Abbasso i falsi miti

Sfatare i luoghi comuni può rivelarsi un esercizio utile. Ed è ciò che abbiamo voluto fare in questo numero per sondare orizzonti nuovi e scenari inediti.
Partiamo dal primo: è difficile emergere per chi lavora in provincia. Una convizione alimentata ancor più dalla cronaca. Così ha fatto il giro della rete la notizia del bar ristorante Le Bouche à Oreille aperto solo a pranzo e frequentato dai pochi pendolari che passano per la cittadina di Bourges, nella Francia Centrale, che all’improvviso si è visto prendere d’assalto dalle prenotazioni. Il perché è presto detto: i redattori della prestigiosa guida Michelin gli hanno assegnato una stella Michelin confondendolo con il blasonato ristorante Le Bouche à Oreille di Boutervilliers, nella Ile-De-France. Avendo lo stesso nome, l’errore ha finito per favorire un ristorante che offre un menu pranzo a poco più di 12 euro (buffet di antipasti, primo, dessert e quarto di vino) rispetto a uno decisamente più ricercato e costoso.
In realtà, i bar di provincia in odore di Oscar sono molti e se si lavora bene i riconoscimenti non tardano ad arrivare. Come è accaduto lo scorso anno al Jigger di Reggio Emilia cocktail bar dell’anno ai nostri Barawards di cui vi raccontiamo la storia nelle pagine che seguono. E non è da meno la storia di Nino Siciliano e della sua squadra in quel di Pomigliano d’Arco. Come a dire: non mollate mai!
Altro pregiudizio da sfatare è quello contro i cinesi e la presunta scarsa professionalità dei baristi stranieri. Gli esperti ci mettono in guardia sul fatto che i patron cinesi di seconda generazione potrebbero evolvere verso un’offerta più specializzata. Come dimostrano le storie di Luca e Michele Hu titolari del milanese Chinese Box.
Un ulteriore prova? È cinese il primo tra i dieci finalisti alla quarta edizione di Barista&Farmer, talent show internazionale che valorizza la filiera del caffè di qualità: si chiama Cong Yuan, ventiduenne di Shangai. Morale? Non sottovalutate i vostri vicini “lontani”.
E infine vale la pena abbandonare l’idea che si va al bar nella pausa pranzo per mangiare un panino veloce. Dati alla mano il peso del pasto di mezzogiorno al bar è cresciuto fino ad arrivare al 18,5% del totale dei pranzi fuori casa. I clienti si spostano dal ristorante al bar per contenere la spesa, ma si portano dietro le abitudini di consumo consolidate: chiedono piatti e non spuntini. Alla pausa pranzo dedichiamo il nostro speciale di ben 40 pagine. Buona lettura!

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