata prevista una contravvenzione da recapitare ai genitori per un importo fino a 450 euro (500 se la multa non è pagata entro cinque giorni).
Per capire dove risiedano i poteri dei sindaci nell’imporre questo tipo di regolamentazione, bisogna riavvolgere il nastro del tempo e andare a un anno fa. Nel primo Consiglio dei ministri della nuova legislatura fu approvato un pacchetto sicurezza, che comprendeva tra l’altro il Dl 92/2008. Il provvedimento, poi convertito dal Parlamento nel luglio del 2008, ha riconosciuto nuovi poteri e competenze ai primi cittadini e alle amministrazioni comunali, delineando un percorso che ha portato a codificare il concetto di sicurezza urbana. E cosa debba intendersi per sicurezza urbana lo ha specificato il ministero dell’Interno con il decreto del 5 agosto 2008: “Un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”.
È lo stesso decreto del Viminale a fissare la tipologia dei casi su cui deve indirizzarsi l’intervento del sindaco: le situazioni urbane di degrado o di isolamento che favoriscono l’insorgere di fenomeni criminosi come lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio con impiego di minori e disabili e i fenomeni di violenza legati anche all’abuso di alcol, le situazioni in cui si verificano comportamenti quali il danneggiamento al patrimonio pubblico e privato o che ne impediscono la fruibilità e determinano lo scadimento della qualità urbana; l’incuria, il degrado e l’occupazione abusiva di immobili tali da favorire quanto precedentemente indicato. Non solo. L’opera di prevenzione e contrasto messa in campo dai sindaci deve riguardare anche i comportamenti che turbano il libero utilizzo degli spazi pubblici o la fruizione cui sono destinati o che ne rendono difficoltoso l’accesso.
Un primo monitoraggio sulle ordinanze comunali emesse anche in materia di contrasto alla vendita e alla somministrazione di alcolici è stato compiuto da Cittalia, la fondazione dell’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani). La rilevazione si riferisce a un periodo temporale precedente all’ultima estate. Il panorama che emerge è quello di disposizioni tarate sulle specificità di un territorio: spesso i divieti riguardano solo alcuni quartieri; possono essere stati vincolati a particolari ore o giorni. Le ordinanze si differenziano anche relativamente alla previsione di sanzioni. Ai bar, in qualche caso, viene imposto il divieto di vendere bibite alcoliche da asporto con bicchieri e bottiglie di vetro. In alcuni contesti, poi, l’intervento sull’alcol è di fatto rivolto a scongiurare - rileva Cittalia - lo stazionamento di gruppi di giovani in aree pubbliche nelle ore del riposo. «Vero è che - sottolineano i ricercatori - ordinanze di questo tipo mettono in gioco un difficile e delicato equilibrio, negli spazi urbani, tra la tutela dei diritti dei residenti e la fruibilità degli spazi pubblici».

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